Giurate di non aiutare i partigiani? In fila sul sagrato della Chiesa, davanti al plotone dei soldati tedeschi occupanti, tutta la gente del paese risponde di sì, anche il prete, che pure era il sospettato numero uno.
Tutti tranne lei, Giovanna detta Vannella, la figlia del medico fascista del paese. Unica tra donne, vecchi e bambini mezzi morti di paura, rifiuta la solenne pagliacciata di giurar di non aiutare i partigiani, gli "schifosi della montagna". E riceve in cambio, dall'ufficiale tedesco, uno sputo in faccia.
D'accordo, sì, d'accordo, cos'è un po' di saliva rispetto al mare di sangue che ricopre la terra? Ma la guerra non è solo la catastrofe delle tante morti: è violazione della dignità morale dell'uomo.
Vannella è terrorizzata, ma davanti al comandante tedesco non parla e non giura. Quale potere di provocazione ha il suo silenzio. "Eppure ho visto Dio nel battere atterrito delle ciglia, in quel modo furtivo vergognoso, di asciugarsi la guancia contro la spalla. Dio in una forma che non sapevo. Come un uccello piccolo, il più piccolo e debole. Non l'aquila di Zeus. Forse non la potenza paurosa di Dio, bensì la debolezza del Divino riesce intollerabile a un mondo come questo".
In tutto il romanzo di Elena Bono (Come un fiume come un sogno), Vannella non pronuncia una parola, ma ne è la protagonista silenziosa. Non parla e quasi non compare, si nasconde, ma comunica con la sua "bellezza", la forza interiore di chi assume con determinazione cosciente il ruolo della vittima.
Sputacchiata da un ufficiale tedesco, sorvegliata come soccorritrice dei partigiani e infine deportata in campo di concentramento, la ragazza è - poeticamente - la figura dell'angelo (visiting angel) di cui parlano Eliot e Montale: creatura testimone (e martire) di quell'amore che supera ogni limite umano e apre la dimensione dell'Oltre, testimone di un altro ordine e di un'altra natura.
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