Dolenti e luminose, nel racconto di Kent Haruf che rappresenta il suo romanzo postumo, Our Souls at Night (2015). Una storia d'amore improbabile, inaspettata e contestata, che vede protagonisti due anziani vedovi della contea immaginaria di Holt, Addie e Louis.
L'inizio è folgorante nella sua disinvolta immediatezza.
E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Waters. Era una sera di maggio, appena prima che facesse buio [...] Posso entrare a parlarti di una cosa? [...] Una specie di proposta [...] Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me. - Cosa? In che senso? - Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me, la notte. E parlare.
[...] Non parlo di sesso [...] No, non intendo questo [...] Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?
Le notti sono la cosa peggiore. Ma non c'è da aver paura, se hai qualcuno accanto che ti tiene la mano. Se hai qualcuno con cui parlare.
Che cosa vuoi sapere? Da dove vieni. Dove sei cresciuta. Com'eri da ragazza. Com'erano i tuoi genitori. Che rapporti hai con tuo figlio. Come mai ti sei trasferita a Holt. Chi sono i tuoi amici. In cosa credi. Ci divertiremo un sacco a parlare, eh? Disse lei. Anch'io voglio sapere tutto di te. Non abbiamo fretta, disse lui. No, prendiamoci il tempo che ci serve.
Le pagine di Kent Haruf sono piene del dolore quotidiano del mondo, senza sconti per nessuno, ma grazie alla sua scrittura (questo è forse il segreto della sua semplicità) ogni personaggio, compreso il lettore, è come fosse accompagnato, quasi accarezzato da uno sguardo pietoso, compassionevole.
Marco Missiroli nella quarta di copertina parla di questo sguardo come del "dio timido di Haruf, che sta sopra le sue creature, ma che non disdegna di barcollare con loro, e di innamorarsi. Così la sua meccanica celeste avvolge noi tutti, minuscoli e sensibili, rifacendoci sentire parte di una salvezza".
Tu non hai paura di morire? Chiede a un certo punto Addie a Louis. - Meno di prima. Sono arrivato a credere in qualche tipo di vita dopo la morte. Un ritorno alla nostra vera essenza, un'essenza spirituale. Abitiamo in questo corpo fisico finché non torniamo allo spirito.
- Io non so se credo a queste cose, disse Addie. Magari hai ragione tu. Lo spero.
- Vedremo, giusto? Non ancora, però.
- No, non ancora, rispose Addie. Amo questo mondo fisico. Amo questa vita insieme a te. E il vento e la campagna. Il cortile, la ghiaia sul vialetto. L'erba. Le notti fresche. Stare a letto al buio a parlare con te.
A rendere speciale il mondo di Haruf - cito da RAI Cultura - è la qualità dei rapporti umani che lui rappresenta: nelle sue storie i destini individuali s’intrecciano in modi spesso imprevedibili e i legami di amicizia spesso surclassano quelli familiari. C’è il male nei suoi libri, ci sono genitori incapaci di prendersi cura dei figli, ci sono figli che impongono ai vecchi genitori il loro modo di vedere le cose, ci sono bulli di ogni età, c’è la malattia, c’è la morte ma s’intravede anche una traccia di paradiso in terra e questa compare ogni volta che tra le persone s’istaurano relazioni autentiche.