"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
sabato 25 aprile 2020
Eravate i più belli
venerdì 27 dicembre 2019
Vannella
Giurate di non aiutare i partigiani? In fila sul sagrato della Chiesa, davanti al plotone dei soldati tedeschi occupanti, tutta la gente del paese risponde di sì, anche il prete, che pure era il sospettato numero uno.
Tutti tranne lei, Giovanna detta Vannella, la figlia del medico fascista del paese. Unica tra donne, vecchi e bambini mezzi morti di paura, rifiuta la solenne pagliacciata di giurar di non aiutare i partigiani, gli "schifosi della montagna". E riceve in cambio, dall'ufficiale tedesco, uno sputo in faccia.
D'accordo, sì, d'accordo, cos'è un po' di saliva rispetto al mare di sangue che ricopre la terra? Ma la guerra non è solo la catastrofe delle tante morti: è violazione della dignità morale dell'uomo.
Vannella è terrorizzata, ma davanti al comandante tedesco non parla e non giura. Quale potere di provocazione ha il suo silenzio. "Eppure ho visto Dio nel battere atterrito delle ciglia, in quel modo furtivo vergognoso, di asciugarsi la guancia contro la spalla. Dio in una forma che non sapevo. Come un uccello piccolo, il più piccolo e debole. Non l'aquila di Zeus. Forse non la potenza paurosa di Dio, bensì la debolezza del Divino riesce intollerabile a un mondo come questo".
In tutto il romanzo di Elena Bono (Come un fiume come un sogno), Vannella non pronuncia una parola, ma ne è la protagonista silenziosa. Non parla e quasi non compare, si nasconde, ma comunica con la sua "bellezza", la forza interiore di chi assume con determinazione cosciente il ruolo della vittima.
Sputacchiata da un ufficiale tedesco, sorvegliata come soccorritrice dei partigiani e infine deportata in campo di concentramento, la ragazza è - poeticamente - la figura dell'angelo (visiting angel) di cui parlano Eliot e Montale: creatura testimone (e martire) di quell'amore che supera ogni limite umano e apre la dimensione dell'Oltre, testimone di un altro ordine e di un'altra natura.
venerdì 25 aprile 2014
Nessuno te l'ha detto
Morirono per la libertà,
essi, a cui i padri non avevano insegnato
a vivere liberi.
Ai martiri della Resistenza antifascista e antinazista, la grande poetessa Elena Bono, da poco scomparsa ultranovantenne, ha dedicato versi indimenticabili eppure ancora troppo poco conosciuti.
Per festeggiare la Festa odierna della Liberazione, e rendere contemporaneamente omaggio a questa grande poetessa, animata da una profondissima fede cattolica, ho scelto questi versi meravigliosi dalle "Stanze per Rinaldo Simonetti", detto "Cucciolo", fucilato per la libertà, appena bambino, nei boschi di Chiavari.
La poesia è composta di tre parti (stanze). Salto la prima, per lasciare spazio all'avvio folgorante della seconda. La terza stanza ci porta improvvisamente in una dimensione mistica, ultraterrena.
II
Fucilato è una parola importante
e tu te ne fai bello
nel tuo cimiterino
fra i candidi vecchioni
e i bambini lattanti
e le ragazze che invece dell'arancio
ebbero una corona di fiori di carta.
T'ascoltano tutti
con grave attenzione ammirati,
ma che cos'è la libertà
questo non ci riesci
per quanto ti provi
a spiegarlo
e finisce che sempre
con un grosso sospiro
ti smarrisci a guardare
nuvole e nebbie che vanno
insieme alla luna.
I morti nella terra
i vivi nelle case,
gli altri prendono sonno
e soli ad ora ad ora
gridano i galli.
Supino ancora guardi
quelle lunari nuvole andare
di là dai castagni
come una volta.
III
Nessuno te l'ha detto
che un animo da re ci vuole
per entrare negli alti
palazzi della morte,
non da qualunque porta
alla rinfusa gettati
ma dalla grande entrata
a testa dritta
graziosamente
recando le ferite come fiori in dono
mentre il Signore si affretta all'incontro
giù per la scalea aprendo le braccia.
Nessuno te l'ha detto,
ragazzo di campagna.
Ma così tu sei entrato.