Gli esseri umani non fanno la storia per libera scelta. E tuttavia, fanno la storia (R. Luxemburg)
Che bello il libro di Lea Ypi, Libera. Diventare grandi alla fine della storia (Feltrinelli, 2021).
Fine anni 80 in Albania: ultimo decennio del comunismo di Stato visto attraverso gli occhi ingenui di una bambina (Continuavo a non capire perchè tutti chiedessero la liberta, quando noi eravamo già una delle nazioni piu libere della Terra).
Una storia di faticosa e dolorosa liberazione dalle menzogne: quelle del regime comunista, quelle che la sua famiglia le racconta per proteggerla. Ma la menzogna più dolorosa è quella che si svela con il crollo del regime: la promessa di libertà si rivela in una nuova illusione, che sfocia nella guerra civile del 1997.
Era come essere tornati al 1990. Lo stesso caos, lo stesso senso di incertezza, lo stesso collasso dello stato, lo stesso disastro economico. Ma con una differenza. Nel 1990 ci era rimasta la speranza. Nel 1997 perdemmo anche quella.
Il libro di Lea Ipi, che oggi insegna filosofia politica alla London School of Economics, dice molto dell'Albania e dice molto anche di noi, dell'Italia - terra di emigrazione - e dell'Europa, viste dalla sponda opposta dell'Adriatico.
In passato venivi arrestato anche solo per aver pensato di andartene. Adesso che in patria nessuno cercava di fermarci, dall'altra parte non ci volevano più. Non era cambiato niente, solo le uniformi delle guardie. Rischiavano di essere arrestati non in nome del nostro governo ma di quello degli altri, gli stessi che prima ci avevano spronato a tagliare i ponti col passato. L'Occidente era stato decenni a criticare l'Est per le sue frontiere chiuse, finanziando campagne per esigere la libertà di movimento, condannando come immorali gli stati che limitavano il diritto di espatrio. I nostri esuli venivano accolti come eroi. Adesso li trattavano come criminali.
***
L'Europa era come un lungo tunnel, con luci sfavillanti e frecce lampeggianti all'imboccatura e un buio sempre più fitto all'interno. Una volta entrati, non venne in mente a nessuno di chiedersi dove ci avrebbe portati, se e quando il buio sarebbe finito, e cos'avremmo trovato dall'altra parte. Nessuno aveva pensato di procurarsi una torcia o di tracciare una mappa, di domandarsi se qualcuno fosse mai uscito dal tunnel, se le uscite fossero tante o una sola, se tutti lo percorressero nella stessa direzione. Ci eravamo limitati a procedere a passo di marcia, sperando che l'alone di luce all'ingresso sarebbe durato un altro po', e che venirne fuori fosse solo questione di pazienza e buona volontà. Di queste ci eravamo armati, proprio come nelle code ai tempi del socialismo - senza infuriarci per l'attesa, senza perdere la speranza.