Lungamente travolto dai marosi,
tu sia sbattuto contro Salmidesso,
nudo, di notte, mentre in noi fa quiete.
E spossato, con ansia della riva
tu rimanga a ciglio del frangente,
nel freddo, stringendo i denti,
come un cane, riverso sulla bocca;
e il flusso continuo dell'acque
ti copra fitto d'alghe.
Così ti prendano i Traci, che in alto
annodate portano le chiome,
e con loro tu nutra molti mali
mangiando il pane dello schiavo.
Questo vorrei vedere che tu soffra,
tu che m'eri amico un tempo
e poi mi camminasti sopra il cuore.
(Archiloco, All'amico d'un tempo)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
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