"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
Visualizzazione post con etichetta lettera. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta lettera. Mostra tutti i post
venerdì 19 ottobre 2012
Nostro figlio
Nei giorni scorsi a Marianella, un quartiere di Napoli al confine con Scampia, è stato ucciso "Lino", Pasquale Romano, un ragazzo di 30 anni. Era sotto casa della sua fidanzata e stava andando a giocare a calcetto con gli amici. La Camorra lo ha scambiato per un altro e lo ha ammazzato - "per sbaglio" - crivellandolo con 14 proiettili.
Nelle ore e nei giorni terribili di dolore, i suoi genitori, Giuseppe e Rita, hanno scritto una lettera straziante indirizzata al ministro dell'Interno, pubblicata oggi dai giornali e rilanciata da molti sulla Rete. Voglio dare anch'io il mio contributo perché il testo è di una forza, una dignità, una bellezza inaudite, e merita di essere diffuso e ricordato.
“Signor ministro dell’Interno, chi le scrive non ha più un futuro. Siamo i genitori di Pasquale Romano, ucciso lunedì scorso mentre con i suoi trent’anni, che tali rimarranno per sempre nella nostra memoria, con i suoi progetti per il futuro, con la sua voglia di vivere, usciva da casa della sua fidanzata, per andare a giocare a calcetto.
Nostro figlio era una persona normale, per noi genitori sicuramente speciale. Aveva un lavoro. Aveva progetti. Voleva avere una famiglia tutta sua, da costruire con le sue forze. E, invece, la sua vita gli è stata strappata sulla pubblica via. Al confine con Scampia, in un quartiere che non appartiene più alla comunità del nostro Stato, ma che è irrimediabilmente perduto. Consegnato a chi avvelena migliaia di giovani, uccidendoli giorno dopo giorno, lasciato in mano a chi, di fatto, ha in mano la vita di noi tutti, decidendo se dobbiamo vivere o morire. Hanno ucciso nostro figlio. Da quella sera nel nostro cammino non c’è più un orizzonte, e se ci voltiamo indietro non vediamo più l’orma dei nostri passi.
Signor Ministro, le chiediamo perché. Le chiediamo com’è possibile perdere così la vita in questo modo. Le chiediamo perché, in questo posto maledetto, si continua a uccidere e a uccidere ancora innocenti, che muoiono perché escono di casa, vanno a prendere i figli a scuola, tornano dalla spesa o si affacciano da un balcone. Che senso ha morire così? Che senso ha morire a trent’anni? Che senso può avere la nostra disperazione di genitori a cui è stato strappato dal cuore un figlio, solo perché si ostinano a dire che era «nel posto sbagliato al momento sbagliato»? Nostro figlio, invece, era al posto giusto al momento giusto.
Ella può ancora garantire alle persone di avere il diritto a vivere e di muoversi per strada senza guardarsi intorno e senza preoccuparsi delle ombre? Non le pesa tutto questo? Ella è a conoscenza del fatto che sono già più di seicento le persone uccise per «sbaglio» (un termine orribile) dalla criminalità? Questa crudele lista dovrà continuare ancora? Abbiamo perso un figlio. E non ci sono parole per definire il senso del dolore che proviamo da poche ore ma che ci sembra davvero antico. Le chiediamo giustizia. E una sicurezza che qui non esiste ancora, e che forse non è mai esistita. Le chiediamo ancora di provvedere affinché tutto questo non abbia a ripetersi mai più. Signor Ministro, non esiste nella nostra lingua, e nemmeno nelle altre, alcun termine per definire chi perde un figlio. Una condizione che non è stata mai immaginata, ma che a Scampia è invece all’ordine del giorno”.
Anche Rosanna, la fidanzata di Lino, ha parlato. E anche lei ha detto parole incredibili, riportate da Massimo Gramellini su La Stampa: «Non bisogna avere paura dei camorristi. Sono loro che devono avere paura di noi. Noi dobbiamo continuare a uscire per la strada a testa alta. Sono loro che si devono nascondere. Noi siamo di più».
Noi siamo di più. Figli, madri e padri. Fratelli, amici, fidanzati. Sposi futuri, presenti o passati. Persone normali eppure per qualcuno sicuramente speciali. Al posto giusto al momento giusto. Malgrado tutto. A testa alta.
Una preghiera e un grazie per Lino, Rosanna, Giuseppe e Rita.
mercoledì 11 luglio 2012
Anna Carissima
33 anni fa, l'11 luglio del 1979, veniva barbaramente ucciso Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana.
Pochi anni prima, nel 1975, accettato da pochi mesi l'incarico che lo avrebbe portato alla morte, già consapevole dei rischi cui sarebbe andato incontro, scrive questa bellissima lettera testamento alla moglie Anna, che andrebbe appesa nei corridoi delle scuole italiane, e negli uffici della pubblica amministrazione.
Una lettera che parla del senso del dovere, del senso di giustizia, del senso 'trascendente' della famiglia (meglio di molti discorsi sulla famiglia che siamo abituati a sentire), dell'educazione dei figli, dell'amore tra un marito e una moglie.
Anna carissima,
è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. atto che ovviamente non soddisfarà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese.
Ricordi i giorni dell'Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.
I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [...]. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa.
Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro. Francesca dovrà essere più forte, più dura, più pronta ma è una dolcissima bambina e crescerà benone. Filippo – che mi è carissimo perché forse è quello con il carattere più difficile e simile al mio -, dovrà essere più morbido, meno freddo ma sono certo che diventerà un ottimo ragazzo e andrà benone nella scuola e nella vita. Umberto non darà problemi: ha un carattere tale ed è così sveglio che non potrà che crescere bene. Sarà per te una vita dura ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi [...].
Giorgio
Molti fortunatamente in queste stanno ricordando la figura di Giorgio Ambrosoli, almeno sul web. Per ricostruire la sua vicenda, segnalo questa puntata de "La Storia siamo noi" di Minoli, e questa intervista televisiva di Mario Calabresi al figlio Umberto, nel programma "Hotel Patria" (la si trova qui, a partire da 1:24.00).
Dal film "Un eroe borghese"
Iscriviti a:
Post (Atom)