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venerdì 8 aprile 2011

Straziante bellezza del creato


- iiiih, e che so' quelle?
- quelle sono... sono le nuvole!
- e che so' ste nuvole?
- bah!
- quanto so' belle, quanto so' belle!
- ah, straziante meravigliosa bellezza del creato


E' il finale del film "Che cosa sono le nuvole", di Pier Paolo Pasolini, con Totò (Jago) e Ninetto Davoli (Otello), Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Laura Betti e Domenico Modugno. Terzo episodio del film Capriccio all'italiana (1967)

C'è in quest'ultima sequenza, e nell'ultima battuta in particolare, affidata a Totò, così tanto della poetica di Pasolini che ho tanto amato: straziante meravigliosa bellezza del creato! Estrema brutalità dell'esistenza (la scena si svolge in una discarica) ed estrema commovente ingenuità, innocenza (che so' quelle? quanto so' belle!)

E poi c'è la canzone, così bella, struggente, cantata da Domunico Modugno e scritta dallo stesso Pasolini: Che io possa esser dannato / Se non ti amo (...) Ahh tu non fossi mai nata / Tutto il mio folle amore / Lo soffia il cielo (...)

Fino al sublime:

Il derubato che sorride / Ruba qualcosa al ladro
Ma il derubato che piange / Ruba qualcosa a se stesso
Perciò io vi dico / Finché sorriderò / Tu non sarai perduta

Non riesco a smettere di ascoltarla.


(vedi la canzone e il dialogo finale)







domenica 28 febbraio 2010

Allegro seme


"Pazzo è colui che si rifiuta di cantare"

E' un verso da una delle tante canzoni contenute nel Signore degli Anelli (La Compagnia dell'Anello), una canzone "da bagno", la preferita da Bilbo Baggins. A cantarla è Pipino, in occasione del bagno serale, appena arrivati nella casa di Frodo nella Terra di Buck.

Gli Hobbit, questi personaggi semplici e quasi ingenui così simili agli uomini, creati dalla fantasia di Tolkien, accompagnano con il canto tutte le fasi e le avventure della loro vita, quelle tristi e quelle felici, quelle pericolose e quelle conviviali (per il ruolo della musica leggi qui). Scrive Tolkien:

"Il canto sgorgava naturalmente dalle loro labbra, quasi fosse più semplice e naturale cantare che parlare"

A me viene spontaneo un paragone che a molti apparirà forse blasfemo. Il paragone è con i Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, i giovani poveri disgraziati e delinquenti ragazzi del popolo che pure - come gli hobbit - "a un certo punto del racconto sentono il bisogno di cantare, pieni di gratitudine verso la vita" (C. Varese).

Un "canto popolare", come dice la poesia omonima da Le Ceneri di Gramsci, incomprensibile in mezzo a ignari tuguri eppure carico di misteriosa speranza anzi dura certezza d'imminente riscossa.

Ragazzo del popolo che canti,
qui a Rebibbia sulla misera riva
dell'Aniene la nuova canzonetta, vanti
è vero, cantando, l'antica, la festiva,
leggerezza dei semplici. Ma quale

dura certezza tu sollevi insieme

d'imminente riscossa, in mezzo a ignari
tuguri e grattacieli, allegro seme
in cuore al triste mondo popolare?