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domenica 26 aprile 2020

Glorioso S. Gennaro

"Glorioso S. Gennaro, salva Pozzuoli dalle incursioni nemiche".

La ricorrenza del 25 aprile è stata l'occasione per recuperare un po' della memoria familiare legata agli anni della guerra. In mancanza di fonti documentali, il racconto più vicino è quello orale della mia cara zia Silvana, sorella di mio padre Mario, da sempre custode preziosa dei ricordi e delle leggende di famiglia.

Ci troviamo a Capo Miseno, punta estrema della penisola flegrea, nel comune di Bacoli, prossimo a quello di Pozzuoli. È un'altura che offre una vista sul golfo di Napoli e sulle isole di Ischia e Procida. Il nome Miseno è legato al mito dell'Eneide di Virgilio. Miseno era il trombettiere di Enea annegato in mare (gettatovi da Tritone per averlo sfidato nel suono della tromba) ed il promontorio (Capo) sarebbe il tumulo sotto il quale fu seppellito dai suoi compagni.

Nel 1945 mia zia non era ancora nata. Mio padre invece aveva 5 anni, ma il padre non l'aveva ancora conosciuto, se non per pochi giorni dopo la sua nascita, nella primavera del 1940. Nonno Rosario partì infatti militare per la Campagna italiana in Africa Orientale, dove fu presto catturato dalle forze britanniche e trasferito prigioniero in Inghilterra. Tornerà a casa solo alla fine della guerra.

Non abbiamo ricordi della Liberazione, abbiamo ricordi delle bombe alleate, dell'occupazione tedesca, della vana pretensione dei fascisti. Un contesto storico-sociale che ricorda, nei suoi aspetti più drammatici, quello raccontato da Curzio Malaparte nel romanzo la Pelle. "Dei soldati americani, mamma (mia nonna Anna) raccontava che venivano ubriachi a bussare alle porte delle case, per cercare le donne sole con i mariti in guerra. Mamma e nonna erano spaventate. C'erano ragazze che si prostituivano a causa della povertà".

Nonna Teresa (la mia bisnonna) faceva la cuoca nella caserma dei tedeschi. Aveva il vantaggio di venire avvisata prima degli altri, quando erano previsti bombardamenti. Ricordava che il guardiano del faro venne fucilato, perché accusato di mandare segnali agli aerei alleati. Raccontava di aver contribuito a salvare la popolazione dalle rappresaglie dei tedeschi in fuga, favorendo un incontro tra gli occupanti e il sindaco di Bacoli.

Ma il racconto più vivido, a distanza di anni, è quello dei bombardamenti ripetuti e della corsa nei rifugi antiaerei naturali, numerosi in quel rerritorio, con le inevitabili vittime civili. Nonna Teresa era l'ultima a raggiungere i rifugi, perché non voleva lasciare la sua casa incustodita. 

Ho trovato su questo blog un racconto particolarmente dettagliato di questi bombardamenti e delle vane iniziative di difesa antiaerea, da cui ben si capisce come siano stati questi accadimenti a rimanere impressi nella memoria popolare, dalla filastrocca dei bambini (L'apparecchio americano vott’ i bombe e se ne va'..) alla preghiera a S. Gennaro riprodotta in questo santino.

venerdì 25 aprile 2014

Nessuno te l'ha detto


Morirono per la libertà, 
essi, a cui i padri non avevano insegnato 
a vivere liberi.

Ai martiri della Resistenza antifascista e antinazista, la grande poetessa Elena Bono, da poco scomparsa ultranovantenne, ha dedicato versi indimenticabili eppure ancora troppo poco conosciuti.

Per festeggiare la Festa odierna della Liberazione, e rendere contemporaneamente omaggio a questa grande poetessa, animata da una profondissima fede cattolica, ho scelto questi versi meravigliosi dalle "Stanze per Rinaldo Simonetti", detto "Cucciolo", fucilato per la libertà, appena bambino, nei boschi di Chiavari.

La poesia è composta di tre parti (stanze). Salto la prima, per lasciare spazio all'avvio folgorante della seconda. La terza stanza ci porta improvvisamente in una dimensione mistica, ultraterrena.

II

Fucilato è una parola importante
e tu te ne fai bello
nel tuo cimiterino
fra i candidi vecchioni
e i bambini lattanti
e le ragazze che invece dell'arancio
ebbero una corona di fiori di carta. 
T'ascoltano tutti
con grave attenzione ammirati, 
ma che cos'è la libertà 
questo non ci riesci 
per quanto ti provi 
a spiegarlo 
e finisce che sempre
con un grosso sospiro
ti smarrisci a guardare
nuvole e nebbie che vanno
insieme alla luna. 
I morti nella terra
i vivi nelle case, 
gli altri prendono sonno
e soli ad ora ad ora 
gridano i galli. 
Supino ancora guardi 
quelle lunari nuvole andare 
di là dai castagni 
come una volta. 

III

Nessuno te l'ha detto 
che un animo da re ci vuole 
per entrare negli alti 
palazzi della morte
non da qualunque porta 
alla rinfusa gettati 
ma dalla grande entrata 
a testa dritta 
graziosamente 
recando le ferite come fiori in dono
mentre il Signore si affretta all'incontro 
giù per la scalea aprendo le braccia. 
Nessuno te l'ha detto, 
ragazzo di campagna. 
Ma così tu sei entrato.