Leggendo il Diario di Julien Green (1935-1939) mi imbatto in questa sua considerazione sul dipinto di El Greco La resurrezione di Cristo (1597).
Alla mostra del Greco, a lungo guardato il quadro che rappresenta Cristo con la testa circondata da una losanga di luce. È un Cristo da visione e tal qual è fa quasi paura; i suoi capelli spartiti in mezzo alla fronte, lo sguardo un po' strabico dei suoi grandi occhi neri, il suo naso di sbieco, tutto me lo rende affascinante e inquietante insieme. È bello o brutto? Egli è bello di una bruttezza stupenda, e sotto i lineamenti irregolari c'è qualcosa di vero che mi turba.
Di che bellezza stiamo parlando? Non è un fatto solo fisico, ovviamente, né solo estetico ciò che osserva lo scrittore. Qui Green sta intercettando nel Cristo, attraverso l'arte, una bellezza ulteriore, una bellezza che turba, che spaventa, che deve pagare il prezzo anche della bruttezza, dell'imperfezione, per diventare più vera, più bella, bellezza perfetta, "stupenda bruttezza".
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