"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
domenica 17 aprile 2022
Mi manca la fede
lunedì 19 aprile 2021
Che rida come un bimbo
Da un articolo dell'Osservatore Romano sulla poesia, che toglie i "falsi pesi" alla realtà (come dovrebbe fare anche la fede), recupero questa splendida poesia di Giuseppe Ungaretti, da Il Sentimento del Tempo, datata 1934.
Senza più peso
Per un Iddio che rida come un bimbo,
Tanti gridi di passeri,
Tante danze nei rami,
Un'anima si fa senza più peso,
I prati hanno una tale tenerezza,
Tale pudore negli occhi rivive,
Le mani come foglie
S'incantano nell'aria...
Chi teme più, chi giudica?
(1934)
La memoria richiama i versi quasi coevi di T. S. Eliot, nei Quattro Quartetti:
Si leva il riso nascosto
Dei fanciulli tra il fogliame,
Presto ora, qui, ora, sempre
domenica 14 febbraio 2021
Il grande trasgressore
domenica 3 gennaio 2021
Il Dio in agguato
Un guscio vuoto
venerdì 25 dicembre 2020
Lo Splendore della Presenza
mercoledì 25 novembre 2020
Rompere la diga
venerdì 6 novembre 2020
Latitudo Cordis
sabato 17 ottobre 2020
La morte non esiste
sabato 2 maggio 2020
Don Chichì
domenica 12 aprile 2020
Piccolo Abu
mercoledì 8 gennaio 2020
Codice di sopravvivenza
La storica rivista Civiltà Cattolica torna a parlare della letteratura e delle sue ragioni in un recente preziosissimo articolo (Perchè la letteratura?) firmato dal card. José Tolentino de Mendonça, teologo e poeta, archivista e bibliotecario della Santa Sede. Un articolo da conservare per la sua forza e la sua chiarezza anche sul rapporto tra fede e letteratura. Alcune perle:
"Non comprende veramente una determinata tradizione culturale chi ignora la sua letteratura. Non comprende l’essere umano, nella sua universalità, chi ignora le testimonianze poetiche che esso è andato inanellando nel corso dei millenni". Abbiamo dunque bisogno della letteratura "non come di un ornamento gradevole ma tutto sommato superfluo del nostro habitat spirituale, bensì come di una sua struttura portante, un codice di sopravvivenza del nostro stare al mondo".
"Uno dei drammi del cristianesimo e delle religioni del nostro tempo, è la crescente dislocazione della sua autocomprensione al di fuori dall’orizzonte della letteratura: sempre meno la pratica religiosa contemporanea ricorre alla letteratura per articolare le proprie rappresentazioni di fede, e sempre meno la letteratura ricorre al loro discorso come risorsa di senso".
"È perciò una responsabilità urgente e gravissima della Chiesa, di tutti i credenti, riattivare processi culturali che sbocchino nella creazione di codici e chiavi di lettura del presente (...) rispondenti alle sofisticate richieste avanzate dalla storia contemporanea", rimettere in moto "l’indispensabile dinamica creativa fra fede e cultura", superando gli approcci egemonici del passato.
L'obiettivo e la responsabilità è di far nascere qualcosa di cui non solo la Chiesa, ma tutta la società ha disperatamente bisogno: "non una letteratura cristiana, che appartiene a un modello di civiltà del passato, ma una letteratura che faccia della fede cristiana (...) una risorsa di senso per l’umanità del nostro tempo".
L'articolo merita di essere letto, meditato e condiviso integralmente.
lunedì 18 novembre 2019
La degustazione del Cristo
sabato 10 ottobre 2015
L'architrave
domenica 28 luglio 2013
La cathedra è il cuore

"Siamo riuniti un po’ in disparte, in questo posto preparato dal nostro fratello ..., per rimanere da soli e poter parlare da cuore a cuore".
Eccolo lo stile sorprendente di Papa Francesco, rivelato anche solo dallo stile dei suoi discorsi. Stile sorprendente perché evangelico, semplice come il Vangelo. Francesco è in Brasile nel suo primo viaggio pastorale, celebratissimo dai media nazionali e internazionali. Le folle lo accompagnano e lui si ferma "in disparte" a parlare con i vescovi brasiliani, come Gesù faceva con gli apostoli. Niente sa di cattedratico del suo discorso, niente di "formale", il Papa parla "da cuore a cuore", ma questo non scalfisce neanche per un'istante la sua autorevolezza. La sua cathedra è il suo cuore.
"Voglio abbracciare tutti e ciascuno" dice ai suoi fratelli vescovi, come ad ogni folla che incontra. E qui - mi si perdoni la sfrontatezza dell'accostamento - mi viene addirittura in mente la giovialità e la fisicità del giullare Roberto Benigni. "Godiamo di questo momento di riposo, di condivisione, di vera fraternità". Usa il verbo "godere" senza vergogna, questo Papa.
Francesco rievoca un episodio centrale della tradizione religiosa brasiliana - il ritrovamento in mare della statua di Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile, da parte di alcuni pescatori - per parlare dell'agire di Dio e della Chiesa. "C’è qualcosa di perenne da imparare su Dio e sulla Chiesa in Aparecida".
Il primo insegnamento è quello dell'umiltà, "che appartiene a Dio come tratto essenziale". L'umiltà "è nel DNA di Dio".
Il secondo insegnamento rivela il modo di agire di Dio: "Dio è sorpresa": anche quando "le acque sono profonde... nascondono sempre la possibilità di Dio". E poi: "Dio entra sempre nelle vesti della pochezza".
La statua della Madonna che i pescatori tirano su dal mare è senza testa. I pescatori gettano le reti di nuovo per recuperare la parte mancante. Il mistero si mostra sempre "incompleto", a "pezzi", in attesa della rivelazione della sua pienezza. E invece, "noi vogliamo vedere troppo in fretta il tutto e Dio invece si fa vedere pian piano".
Quindi il tema della semplicità. "La gente semplice ha sempre spazio per far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella casa dei poveri Dio trova sempre posto". E allora: "Dio chiede di essere messo al riparo nella parte più calda di noi stessi: il cuore". La Chiesa deve ricordare sempre che "non può allontanarsi dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del Mistero e resta fuori dalla porta del Mistero". "Abbiamo disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente. Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile pescare Dio nelle acque profonde del suo Mistero".
Pescata la statua, i pescatori la portano a casa e chiamano i vicini a vedere la bellezza trovata. "Solo la bellezza di Dio può attrarre. La via di Dio è l’incanto che attrae. Dio si fa portare a casa. Egli risveglia nell’uomo il desiderio di custodirlo nella propria vita, nella propria casa, nel proprio cuore. Egli risveglia in noi il desiderio di chiamare i vicini per far conoscere la sua bellezza. La missione nasce proprio da questo fascino divino, da questo stupore dell’incontro".
L'ultima lezione è sui luoghi della rivelazione di Dio. Aparecida è comparsa in un luogo di incrocio tra Rio e San Paolo. "Dio appare negli incroci" ricorda Francesco ai vescovi, alla Chiesa, ai cristiani amanti dei recinti e dei confini.
Dal ricordo dell'episodio di Aparecida il Papa passa alle domande: "Che cosa chiede Dio a noi?". Che cosa ci chiede, in questa che "non è un’epoca di cambiamento, ma è un cambiamento d’epoca".
Francesco ricorre ora all'immagine dei discepoli di Emmaus per descrivere la situazione di quanti - tanti - abbandonano o hanno abbandonato la Chiesa, per i motivi più disparati. Perché la Chiesa per loro non ha più risposte. Perché non cercano più risposte, né nella Chiesa né altro. "Di fronte a questa situazione che cosa fare?" si domanda Francesco.
E la prima risposta per me è bellissima, quasi sconvolgente: "Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione". Via da ogni autoreferenzialità, capaci di mettere in gioco le proprie certezze.
Di fronte ad un panorama di smarrimento, di solitudine, di abbandono e di dolore spesso anestetizzato, "serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte ...; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio...". Una Chiesa capace di "dare calore" e "riscaldare il cuore". Ma ne siamo ancora capaci? - domanda Francesco provocatoriamente.
"Serve una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore".
Ne siamo ancora capaci?
(foto da http://www.chiesacattolica.it/giovani/)
mercoledì 12 dicembre 2012
E' bello essere qui con voi
Dear friends, I am pleased to get in touch with you through Twitter. Thank you for your generous response. I bless all of you from my heart.
Firmato: Benedetto XVI.
E' il primo tweet del Papa. Atteso da settimane da tutti i media. Preceduto dall'apertura di un profilo ufficiale su Twitter che ha suscitato come prevedibile - nella Rete e altrove - mille polemiche, ironie, ingiurie, dubbi e curiosità.
Ad alcune di queste obiezioni ha risposto anche oggi padre Antonio Spadaro, tra i più convinti sostenitori di questa iniziativa, direttore di Civiltà Cattolica e punta più avanzata della riflessione ecclesiale sulla "intelligenza della fede al tempo della Rete".
Ma torno al tweet del Papa.
Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore.
Alla vigilia avevo giocato con gli amici a immaginare quale messaggio il Papa avrebbe scelto per avviare la sua presenza su questo social network. Anche tra noi ha prevalso l'ironia, ma in cuor mio avevo provato a rispondere con serietà a questa domanda: se fossi tu il Papa, cosa scriveresti nel tuo primo tweet? Che poi è diventata: quali parole vorresti sentirti dire dal Papa?
Ecco, lo confesso con un certo imbarazzo ed emozione. Io avevo sperato di leggere esattamente queste parole. Non subito citazioni della Scrittura né messaggi morali o spirituali. Ma qualcosa tipo: è bello essere qui con voi, sono contento di incontrarvi. Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi. Ma ancora più bello in inglese, più fisico, più carnale: I am pleased to get in touch with you. Mi fa piacere (!) entrare in contatto con voi. E vi benedico tutti di cuore, anzi, dal mio cuore: from my heart.
L'umanità prima di tutto. La bellezza dell'incontro. La gioia di stare insieme. La gratitudine per la presenza dell'altro (Thank you for your generous response). Per i cristiani è la logica, la prassi dell'Incarnazione, dunque prassi eminentemente spirituale. Del resto, quasi ogni parola umana di questo saluto è intessuta, almeno per me, di rimandi spirituali e scritturali.
"Vi ho chiamato amici" (Gv 15,15). "E' bello per noi essere qui" (Mt 17,4). "Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito" (GV 11,41).
lunedì 5 novembre 2012
La sfida dell'immaginazione
«Il cristianesimo in Occidente potrà fiorire solo se riusciremo a coinvolgere l'immaginazione dei nostri contemporanei. Non credo che l'ateismo ci offra tanto una sfida intellettuale, quanto piuttosto una sull'immaginazione».
Così padre Timothy Radcliffe, teologo domenicano molto apprezzato, racconta la sfida della nuova evangelizzazione, in un recente intervento alla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum.
Mi viene in mente il "battesimo dell'immaginazione" di cui parla padre Antonio Spadaro nel suo "Svolta di respiro. Spiritualità della vita cristiana". Ne scrivevo già qui: "La conversione, per essere profonda, deve toccare non solo i gesti e i pensieri ma anche l'immaginazione", altrimenti la fede "rischia di divenire rachitica, flebile" (oppure ideologica, appena appena riprende fiato e si galvanizza). Altrimenti, aggiungerebbe Radcliffe, non riusciremo a raggiungere il cuore degli uomini, non riusciremo a farci capire veramente, non riusciremo a trasmettere la fede.
Per immaginazione, secondo Spadaro, dobbiamo intendere il fare creativo, lo sguardo di stupore sul mondo capace di farsi racconto ed espressione artistica.
Similmente padre Radcliffe, per spiegare la sua "teoria" dell'immaginazione cristiana, non espone una teoria ma porta un esempio, "perché l'immaginazione cristiana dimora nel particolare" (come l'immaginazione poetica, del resto). L'esempio di un'opera artistica, un film, un racconto cinematografico recente che ha avuto un grandissimo successo di critica e di pubblico, soprattutto in Francia: Des Hommes et des dieux; in italiano, Gli uomini di Dio.
Il motivo del successo è nella forza della storia e del racconto, che ha per protagonisti uomini particolari - dei monaci, vissuti in una comunità particolare, in un contesto particolare - l'Algeria degli anni Novanta. Il tutto raccontato con un realismo e una precisione (da un regista non credente), che non ridimensionano piuttosto esaltano la luminosità (e la specificità cristiana) di quella testimonianza e di quel martirio. Nessuna edulcorazione, nessuna retorica, nessuna semplificazione (come invece in tanta produzione cinematografica pseudo-religiosa).
Ancora padre Radcliffe: "Le esigenze della vita cristiana non possono essere comunicate letteralmente, come una teoria astratta... Dobbiamo scoprirne la verità immaginativamente. Dobbiamo fare un viaggio verso l'illuminazione... La trasmissione della fede è come l'accensione successiva di fuochi di segnalazione... La trasmissione è sempre creativa e artistica".
Perché l'evangelizzazione fatica a seguire questa strada? Perché la riflessione e la produzione culturale di segno cattolico è più di carattere ideologico (morale, apologetico) che artistico? Perché così pochi capolavori?
mercoledì 20 giugno 2012
Come un buon pescatore

Siedi nella tua cella come nel paradiso. Scordati del mondo e gettatelo dietro le spalle. Fa' attenzione ai tuoi pensieri come un buon pescatore ai pesci.
Inizia così la "piccola regola" di San Romualdo, eremita e fondatore di monasteri, padre dei monaci camaldolesi (nell'immagine a destra ritratto da Giotto, nella cappella degli Scrovegni).
L'ho ascoltata ieri per la prima volta declamata da Marco Guzzi in un incontro alla Camera dei Deputati su "La Parola e il Silenzio. Zen, Sufismo, Mistica Cristiana Tre vie sapienziali nel solco dell'attualità".
Proprio ieri la liturgia della Chiesa Cattolica celebrava la memoria liturgica di San Romualdo, nato a Ravenna intorno al 952 avanti Cristo e morto vicino Fabriano il 19 giugno del 1027.
E' bello quando le tradizioni sapienziali millenarie si incontrano, ognuna nella sua specificità. E' bello rendersi conto delle tante analogie e anche delle differenze, senza irrigidimenti né sincretismi. E ascoltare quanto di buono, ricco e utile (pratico) possono insegnare ed offrire all'uomo di oggi, alla ricerca di un centro interiore pacificante e rigenerante, "ricreativo".
Nell'era della globalizzazione planetaria, l'incontro con l'Altro si rivela sempre più inequivocabilmente come Segno dei tempi. La ricchezza dell'altro - penso in particolare alle pratiche meditative appartenenti alla tradizione orientale - diventa l'occasione per riscoprire (e rinnovare) la mia ricchezza, la ricchezza della nostra tradizione spirituale, che in maniera impropria o quanto meno riduttiva chiamiamo occidentale (i Padri del deserto erano occidentali? eppure appartengono a pieno titolo alla nostra tradizione).
Eppure quante rigidità e quante ambiguità intorno a questi temi, quante resistenze e quanta superficialità. Quante violente chiusure e altrettanto violente semplificazioni. Sono convinto che passeranno anche queste. L'urgenza dei cuori avrà ragione di ogni cosa. La ricerca straziante della felicità (cioè del Paradiso) ci costringerà a passare per le strade che non vediamo o non vogliamo.
Lo stesso rilancio della fede, la nuova evangelizzazione, dovrà passare inevitabilmente - io credo - attraverso la scoperta e soprattutto la pratica, l'esperienza concreta, di una interiorità sempre più viva e più autentica, una sorta di mistica quotidiana o monachesimo laico, feriale, che sappia riconciliarci con noi stessi (pensieri, parole, opere e omissioni) e con gli altri, con il mondo e il suo Creatore, con la sua Parola ed il suo Silenzio.
Magari attraverso "piccole regole", come quella di San Romualdo (qui in un'altra traduzione)
Siedi nella tua cella come nel paradiso. Scordati del mondo e gettatelo dietro le spalle. Fa' attenzione ai tuoi pensieri come un buon pescatore ai pesci.
L'unica via per te si trova nei Salmi, non lasciarla mai. Se da poco sei venuto, e malgrado il tuo primo fervore non riesci a pregare come vorresti, cerca, ora qua ora là, di cantare i Salmi nel cuore e di capirli con la mente.
Quando ti viene qualche distrazione, non smettere di leggere; torna in fretta al testo e applica di nuovo l'intelligenza.
Anzitutto mettiti alla presenza di Dio come un uomo che sta davanti all’imperatore.
Svuotati di te stesso e siedi come una piccola creatura, contenta della grazia di Dio; se come una madre Dio non te la donerà, non gusterai nulla, non avrai nulla da mangiare.
martedì 24 aprile 2012
Se non sono vicino a me stesso
La comunicazione con Dio può aver luogo soltanto se siamo in grado di comunicare con noi stessi.
Sto leggendo "La cura dell'anima" di Anselm Grun, "L'esperienza di Dio tra fede e psicologia": approfondita intervista al noto monaco benedettino tedesco pubblicata nell'edizione italiana nella colonna Crocevia delle Paoline.
Se non sono vicino a me stesso, come posso essere vicino a Dio? - scrive Grun, che cita Cipriano di Cartagine: "Come puoi pretendere che Dio ti ascolti se tu per primo non ascolti te stesso?" E aggiunge: la conoscenza di noi stessi non ha nulla a che fare con l'egoismo, ma serve a farci incontrare Dio con tutto ciò che c'è dentro di noi.
martedì 27 marzo 2012
Nel midollo
L'oro di Cristo
nel midollo
di una spiga di grano.
Non riesco a togliermi dalla testa questa poesia di Andrea Salvatici, scritti ad Assisi nel 1999 e dedicati a Mario Luzi.
Andrea Salvatici la ripropone nel suo blog, di cui qui già parlai, e una sua lettrice commenta:
"Penso al vento che fa ondeggiare il sole tra le spighe di grano, penso all'amore di Cristo come vento tra le spighe di grano che sono gli uomini".
Io non so dire né commentare e allora taccio, lasciandomi macinare da questi versi.
(Foto da flickr/creativecommons/bluecobalto)