lunedì 10 maggio 2010

Credere alle favole


Leggere le fiabe fa bene (a chi le ascolta e a chi le legge).

Ne sono ancora più convinto dopo aver letto il bel libro di Massimo Diana La saggezza delle fiabe, edito per le Paoline, nella collana Crocevia. “Le fiabe raccontano la nostra storia – dice l’autore nell’introduzione - non parlano d’altro che degli eterni e universali conflitti che ciascuno di noi incontra nel divenire se stesso”. E ancora, le fiabe raccontano “quel percorso – una sorta di viaggio tra prove e pericoli – che ogni uomo o donna è chiamato a compiere per raggiungere la propria maturità o età adulta”. Perchè “tutti, secondo le fiabe, siamo potenzialmente degli eroi”.

Insomma, le fiabe non ci insegnano nulla di nuovo, se non quello che avevamo dimenticato di sapere.

Che la nostra vita, la vita di tutti, è un'avventura. Che nell’esistenza di ciascuno, malgrado regni spesso la confusione e il non senso, c’è invece una meta, un compito preciso. Che questa meta è una maggiore realizzazione umana (diventare noi stessi), una maggiore integrazione, spesso simboleggiata dalle nozze, da leggersi con Jung come coniunctio oppositorum.

Ancora. Le fiabe ci ricordano che questo compito, il compito della nostra realizzazione umana, che pure preme dentro di noi anche inconsciamente, è opera ardua. La coniunctio, la maturità, le nozze sono sempre un’impresa eroica e grandiosa. Ed il percorso è sempre costellato di ostacoli (draghi, streghe ma anche fratelli…). E la strada che dobbiamo fare è sempre quella verso un altro mondo (l’altra parte di noi, quella che normalmente tendiamo a non ascoltare).

Infine, e non è cosa da poco, per riuscire nel processo, nel viaggio - che conosce sempre fasi di buio pesto - bisogna credere che l'impossibile possa realizzarsi, bisogna credere alle intuizioni del cuore. Questa è una condizione imprescindibile, altrimenti il viaggio finisce prima di iniziare. E’ questa fiducia nell’impossibile che mette in moto l’eroe. E l’impossibile si manifesta attraverso le vie più bizzarre, contrarie alle evidenze del mondo. La salvezza si manifesta nei panni di un gatto con gli stivali!

Ed è così che le fiabe ci parlano della nostra vita quotidiana, della vita di tutti. Raccontandoci verità così profonde che non posson esser dette per concetti, ma solo per immagini, storie, emozioni (come fanno la poesia, il mito, la saga). Tale è, per eccellenza, il linguaggio delle fiabe – ha spiegato Massimo Diana nella presentazione del libro cui ho potuto partecipare. Un linguaggio due volte arcaico, perchè appartiene "al mondo dell'infanzia e all’infanzia del mondo" (l’epoca dell’oralità). C’è qualcosa nelle fiabe – ha spiegato - del potere curativo, performativo del sogno, dell’efficacia che viene riconosciuta al sogno dalla psicanalisi. “Le fiabe sono efficaci perchè vere e vere perchè efficaci”.


(nella foto, il gatto con gli stivali nell'immaginazione degli autori del film di animazione Shrek)



1 commento:

Maria ha detto...

E' vero, leggere le fiabe fa bene, e io le rileggo sempre con grande piacere, non solo per i bambini, ma anche per me stessa. Riprendere fra le mani un libro di favole mi fa ritornare bambina, rivivere il mondo del mistero, della fantasia, delle paure, rimane sempre una esperianza fantastica! Ma leggere la rivisitazione di Cappuccetto rosso dello psicanalista Erich Fromm nel suo saggio "Il linguaggio dimenticato" è ancora più esaltante. Lo so, sono libri da studiare come i saggi di Eric Berne che citavo nel post precedente, ma che ti fanno crescere e maturare...anche se ho la mia età... quasi veneranda...ciao Maria