domenica 30 maggio 2021

Meravigliosamente

Qual è il verso giusto? È forse quello che suona ancora e sempre nella nostra memoria, lasciando il segno vivo della sua presenza. 

Il grande Luca Serianni ripercorre nove secoli di storia della poesia italiana, proponendo versi noti e meno noti di autori celebri e altri quasi sconosciuti, almeno per i non addetti ai lavori (Luca Serianni, Il verso giusto. 100 poesie italiane, Laterza 2020).

Restano negli orecchi i suoni di questi versi, la cui metrica dà forma alla nostra mente, alla nostra memoria, anche alla nostra coscienza. 

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Meravigliosamente
un amor mi distringe
e mi tene ad ogn'ora.

(Giacomo da Lentini)

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Rosa fresca aulentissima 

(Cielo d'Alcamo) 

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Al cor gentil rimpaira sempre amore

(Guido Guinizzelli) 

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O iubelo del core
che fai cantar d'amore! 

(Iacopone) 

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S'i' fosse foco, ardere' il mondo

(Cecco Angiolieri) 

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E quivi ragionar sempre d'amore [...] 

(Dante Alighieri) 

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Lo mio fermo desir vien da le stelle

(Francesco Petrarca) 

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Quant'è bella giovinezza 
che si fugge tuttavia:
chi vuol esser lieto sia
di domani non c'è certezza

(Lorenzo de' Medici) 

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Tacciono i boschi e i fiumi, 
e 'l mar senz' onda giace

(Torquato Tasso) 

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Move zoppa gentil piede ineguale

(Giovan Leone Sempronio) 

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Tanto piacevol più, quanto più mente

(Giacomo Lubrano)

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Dovunque il guardo giro, 
immenso Dio, ti vedo:
nell'opre tue t'ammiro, 
ti riconosco in me

(Pietro Metastasio) 

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Taci se mi vuoi dir ch'ei t'ama ancora 

[...] 

Ovunque il passo volgo o il guardo io giro

(Faustina Maratti Zappi)

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La stella / del viver mio s'appressa / al suo tramonto

(Vincenzo Monti)

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Forse perché della fatal quiete
tu sei l'imago a me sì cara vieni
o Sera!

...

Quello spirto guerrier c'entro mi rugge

[...]

Le nate a vaneggiar menti mortali

[...]

All'ombre de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?

(Ugo Foscolo)

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Dov'è silenzio e tenebre
La gloria che passò

(Alessandro Manzoni)

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Mirando il cielo, ed ascoltando il canto

...

La morte è quello / che di cotanta speme oggi mi avanza

[...]

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai?

...

Se la vita è sventura
perché da noi sì dura?

...

Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
rida la primavera

[...]

Or poserai per sempre, / stanco mio cor

. .. 

Amaro e noia / la vita, altro mai nulla

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E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso ai miei cari
...
Si cova, / dentro l'urna molle e segreta
non so che felicità nuova

(Giovanni Pascoli)

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Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole, 
ma la tua faccia buona e casalinga, 
ma i bei capelli di color di sole 

(Guido Gozzano) 

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Piove! È mercoledì. Sono a Cesena,
sono a Cesena e mia sorella è qui, 
tutta d'un uomo ch'io conosco appena

(Marino Moretti) 

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Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore 
il paese più straziato 

(Giuseppe Ungaretti) 

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Spesso il male di vivere ho incontrato

(Eugenio Montale) 

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Tu sei come una giovane, 
una bianca pollastra
... 
Tu sei come una gravida 
giovenca

(Umberto Saba) 

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Anima mia, sii brava
e va' in cerca di lei. 
Tu sai cosa darei
se la incontrassi per strada

(Giorgio Caproni) 

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Fu allora, in quel mattino, che mi toccò morire 

(Fernando Bandini) 

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Si potesse spiegare la vita 
come si spiegano i poeti

(Francesca Romana de' Angelis)


sabato 22 maggio 2021

Basiliche minori e basiliche maggiori

Nel 1987 vi fu la consacrazione del santuario della Madonna dei Martiri, in Puglia, poco fuori Molfetta, a Basilica Minore. Raccontano le cronache che in quell'occasione un giovane del posto, forse un po' deluso, chiese a don Tonino Bello, il grande vescovo santo di quella dioocesi, quale fosse la ragione di quel titolo "minore". Don Tonino avrebbe potuto rispondere, canonicamente, che il titolo di "maggiori" spetta soltanto alle 4 basiliche romane di S. Giovanni, S. Pietro, S. Paolo e S. Maria Maggiore, tutte le altre essendo "minori" rispetto a queste. E invece il vescovo prese con sé il ragazzo, si accostò con lui alle pareti di pietra del santuario e diede dei colpi con le mani: "Ecco, vedi - disse - queste che colpiamo sono le pareti della basilica minore, fatta di pietra. Questa invece - gli disse ancora ponendogli una mano sul capo - questa di carne è la basilica maggiore. Ciascuno di voi è tempio dello Spirito, è Basilica Maggiore di Dio".

Ascolto il racconto di quest'aneddoto per la prima volta oggi, in occasione della Cresima di mia figlia Elisa, nella parrocchia di San Frumenzio, con altri 30 ragazzi del gruppo di catechismo in cui è cresciuta per sette anni. Il gruppo si chiama Kanimambo, che in Mozambico, a  Mafuiane, dove la parrocchia ha una storica missione, vuol dire "grazie". E grazie è stata la parola più pronunciata dalle labbra e dai cuori di tutti i presenti, per quest'avventura rara e meravigliosa: ragazzi e ragazze di 18 anni emozionati e felici di "confermare" la loro fede nell'amicizia, accompagnati con amore e dedizione, malgrado la pandemia, da un gruppo di giovani catechisti di pochi anni più grandi.

Kanimambo, allora. Grazie al Signore, che ha consacrato oggi 30 nuove, bellissime, "Basiliche Maggiori".

sabato 15 maggio 2021

Alto silenzio

Un piccolo gioiello musicale di Torquato Tasso (1544-1595), che ha per tema il silenzio della notte.

Tratto dalle Rime e presentato da Luca Serianni nel suo libro Il verso giusto. 100 poesie italiane (Laterza), Tacciono i boschi è un madrigale, breve componimento di endecasillabi e settenari, pensato per l'accompagnamento musicale.

Tacciono i boschi e i fiumi,
e 'l mar senza onda giace,
ne le spelonche i venti han tregua e pace,
e ne la notte bruna
alto silenzio fa la bianca luna;
e noi tegnamo ascose
le dolcezze amorose.
Amor non parli o spiri, 
sien muti i baci e muti i miei sospiri.



mercoledì 12 maggio 2021

Nelle antique corti delli antiqui huomini

Il latino è il più vistoso monumento alla civiltà della parola umana e alla fede nelle possibilità del linguaggio. 

Nicola Gardini, sulla bellezza e il valore del latino (Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile, Garzanti, 2016). 

Chi studia il latino deve studiarlo per una fondamentale ragione: perché è la lingua di una civiltà; perché nel latino si è realizzata l'Europa. Perché nel latino sono scritti i segreti della nostra più profonda identità e quei segreti si può volerli leggere.

Altro che lingua morta, il latino è vivo, perché viva è la lingua che dura e che produce altra lingua. [...] Il latino in quanto letteratura ha stimolato la creazione di altra letteratura, di alte scritture. [...] Il latino scritto ha agito come voce del passato e come voce ha invitato i posteri al dialogo.

Un potere interlocutorio rappresentato in modo emblematico dal celebre passo della Lettera di Machiavelli a Francesco Vettori, del 10 dicembre 1513:

[...] rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro.

Gardini contesta, più in generale, il criterio del parlato per giudicare della vita o meno di una lingua. Non basta che il parlante ia vivo perché si possa dire viva la sua lingua. Vivo non è ciò che viene detto, ma ciò che rimane è lascia traccia. 

Tutta la letteratura, insiste Gardini, a voler usare il criterio del parlato, è morta, perché è arte, cioè costruzione, calcolo, messa in stile, come la musica o la pittura. L'Eneide di Virgilio è come la Nona di Beethoven. 

La letteratura è vita, non morte, ed è viva perché genera in risposta altra scrittura, che durerà, e anche perché esistono i lettori, perché esiste l'interpretazione, che è un dialogo tra scrittura e pensiero, un dialogo tra i secoli, che ferma lo scorrere vanificante e rinnova di continuo la possibilità del permanere, la sola concessa alle cose della storia. 

domenica 2 maggio 2021

A caro prezzo

Dall'Odissea di Nikos Kazantzakis (Crocetti Editore), alcuni dei 33.333 versi. 

Il cuore dell'uomo è una bestia oscura. 

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Salve, cuore dell'uomo, belva che divori il destino. 

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La vita è appesa a un filo di ragno. 

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Grave la vita, grave la morte, grave trappola il mondo. 

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Donde, perché la vita, verso dove? 

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La vita è un tragitto in mare, con la barca armata / di grande reti, di sciabiche, di nasse e di arpioni. / Issiamo la vela di buon mattino, carichiamo le reti, / prendiamo un po' di latterini, buoni per una zuppa, / e la vita è andata, coliamo a picco con la barca. 

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Dorme la Morte, e sogna che esistano uomini vivi, / che sulla terra s'innalzino case, palazzi e regni, / che sorgano giardini fioriti, e che alla loro ombra / passeggino donne nobili e cantino le schiave. / Sogna che sorga il sole, e che la luna illumini, / che giri la ruota della terra, e che ogni anno porti / erbe e fiori, frutti d'ogni sorta, piogge dolci e neve; / che la ruota giri ancora, e che la terra si rinnovi. / La Morte ride di nascosto, lo sa ch'è solo un sogno [...] / Nel sonno fulmineo ha avuto un incubo: la vita. 

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Sprofondati nel cibo come scarabei nello sterco, / i ricchi mangiano e bevono vini freschi all'ombra - / mentre gli dèi stercorari soffocano nel lardo; / perché sborda di ciccia l'anima e ingrassa i suoi dèi. 

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Hai fatto tutto bene sulla terra, pane, vino, donne; / ma i bambini, Assassino, perché uccidi i bambini?

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Dio è un canto nell'aria azzurra, e nessun uomo / comprende le sue parole, né sa da dove viene; / solo il cuore, uccello spaurito, l'indovina e trema.

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Dio va spaventato; / quante più cose gli chiedi, tante più lui ne concede. 

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Lo straniero ha sempre il volto del Dio sconosciuto. 

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Dio è una pioggia capricciosa che cade dove vuole. 

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Buon Dio, afferra la prudenza e torcile il collo. 

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Cerchi Dio ma inciampi in spettri e spaventapasseri. 

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Signore, fa' ch'io diventi un flauto sulle tue labbra! 

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Io non voglio un Dio che non può salvare mio figlio. 

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Dio gli sembra un coccodrillo in mezzo al mare: / chiude gli astuti occhi neri fingendo di dormire; / e gli stolti mortali si azzardano a montargli sopra, / costruiscono un'alta città con argilla e pietre, / si aggrappano alle sue placche e le riempiono di culle; / ma a un tratto il mostro scervellato muove piano la groppa, / e tutto - anime, pietre e fasce - sprofonda tra le onde! 

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La mosca ha il culo grosso e crede di smerdare il mondo. 
 
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Le parole sono pesci nel mare. 

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L'astuta, ingannatrice, favolista mente umana / che lega un filo rosso all'arcolaio del mondo, / poi con un calcio dà l'avvio alla grande favola! 

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Questi credono che la mente si nutra di solo pane, / tutta la vita ciarlano di cibo, di ricchi e poveri; / della fiamma che sprizza dal cervello come un fulmine, / questi ne fanno un fuocherello per il caminetto, / su cui la madre mette la pignatta e si scalda il vecchio. / Io odio la virtù, che mangia beve e maldigerisce; / il pane e il cibo sono buoni, ma assai di più sazia / la fiamma disumana che scaturisce dai ventri oscuri; / e questa fiamma dentro di me mi piace chiamarla Dio! 

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L'anima umana può affrontare la Morte in molti modi: / chi piange, chi ride per lo spavento, chi coraggioso / provoca l'oscura mietitrice con parole arroganti; / altri, docili come agnelli, tendono il collo a terra. / Credo che noi, fratelli, dobbiamo accoglierla in piedi, / come una gran dama, senza grida umilianti o risa, / nobili noi pure, che dalla festa splendida del mondo / si alzano sazi di cibo e vino e vanno a coricarsi. 

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E se mi chiedete quali beni promette questo dio / ai cuori fedeli che lo seguono, ascoltate bene: / fame e sete, fratelli, serba per noi nella bisaccia; / lo dico chiaro e forte, amici, poi non vi lamentate / se languirete nel deserto, laceri e affamati. / Traccio una linea dritta con la spada nella sabbia: / dietro schiavitù e grandi, davanti libertà e fame! 

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Al limite dell'immensa distesa sabbiosa Ulisse scorge / una fogliettta che agita la verde spadina in aria; / il grande Condottiero china la mano lentamente, / e accarezza con affetto quella verde sentinella, / l'ultima, ultima fogliolina, e le parla in segreto; / "Guerriero glorioso, disperato, piccolo filo d'erba, / che solo e senza paura sfidi il deserto intero, / sei il mio unico compagno, non ne ho altri al mondo! 

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Ogni mio passo in ogni istante è un crocevia. 

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La più grande virtù sulla terra non è essere libero, / ma cercare insonni la libertà, senza pietà né tregua. 

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Com'erba folta e crespa i popoli spuntamo dal suolo, / ritornano nel suolo come erba, e la terra ingrassa, / divora ghiotta i cadaveri pingui dei suoi figli. 

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Cos'altro sono i figli se non bocconi per la Morte?

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Anima, la tua patria è sempre stata il viaggio! 

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Con che spietato silenzio le stelle solcano il cielo, / e noi, naufraghi schiantati in fondo a un pozzo oscuro, / lanciamo invano grida selvagge per chiedere aiuto - / ma nessuna stella cambia corso per salvare un'anima. 

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La storia dell'uomo è massacri, pianti e vergogne; / macello sanguinoso la terra, la verità non esiste, / non c'è gioia né virtù, non c'è compenso né speranza. 

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Come un viandante si china a guardare le formiche, / che trasportano pagliuzze e combattono sulle aie, / e con il piede le schiaccia e nel fango le sommerge: / così combatte sulla terra il formicaio umano; / ma nessuna mente ci guarda, nessun cuore ci irride; / il piede incombe su di noi, senza pietà ci schiaccia. 

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Chino e muto su di noi c'è un pescatore / invisibile, chi lo chiama Morte, chi Dio benigno, / che lancia la sua sciabica e ci trascina via tutti. 

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Siamo un pugno di terra nera, ma la nostra gola canta. 

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Il canto dell'uomo è l'unica fiamma che non muore mai. 

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Il canto va acquistato a caro prezzo.