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lunedì 18 novembre 2019

La degustazione del Cristo

"Una Chiesa viva trabocca della degustazione del Cristo [...] Nulla più del gustare comunica la conoscenza della grazia"

Mons. Aldo Del Monte, in L'umanità di Dio, sul senso divino o i sensi del divino.

Il tatto. "La piu grande gioia del prete è quella di riuscire a portare i propri fratelli a toccare con mano l'umanità di Dio".

L'udito, capace di prendere "il tono della voce della Parola". Ma "se in una Chiesa l'amore non è perfetto, quante stonature".

L'olfatto, capace di sentire il profumo della Chiesa, della santità, tanto che "la realtà del profumo è una delle principali visibilizzazioni del mistero".

La vista, o visus ecclesiale, il senso spirituale più attivo nella Chiesa. La capacità di sapere vedere il divino, cioè "l'infinita bellezza che dall'umanità di Dio si riflette sul corpo di Cristo, che è la Chiesa".

domenica 28 luglio 2013

La cathedra è il cuore



"Siamo riuniti un po’ in disparte, in questo posto preparato dal nostro fratello ..., per rimanere da soli e poter parlare da cuore a cuore".

Eccolo lo stile sorprendente di Papa Francesco, rivelato anche solo dallo stile dei suoi discorsi. Stile sorprendente perché evangelico, semplice come il Vangelo. Francesco è in Brasile nel suo primo viaggio pastorale, celebratissimo dai media nazionali e internazionali. Le folle lo accompagnano e lui si ferma "in disparte" a parlare con i vescovi brasiliani, come Gesù faceva con gli apostoli. Niente sa di cattedratico del suo discorso, niente di "formale", il Papa parla "da cuore a cuore", ma questo non scalfisce neanche per un'istante la sua autorevolezza. La sua cathedra è il suo cuore.

"Voglio abbracciare tutti e ciascuno" dice ai suoi fratelli vescovi, come ad ogni folla che incontra. E qui - mi si perdoni la sfrontatezza dell'accostamento - mi viene addirittura in mente la giovialità e la fisicità del giullare Roberto Benigni. "Godiamo di questo momento di riposo, di condivisione, di vera fraternità". Usa il verbo "godere" senza vergogna, questo Papa.

Francesco rievoca un episodio centrale della tradizione religiosa brasiliana - il ritrovamento in mare della statua di Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile, da parte di alcuni pescatori - per parlare dell'agire di Dio e della Chiesa. "C’è qualcosa di perenne da imparare su Dio e sulla Chiesa in Aparecida".

Il primo insegnamento è quello dell'umiltà, "che appartiene a Dio come tratto essenziale". L'umiltà "è nel DNA di Dio".

Il secondo insegnamento rivela il modo di agire di Dio: "Dio è sorpresa": anche quando "le acque sono profonde... nascondono sempre la possibilità di Dio". E poi: "Dio entra sempre nelle vesti della pochezza".

La statua della Madonna che i pescatori tirano su dal mare è senza testa. I pescatori gettano le reti di nuovo per recuperare la parte mancante. Il mistero si mostra sempre "incompleto", a "pezzi", in attesa della rivelazione della sua pienezza. E invece, "noi vogliamo vedere troppo in fretta il tutto e Dio invece si fa vedere pian piano".

Quindi il tema della semplicità. "La gente semplice ha sempre spazio per far albergare il mistero. Forse abbiamo ridotto il nostro parlare del mistero ad una spiegazione razionale; nella gente, invece, il mistero entra dal cuore. Nella casa dei poveri Dio trova sempre posto". E allora: "Dio chiede di essere messo al riparo nella parte più calda di noi stessi: il cuore". La Chiesa deve ricordare sempre che "non può allontanarsi dalla semplicità, altrimenti disimpara il linguaggio del Mistero e resta fuori dalla porta del Mistero". "Abbiamo disimparato la semplicità, importando dal di fuori anche una razionalità aliena alla nostra gente. Senza la grammatica della semplicità, la Chiesa si priva delle condizioni che rendono possibile pescare Dio nelle acque profonde del suo Mistero".

Pescata la statua, i pescatori la portano a casa e chiamano i vicini a vedere la bellezza trovata. "Solo la bellezza di Dio può attrarre. La via di Dio è l’incanto che attrae. Dio si fa portare a casa. Egli risveglia nell’uomo il desiderio di custodirlo nella propria vita, nella propria casa, nel proprio cuore. Egli risveglia in noi il desiderio di chiamare i vicini per far conoscere la sua bellezza. La missione nasce proprio da questo fascino divino, da questo stupore dell’incontro".

L'ultima lezione è sui luoghi della rivelazione di Dio. Aparecida è comparsa in un luogo di incrocio tra Rio e San Paolo. "Dio appare negli incroci" ricorda Francesco ai vescovi, alla Chiesa, ai cristiani amanti dei recinti e dei confini.

Dal ricordo dell'episodio di Aparecida il Papa passa alle domande: "Che cosa chiede Dio a noi?". Che cosa ci chiede, in questa che "non è un’epoca di cambiamento, ma è un cambiamento d’epoca".

Francesco ricorre ora all'immagine dei discepoli di Emmaus per descrivere la situazione di quanti - tanti - abbandonano o hanno abbandonato la Chiesa, per i motivi più disparati. Perché la Chiesa per loro non ha più risposte. Perché non cercano più risposte, né nella Chiesa né altro. "Di fronte a questa situazione che cosa fare?" si domanda Francesco.

E la prima risposta per me è bellissima, quasi sconvolgente: "Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione". Via da ogni autoreferenzialità, capaci di mettere in gioco le proprie certezze.

Di fronte ad un panorama di smarrimento, di solitudine, di abbandono e di dolore spesso anestetizzato, "serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte ...; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio...". Una Chiesa capace di "dare calore" e "riscaldare il cuore". Ma ne siamo ancora capaci? - domanda Francesco provocatoriamente.

"Serve una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore".

Ne siamo ancora capaci?


(foto da http://www.chiesacattolica.it/giovani/)

martedì 8 maggio 2012

La rete come luogo



Qualunque cosa legga o ascolti di Antonio Spadaro, mi colpisce sempre per l'intelligenza e la densità.

Nel breve testo di un'intervista rilasciata per un seminario sulla comunicazione promosso dai vescovi del Medio Oriente, esprime due concetti precisi e fondamentali.

Il primo. "La tecnologia è l’espressione della libertà dell’uomo: non è solo espressione della sua volontà di potenza sulla realtà, ma è anche la capacità dell’uomo – appunto – di relazionarsi in maniera libera nei confronti del mondo e di costruire il proprio futuro".

Una visione dunque creativa e relazionale della tecnologia, prima che moralistica o ideologica.

Il secondo concetto, più volte ribadito da Spadaro ma mai a sufficienza: la rete non è un mezzo di evangelizzazione; semmai è un luogo di evangelizzazione.

"Sì, la rete non è uno strumento, non è come un martello che si può utilizzare come un qualcosa di oggettivo, come appunto un oggetto; è, al contrario, un contesto, un contesto esperienziale, un ambiente di vita. Questo lo vediamo sempre di più: i giovani, soprattutto i cosiddetti “nativi digitali”, vivono la rete come un luogo dove esprimere la loro capacità di relazione, un luogo attraverso il quale conoscono il mondo, conoscono la realtà. Quindi la rete non è uno strumento, non può essere un mezzo neanche di evangelizzazione: semmai è un luogo di evangelizzazione. Per la Chiesa si tratta di incontrare gli uomini lì dove sono ed oggi gli uomini sono anche in rete e quindi la Chiesa è chiamata ad essere in rete".

Dirlo meglio non si può.




giovedì 24 marzo 2011

La fede è partenza


Il 24 marzo - giorno dell’assassino di monsignor Oscar Arnulfo Romero, in Salvador, nel 1980 - la Chiesa Italiana celebra la giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri e di quanti sono stati uccisi solo perché "incatenati a Cristo".

Per l'occasione il mio amico Simone ha scritto un bellissimo e commovente ricordo di don Andrea Santoro, ucciso il 5 febbraio del 2006 a Trabzon, in Turchia. La pallottola che gli raggiunse il cuore trapassò anche la sua Bibbia, che teneva sempre in mano.

Tra le parole più belle di don Andrea, che ebbi anch'io la fortuna di conoscere ad un ritiro spirituale, c'è questa per me: "La fede è partenza". E' la disponibilità a mettersi in gioco in ogni istante, in ogni età della vita (A 55 anni don Andrea lasciò Roma, dov'era parroco, per andare in Turchia).

E ancora: "Diciamo di credere in Dio, anche noi preti, ma poi non gli diamo spazio e tempo. Alla fine ci accorgiamo di credere solo in noi stessi".

A chi gli chiedeva - ma cosa fa lei in Turchia? - rispondeva così: "Ho intessuto piccoli quotidiani rapporti con i vicini di casa... Mi sono ricordato di Gesù che diceva: '...chi accoglie voi accoglie me...'... Ho imparato a voler bene, come segno fondamentale della presenza di Cristo, a voler bene gratuitamente senza nulla aspettarmi, a voler bene ad ogni persona così come è, come è vista ed amata da Dio".

Leggetela tutta, se potete.



sabato 22 novembre 2008

"Tolti questi, nessuno mi interessa"


Imperdibile su Cittanuova l'articolo di Giovanni Casoli dedicato a Paolo VI a 30 anni dalla sua morte, da cui estraggo queste due citazioni di Papa Montini clamorosamente belle.

«Quelli che sanno ciò che sia la bellezza e quelli che sanno ciò che sia il dolore: tolti questi, nessuno mi interessa»

Per dire la sua propensione alle profondità radicali - spiega Casoli. La consapevolezza che solo le altezze sono veramente abitabili, mentre le bassure soffocano. E ancora, a testimoniare la sua inesausta tensione a conoscere e capire il mondo esterno alla Chiesa, queste grandi parole del 1927 (!)

«Noi ignoriamo questo mondo che ci circonda, (...) lo ignoriamo perché non lo amiamo come si deve; non lo amiamo, perché semplicemente non amiamo».

Aggiungo una terza citazione, perchè anche questa troppo bella. Sono le parole che Casoli usa per raccontare il ruolo importante nella crescita del futuro papa svolto dai genitori, in particolare dal padre di Giovanni Montini, deputato immerso nella questione sociale e politica di inizio secolo. Scrive Casoli:

«Gli insegnò a non preferire mai la vita alle ragioni della vita»

Vorrei essere un padre così.




(La foto è presa dall'articolo di Cittanuova online)

giovedì 25 settembre 2008

Scherzi da preti



Lo so che la battuta è facile e scontata. Ma il nuovo segretario generale della Chiesa italiana che si chiama Crociata è troppo divertente. Chissà se ci hanno riso - pensandoci (ci hanno pensato?) - quelli che lo hanno nominato.








(Foto da Flickr/Puroticorico, creative commons)

lunedì 31 marzo 2008

Mi accorsi che era la Verità

"Vedi, io sono un'anima che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e sono stata attratta solo da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità".

Pochi giorni fa è morta Chiara Lubich, fondatrice del movimento religioso dei Focolari. La rivista del movimento, Città Nuova, le dedica ovviamente un numero monografico che inizio a leggere con il desiderio, e la certezza, di trovarvi qualcosa di grande e di bello. E infatti mi basta girare la pagina di copertina per trovare queste poche, semplici, splendide righe da una lettera di degli anni '40. "Semplicemente Chiara", come titola l'editoriale della redazione che apre il giornale: "il suo nome definiva al meglio la sua personalità, la sua vocazione, la sua missione".

Un buon "Osservatore"

Torno a complimentarmi con il nuovo corso dell' Osservatore Romano sotto la guida del direttore Giovanni Maria Vian e del vicedirettore Carlo Di Cicco. Venerdì 28 marzo editoriale di prima pagina sulla "Spe Salvi" a firma Aldo Schiavone, direttore dell'Istituto italiano di Scienze Umane. Ora, non solo l'articolo contiene insieme ad elogi anche dubbi e perplessità rispetto alle riflessioni contenute nell'enciclica (e già questo sa di incredibile), ma addirittura Schiavone si era distinto nelle settimane scorse per un editoriale durissimo su La Repubblica nei confronti della Chiesa e delle sue ingerenze ("Il pericolo dell'ondata neoguelfa"). Offrire a lui la prima pagina dell'Osservatore mi sembra un segno di libertà intellettuale e apertura mentale difficile da rintracciare su altre testate, e non solo cattoliche.

Nello stesso numero, a conferma di quanto detto, l'intera pagina 7 dedicata a 2 martiri sudamericani, il vescovo Oscar Romero - con un pezzo a firma di Mons. Vincenzo Paglia - e Marianela Garcìa-Villas, l'avvocata dei poveri - con articolo di Luigi Bettazzi, il vescovo più "comunista" d'Italia. Ancora, recentemente, un'altra prima pagina sul tema dell'acqua firmata niente meno che da Riccardo Petrella, uno che stava troppo a sinistra persino per il presidente rifondarolo della regione puglia Nichi Vendola. Ovviamente non mancano gli interventi di segno opposto, ma questo è più...normale.

mercoledì 12 marzo 2008

La Chiesa del profondo

"La vera Chiesa, la Chiesa del profondo, (...) è quella delle anime". Così l'altro ieri il cardinale Bagnasco nella sua prolusione al consiglio permanente della Cei, dinanzi agli altri vescovi (e ai media di tutto il Paese), a proposito delle ricerche sociologiche e delle rilevazioni demoscopiche che cercano di "misurare" la presenza e il peso della Chiesa nella società italiana. In realtà, mi pare di capire, si voleva replicare (ma era proprio necessario? la lingua batte dove il dente duole?) a quei sondaggi che nei mesi scorsi avevano messo in dubbio il gradimento degli italiani per l'istituzione-Chiesa. Ma la frase del Cardinale, che è una citazione del teologo Romano Guardini, a me piace in "misura" straordinaria.

Epperò un mio amico mi fa, a smontare la mia soddisfazione complessiva per il documento del presidente della Cei: "Ma il cardinale ha parlato di Gesù? Perchè di tutto il resto non me ne frega niente!". E allora ho fatto una cosa che non dovrebbe farsi, perchè usava farla Antonio Socci per dire che i vescovi "communisti" non parlano di Gesù ma dei "probblemi" della società. Ho contato quante volte ricorre la parola Gesù - ed altre - nel testo di Bagnasco. Ecco i risultati. A voi il giudizio:

Gesù: 3 volte
Cristo: 2
Dio: 8 (ma 2 volte per dire "popolo di Dio", che vale Chiesa...)
Chiesa: 19
Papa: 9
Benedetto XVI: 14
Santo Padre: 3
Spirito Santo: 3
Signore: 2
Lui: 2
Maria: 1

mercoledì 13 febbraio 2008

La notte anticipa l'alba

Ho finito di leggere questa sera "Notte della cultura europea", piccolo ma densissimo libro di cui ho gia parlato nel post del 5 febbraio.

Tanti - troppi - i passaggi notevoli da ricordare. Sulla frattura tra Vangelo e cultura, tra Cristianesimo e cultura, esplosa con l'umanesimo rinascimentale e il protestantesimo luterano e calvinista: «la fede è capita e sentita estrinseca alla ragione», «estarnea al pensiero e lentamente nemica di esso».

Sulla «forza tragica e l'originalità terribile dell'ateismo europeo»: «un ateismo di salvezza dell'uomo», che per essere finalmente se stesso deve eliminare dall'orizzonte (o almeno metterlo tra parantesi) qualsiasi dio. Perchè «non solo un dio come postulato dela ragione non ha senso, ma addirittura è sintomo di una malattia dell'uomo, psicologica e/o sociale». «La fine del dio è sentita come la nascita dell'uomo libero».

Sull'origine, lo sviluppo ma soprattutto l'approdo del nichilismo, che da «negazione dell'Assoluto» si fa «Negazione assoluta».

Sul «rischio della Chiesa di ricercare la perduta cristianità non in avanti, nello Spirito che fa nuove tutte le cose scompigliando di continuo gli orizzonti conosciuti, ma indietro in una presenza di sé nel sociale non nel grande realismo della profezia, ma nel piccolo realismo della politica».

Bellissime e cruciali le pagine sulla teologia da riscoprire come mistica, come esperienza finalmente trinitaria di Dio. Sulla differenza tra il nichilismo e il Non-Essere per Amore. Sulla «croce come evento culturale». Sul Gesù abbandonato come «paradigma unico per la comprensione del "lavoro" di Dio nell'oggi della cultura europea» («Gesù abbandonato è Dio che ci ha raggiunto nell'abisso del nostro niente»).

Tanto altro ancora contiene questo libro la cui originalità maggiore, alla fine, è forse quella di non rassegnarsi ad una visione pessimistica, tutta negativa e senza speranza della crisi culturale contemporanea. Osa dire, invece, l'autore, Giuseppe Maria Zanghì: «La crisi dell'oggi, nella luce dell'Abbandonato risorto, si apre su una speranza più grande». O usando le parole di Maria Zambrano: «Si potrebbe dunque credere che la nostra cultura stia morendo, soprattutto nel suo nucleo occidentale più antico, l'Europa. Ma potrebbe essere tutto il contrario, un'alba». «Qualcosa se ne è andato per sempre, adesso è questione di tornare a nascere».

martedì 5 febbraio 2008

Notte della cultura europea

Finalmente ho tra le mani e posso iniziare a leggere "Notte della cultura europea", il libro di Giuseppe Maria Zanghì che avevo trovato ottimamente recensito da Giovanni Casoli qualche tempo fa. Zanghì è il direttore della rivista culturale "Nuova Umanità", che fa riferimento al movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Il libro, pubblicato da Città Nuova, inaugura la collana Universitas, che intende suggerire la vocazione all'unità, all'integrazione, dei diversi saperi.

Il testo si presenta come un breve e denso saggio sulla crisi della cultura europea, denunciata in tutta la sua radicalità, ma si segnala subito per il taglio interpretativo originale, soprattutto in ambito culturale ecclesiale. Nessun rimpianto infatti per i bei tempi antichi, nessuna angoscia per il piano inclinato del "dove andremo a finire!". Ma il tentativo di dialogare con con questa cultura contemporanea tenendo in conto lo "specifico negativo di essa" ma anche - osa affermare l'autore - l' "ineludibile positivo", presente magari "in gestazione dolorosa, ma non per questo meno vero, e proteso su nuovi compimenti". La notte, cioè, non smette di essere notte, ma forse - citando Bulgakov - quest'oscurità "non è che un'ombra gettata da Colui che viene".

Una seconda idea forte e ugualmente originale intorno a questa notte della cultura europea contemporanea è la seguente. Con buona pace dei teorici dell'assedio della cristianità, "non dobbiamo pensare che la deriva atea o indifferentista della cultura europea contemporanea sia un fatto 'esterno' alla cultura cristiana: è qualche cosa che la tocca nel suo profondo, perchè ha in essa alcune delle sue radici". Detto con le parole di Giovanni Paolo II al V Simposio dei vescovi d'Europa (1982): "Le crisi dell'uomo europeo sono le crisi dell'uomo cristiano. Le crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana". "Queste prove, queste tentazioni e questo esito del dramma europeo non solo interpellano il cristianesimo e la Chiesa dal di fuori...ma in un certo senso vero sono interiori al cristianesimo e alla Chiesa".

La terza idea importante, infine, riguarda il concetto di cultura cristiana, che non può mai dirsi definita una volta per tutte, perché il Vangelo è il suo "orizzonte", "sempre ancora e di nuovo da raggiungere". Non può mai essere sistema chiuso, ideologia, perchè continuamente purificata e trascesa dall' "amore che cerca e parla per primo". "Si tratta allora, perchè si abbia cultura cristiana, di condurre il pensiero all'obbedienza a Cristo".

venerdì 4 gennaio 2008

Lasciarsi ferire

Su Jesus di questo mese, intervista molto bella a mons. Gianfranco Ravasi, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

Si parte dall'idea di "cultura", cosa debba interdersi con essa. "Dopo un lungo periodo razionalstico che pensava alla cultura solo come a un fenomeno accademico, adesso sempre più la si considera come una sorta di grande anima cosciente e coerente che attraversa tutto l'agire umano".

Si parla quindi del confronto tra fedi e culture, laici e cattolici, e della "sindrome dello scontro", aggravata dal fatto che "non è più uno scontro nobile e alto" ma è "quasi un gioco di società". "Oggi - nota Ravasi quasi con rimpianto rispetto al passato - per via della modesta temperie culturale in cui viviamo, lo scontro avviene sul piano dell'ironia, del sarcasmo, dello sberleffo da una parte; e dall'altra, con insorgenze altrettanto modeste di tipo fondamentalista-apologetico".

A proposito dell'ascolto dell'altro, Ravasi spiega: "Non è una cosa banale: ascoltare è un'attività che costa tanto quanto il parlare. Vuol dire non sceglersi l'interlocutore compiacente, vuol dire anche lasciarsi ferire dalle domande che vengono poste".

Quindi su San Paolo ed il rapporto con il mondo: "Se il cristianesimo non vuole essere una setta, deve riuscire a fare i conti con la cultura del proprio tempo". Mettendo "in conto il rischio dello scacco" e accorgendosi allo stesso tempo della "eccedenza del messaggio cristiano", "eccedenza della fede". Contro i sincretismi ma soprattutto "contro i sistemi di pensiero omnicomprensivi, anche quelli che difendono Dio". "La fede è sempre un di più, molto di più".

Infine, sul modello di Chiesa "non monolitica e non anarchica, ma vivente". "Il modello cristiano - dice - è quello della molteplicità, della diversità nell'unità. Nessuno può dire: questo è l'unico, vero cristiano. Il cristianesimo nasce nella sua ecclesialità, nel suo essere tutti partecipi, pronti a prendere dall'altro gli aspetti positivi, in una continua osmosi. Per questo non bisogna avere mai disprezzo di qualsiasi tipo di esperienza ecclesiale. Però bisogna condannarla quando diventa integralista, arrogante, autosufficiente e pretende di affermare di essere l'unica".

Ce n'è per molti.



(Foto da Flickr, creative commons, a paphia, Drawing Pins)

martedì 4 dicembre 2007

Perché tu ci vuoi così bene?

Qualche tempo fa ho partecipato a Grottaferrata ad un incontro di formatori di Azione cattolica. Vi portai una mia testimonianza sui gruppi di Marco Guzzi, che frequento da più di 2 anni, e assistetti ad un bel confronto sulle esperienze di catechesi con i giovani e con le coppie prossime al matrimonio. Ho ripreso gli appunti di allora e mi ritrovo segnata questa frase - "Perché tu ci vuoi così bene?" - che è la splendida domanda che una catechista si è sentita rivolgere da una delle sue ragazze. Non riesco ad immaginare un modo migliore per iniziare ma anche per finire qualsiasi percorso di catechesi.

Altri appunti sparsi sulla preparazione delle coppie prossime al matrimonio, dalle testimonianze dei diversi formatori. "Il nostro corso non è obbligatorio". "Il legame di amicizia è quello che rimane". "Ad alcuni ho consigliato di rimandare la cresima a dopo il matrimonio(si può fare...)". "Ho accompagnato due coppie all'annullamento". "Qualche coppia ha rinunciato a sposarsi (detto come risultato positivo)". E poi: "Farli parlare, lasciarli raccontare di sé". "Accogliere la loro situazione reale, consentirgli di essere sinceri". "Scoprono per la prima volta di far parte della Chiesa". "Con i conviventi si lavora meglio, sono più consapevoli di quello che vogliono, hanno meno illusioni..."

venerdì 23 novembre 2007

La fame non è negoziabile

"La lotta alla fame tra i principi non negoziabili". Così titola l'editoriale di prima pagine di Avvenire di oggi, a firma Fulvio Scaglione. Che fa da spalla all'apertura grande del quotidiano, con foto, "Scandalo fame". Il Papa incontra i partecipanti alla 34^ Conferenza generale della Fao e chiede di "raddoppiare gli sforzi affinché ogni persona riceva il pane quotidiano". Perchè ogni persona - sintetizza l'Osservatore Romano - ha il diritto ad essere libera dalla fame. "Mai più fame", si legge alla fine del discorso del Papa.

Ora registro 2 cose. La prima, positiva, è che finalmente leggo nero su bianco su Avvenire che anche la fame è tra i principi non negoziabili. Certo, si dirà, l'ha detto Avvenire, non espressamente il Papa. Ma il concetto è quello, e ci accontentiamo ben volentieri. La seconda, negativa, è che non solo nessuno si ricorderà, nel dibattito sui "non negaziabili", di questa svolta 'culturale'. Ma soprattutto nessun giornale ha riportato la notizia della Fao non dico in prima pagina, nemmeno all'interno. Tranne, ovviamente, Avvenire e Osservatore.