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domenica 3 gennaio 2021

Il Dio in agguato

Grande lettura questa Vita di Gesù di Francois Mauriac, che a più di 80 anni dalla sua prima uscita in francese (nel 1936) e a più di 70 dalla sua prima edizione italiana (1950), mantiene intatto il suo fascino, gettandoci nella concretezza scandalosa del mistero di questo legnaiuolo ebreo che si rivela Figlio dell'uomo e Dio in agguato. 

Una biografia letteraria, che racconta la vita del Cristo con gli occhi dello scrittore e del poeta, che sa vedere oltre ciò che si vede, sa immaginare il movimento dei cuori e il turbamento delle menti, sa riconoscere ciò che è vero, ciò che è vivo, ciò che dà vita

Il testo ripercorre in modo piuttosto ordinato e fedele la vita di Gesù per come la raccontano i vangeli canonici. L'autore interroga i silenzi, scandaglia il mistero, fa riverberare i gesti e le parole, rimarca i continui fraintendimenti e tradimenti, interpreta le attese e i desideri dei protagonisti, tra cui il lettore stesso di queste pagine. 

Tra i tantissimi spunti, ne scelgo solo alcuni, partendo dall'attesa di Maria durante i primi lunghi 30 anni di Gesù, il suo nascondimento nella carne, la sua vita occulta prima della predicazione. 

Dopo vent'anni, dopo trent'anni, [la madre del legnaiuolo] si crede ancora benedetta fra tutte le donne? Nulla accade: e che potrebbe accadere a quest'operaio stremato, a quest'ebreo non più giovanissimo, che è appena capace di piallar delle assi, medita la Scrittura, obbedire e pregare?

Di tutti quelli che avevano assistito alla divina manifestazione fin dal principio, in quella notte, esisteva ancora un solo testimonio? Dov'erano i pastori? E quei sapienti, conoscitori degli astri, venuti d'al di là del Mar Morto per adorare il Bambino? L'intera storia del mondo era parsa piegarsi ai disegni dell'Eterno [...]

La madre invecchiata di quest'operaio carpentiere cercava nel cupo dell'ombra gli angeli che nei giorni dopo l'Annunciazione non avevano mancato di nutrir la sua vita. Erano loro che nella santa notte avevano insegnato ai pastori il cammino della grotta [...] Ed era pure un angelo che aveva, in sogno, comandato a Giuseppe di prendere il Fanciullo e sua madre e fuggire in Egitto la collera di Erode... Ma dopo il ritorno a Nazaret il cielo s'era di nuovo chiuso, e gli angeli erano spariti.

Eccoci finalmente all'inizio della vita pubblica di Gesù, che Mauriac presenta come l'inizio della contesa con il Nemico per la conquista dell'umanità. 

Quando pensa ai suoi nemici, Gesù non immagina i farisei, i sommi sacerdoti, i soldati che lo percuoteranno sul volto... [...] Egli conosce il suo avversario. Il suo avversario ha parecchi nomi in tutte le lingue. Gesù è la luce venuta in un mondo che è preda alla potenza delle tenebre. Il demonio è il padrone apparente dell'universo in questa quindicesima annata del governo di Tiberio [..] Si serve degli dèi per corrompere gli uomini, si sostituisce agli dèi, divinizza il delitto, è il re del mondo. Gesù lo conosce, ma lui ancora non conosce Gesù: non lo avrebbe indotto in tentazione se conosciuto l'avesse. [...]

A questo punto della sua vita il Figlio dell'uomo è il gladiatore nascosto in oscurità, ma prossimo a lanciarsi nel circo abbacinante, il reziario che la fiera aspetta e paventa: "Io vedevo, doveva gridare il Cristo in un giorno d'esultanza, io vedevo Satana cader dal cielo come la folgore". È forse durante queste ultime ore di vita occulta ch'egli ebbe la visione di quella caduta [...]

Prese un mantello, allacciò i suoi sandali, e disse a sua madre una parola d'addio che non sarà mai conosciuta.

Mauriac ci parla del carattere implacabile di Gesù e dell'illanguidimento della sua figura operato nei secoli. 

No, non è per niente che questo Cristo tanto amato è stato così violentemente odiato. Quale ingenuità scandalizzarsi perché molti di quelli che hanno visto il Cristo nella carne, non han potuto adorarlo! Molti attenuano la forza delle sue più aspre parole qualifocandole iperboliche; tutti gli orientali hanno un linguaggio eccessivo. E nondimeno: "Questa parola è dura" borbottavano i Giudei "e chi potrebbe ascoltarla?". Essa irritava dunque anche dei semiti abituati all'iperbole. E suona ancora sempre talmente cruda, talmente odiosa. L'amore assoluto respinge i mediocri, urta la falsa aristocrazia, disgusta i delicati. E senza dubbio i suoi nemici lo odierebbero assai più che non facciano (ed anche i suoi pretesti amici!) se non sostituissero l'insipido e melato Rabbi di tipo corrente, all'uomo che ha realmente vissuto, e che ha manifestato un carattere "intero" nel senso metafisico: letteralmente implacabile. È la loro ignoranza, oggigiorno, che distoglie molti dal detestare il Cristo. Se lo conoscessero, non lo sopporterebbero

I discorsi di Gesù, tra tutti il sermone della montagna, appaiono folli, perché tutto vi si oppone ma nulla si contraddice (del resto è il paradosso l'unica condizione accettabile della verità). 

Troppa poca cosa è la carità: è la follia della carità, ch'egli vuole: tendere l'altra gota, abbandonare il mantello al ladro che ha già preso la tunica, amare quelli che ci odiano... È pazzo? Difatti, è, rispetto agli uomini, uno stato di demenza, che pretende e otterrà dai suoi diletti

Eppure del Cristo è impossibile liberarsi, se si porta la carità nel cuore

Non è in potere di alcuno, tra coloro che portano la carità nel cuore, di non servire il Cristo. Taluno che crede odiarlo gli ha consacrato la vita; poiché Gesù è travestito e mascherato in mezzo agli uomini, nascosto nei poveri, negli infermi, nei prigionieri, nei forestieri. Molti che lo servono ufficialmente, non seppero mai chi egli è; ma molti che non lo conoscono neppur di nome, udranno l'ultimo giorno le parole che spalancheranno loro le porte della gioia: "Ero io, quei figliuoli, ero io, quegli operai; io piangevo su quel letto d'ospedale; ero quell'assassino nella sua cella, quando tu lo consolavi". 

Eccoci giunti alla Passione del Cristo, che non poteva essere meno atroce, spiega Mauriac, non poteva fermarsi ai dolori normali della condizione umana. 

Non ci può essere al mondo un prigioniero, un martire, un condannato innocente o colpevole, che non ritrovi in Gesù vituperato e crocifisso la sua propria immagine e somiglianza [...]. Dopo che egli (il Cristo) ebbe sofferto e fu morto, gli uomini non sono stati meno crudeli, né ci è stato meno sangue versato, ma le vittime sono state ricreate una seconda volta a immagine e somiglianza di Dio; anche senza saperlo, anche senza volerlo. 

Infine la Resurrezione di Gesù, che dura tuttora.

La presenza di Gesù resuscitato dura tuttora: verrebbe voglia di dire che l'Ascensione non l'ha interrotta: parecchi mesi dopo che i discepoli l'ebbero visto sparire, egli abbagliava della sua luce, sulla via di Damasco, il suo nemico Saul e gli parlava [...] D'ora innanzi, nel destino di ciascun uomo, vi sarà questo Dio in agguato.

Un guscio vuoto

Francois Mauriac sul Cristo, da un articolo di Gianfranco Ravasi.

«Se Gesù non fosse il Cristo, io non sentirei nelle cattedrali che un vuoto immenso. Il cattolicesimo senza il Cristo sarebbe un guscio vuoto, curiosamente lavorato. La Croce senza il Verbo non sarebbe nulla più che una forca».

E ancora:

«Con Cristo o contro Cristo: bisogna scegliere. Rifiutare di prendervi parte, vuol dire aver già scelto: “Chi non è con me, è contro di me”, disse Cristo. Felici coloro ai quali sarà concesso di comprendere che all’infuori di Lui non c’è nulla». 

Infine, nella prima prefazione a Vita di Gesù (1936):

«Devo confessarlo? Non avessi conosciuto Cristo, “Dio” sarebbe stato per me un vocabolo vuoto di senso... È bisognato che Dio s’immergesse nell’umanità e che a un preciso momento della storia, sopra un determinato punto del globo, un essere umano, fatto di carne e di sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi getti in ginocchio».


venerdì 25 dicembre 2020

Lo Splendore della Presenza

Il Cristianesimo risiede essenzialmente nel Cristo. È meno nella sua dottrina che nella sua Presenza. Perciò i testi non possono distaccarsi da Lui senza perdere immediatamente il loro senso e la loro vita. Tutta la perspicacia dei critici, tutta la loro pazienza, tutta la loro probità hanno potuto rendere ed hanno effettivamente reso servigi eminenti nello studio materiale dei libri nei quali la Chiesa primitiva ha compendiato la sua credenza: non hanno però potuto, senza la Fede, iniziarli alla vita interiore dei testi, farne loro comprendere la continuità, il movimento e il mistero, nello Splendore della Presenza che è la loro anima.

Maurice Zundel, Le poème de la Sainte Liturgie, in esergo alla Vita di Gesù di Francois Mauriac, Mondadori, 1950.

sabato 10 ottobre 2020

Bruttezza stupenda

Leggendo il Diario di Julien Green (1935-1939) mi imbatto in questa sua considerazione sul dipinto di El Greco La resurrezione di Cristo (1597).

Alla mostra del Greco, a lungo guardato il quadro che rappresenta Cristo con la testa circondata da una losanga di luce. È un Cristo da visione e tal qual è fa quasi paura; i suoi capelli spartiti in mezzo alla fronte, lo sguardo un po' strabico dei suoi grandi occhi neri, il suo naso di sbieco, tutto me lo rende affascinante e inquietante insieme. È bello o brutto? Egli è bello di una bruttezza stupenda, e sotto i lineamenti irregolari c'è qualcosa di vero che mi turba.

Di che bellezza stiamo parlando? Non è un fatto solo fisico, ovviamente, né solo estetico ciò che osserva lo scrittore. Qui Green sta intercettando nel Cristo, attraverso l'arte, una bellezza ulteriore, una bellezza che turba, che spaventa, che deve pagare il prezzo anche della bruttezza, dell'imperfezione, per diventare più vera, più bella, bellezza perfetta, "stupenda bruttezza".


mercoledì 22 luglio 2020

Perché sei venuto a disturbarci?

Perché sei venuto a disturbarci?

Meravigliosa la domanda che il "grande inquisitore" pone a Cristo nel finale del primo libro dei Fratelli Karamazov, "uno dei vertici della letteratura universale, un capitolo d’una bellezza inestimabile" (S. Freud). 

Qual è questo disturbo? Cosa rimprovera davvero il cardinale inquisitore al Gesù tornato improvvisamente nella Spagna del Seicento, quando ogni giorno nel paese ardevano i roghi per la gloria di Dio?

La scandalo di Gesù Cristo, nel racconto immaginario creato dal genio di Dostoevskij, è la libertà, giacché nulla mai è stato per l'uomo e per la società umana più intollerabile della libertà!

Non c'è per l'uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al più presto a chi rimettere il dono della libertà con cui nasce questa infelice creatura. 

E che fa invece il Cristo? Che fece all'epoca della sua prima comparsa sulla terra? 

Invece di impadronirti della libertà degli uomini, Tu l'hai ancora accresciuta! Avevi forse dimenticato che la tranquillità e forse perfino la morte è all'uomo più cara della libera scelta fra il bene e il male? Nulla è per l'uomo più seducente che la libertà della sua coscienza, ma nulla anche è più tormentoso.

Ma per fortuna, prosegue il cardinale, andandotene, rimettesti la cosa nelle nostre mani. Per fortuna, abbiamo corretto l'opera Tua.

Perché se qualcuno più di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu. 



martedì 1 maggio 2018

Traditore


Ero stanco di veder ammazzare la gente. Da quattro anni non facevo altro che veder ammazzare la gente. Veder morire la gente è una cosa, vederla ammazzare è un'altra. Ti par d'essere dalla parte di chi ammazza, d'essere anche tu uno di quelli che ammazzano [...] In quei quattro anni di guerra non avevo mai sparato contro un uomo: né contro un uomo vivo, né contro un uomo morto. Ero rimasto cristiano. Rimaner cristiano, in quegli anni, voleva dir tradire. Esser cristiano voleva dire essere un traditore, poiché quella sudicia guerra non era una guerra contro gli uomini, ma contro Cristo. Da quattro anni vedevo torme d'uomini armati andar cercando Cristo, come il cacciatore va cercando la selvaggina. In Polonia, in Serbia, in Ukraina, in Romania, in Italia, per tutta l'Europa, da quattro anni, vedevo torme d'uomini pallidi andar frugando nelle case, nei cespugli, nei boschi, sui monti, nelle valli, per stanare Cristo, per ammazzarlo come un cane arrabbiato. Ma ero rimasto cristiano.

[...]

Laggiù, fin dove giungeva il mio sguardo, migliaia e migliaia di cadaveri coprivano la terra. Non sarebbero stati che carne marcia, quei morti, se non vi fosse stato tra loro qualcuno che si era sacrificato per gli altri, per salvare il mondo, perché tutti coloro, innocenti e colpevoli, vincitori e vinti, ch'eran sopravvissuti a quegli anni di lacrime e sangue, non dovessero vergognarsi d'essere uomini. V'era certo il cadavere di qualche Cristo, fra quelle migliaia e migliaia di uomini morti. Che cosa sarebbe avvenuto del mondo, di noi tutti, se fra tanti morti non vi fosse stato un Cristo?
"Che bisogno c'è di un altro Cristo?" disse Jimmy. "Cristo ha già salvato il mondo, una volta per sempre". "Oh, Jimmy, perché non vuoi capire che tutti quei morti sarebbero inutili, se non ci fosse un Cristo fra loro? Perché non vuoi capire che vi sono certamente migliaia e migliaia di Cristi farà tutti quei morti? Lo sai anche tu che non è vero che Cristo ha salvato il mondo una volta per sempre. Cristo è morto per insegnarci che ognuno di noi può diventar Cristo, che ogni uomo può salvare il mondo col proprio sacrificio. Anche Cristo sarebbe morto inutilmente, se ogni uomo non potesse diventar Cristo e salvare il mondo".

Curzio Malaparte, La pelle (1949). 

Il romanzo viene inserito dalla Congragazione del Sant'Uffizio nell'Indice dei libri proibiti per immoralità.

Il consiglio comunale di Napoli - il libro racconta la liberazione della città e la diffusione della peste, fisica e morale, tra la popolazione - vota all'unanimità il "bando morale a Curzio Malaparte dalla città".

Appena un cristiano vince - scrive ancora Malaparte - dimentica d'esser cristiano. È una vergogna vincere la guerra. Anche Cristo ha perso la guerra