Da Uscire dal mondo, di Edoardo Albinati (Rizzoli, 2022):
Le cose straordinarie avvengono ogni giorno, solo che ci siamo abituati e così i nostri occhi non se ne accorgono più.
Diamo per scontato quasi tutto: vedere, toccare, camminare, pensare, cos'hanno di speciale? Proprio niente, in apparenza. Non ci bastano. Per cui vorremmo poter volare o respirare sott'acqua.
Lo zoppo che torna a camminare, il morto che riprende a vivere: questi li chiamiamo miracoli, e solo un essere straordinario come Gesù riesce a compierli. Mentre ai nostri occhi non hanno nulla di portentoso i campi coperti di fiori, le risate tra amici, due sposi che fanno l'amore, un cane mentre salta una staccionata, l'alito ghiacciato davanti alla bocca d'inverno, un gelato che si squaglia in fretta, lo scoiattolo con una ghianda tra le zampe. Nessuno definirebbe questi dei miracoli - sono cose normali della vita. Magari belle, o piacevoli, o sorprendenti, ma certo non miracoli.
Una barca che galleggia non sembra affatto un miracolo. Ma se quella barca all'improvviso andasse a fondo? Se il respiro ci si strozzasse in gola dell'aria fosse diventata solida? Se di colpo i nostri occhi si spegnessero e il mondo diventasse buio - qualcuno si renderebbe conto che quello che accadeva fino a un istante prima non era affatto normale, anzi era straordinario? In verità, è per un soffio che siamo vivi, che riusciamo a stare in piedi, che la casa non ci crolla in testa, che gli organi del corpo pulsano, pompano, si aprono e si chiudono...
Il mondo intero si tiene insieme per miracolo. Non ha proprio niente di solido, il mondo, potrebbe scomparire dall'oggi al domani, e questo in effetti accadrà, un giorno, anche se non sappiamo quale giorno. La sua precarietà è esattamente la nostra.
Voglio dirvi solo questo: che stamattina, alle sei e mezzo, mi hanno telefonato per avvisarmi che un caro amico, un mio vecchio compagno di scuola, durante la notte era morto, d'infarto. Non era malato, e aveva solo quarantasei anni. Ora non c'è più. Ieri sera cenava insieme alla moglie e commentava con lei quello che dicevano in televisione - sapete, le chiacchiere che si fanno guardando i notiziari. Ha parlato e riso insieme a lei. Era di buon umore. E stamattina non c'è più. Dunque, quella cena di ieri sera, quelle parole, il telegiornale, insomma, una qualsiasi serata in casa, erano in realtà degli eventi straordinari, che non si ripeteranno mai più. Quella zuppa di verdura, non ne verrà mai servita una più buona. Il miracolo è dunque la mosca che cammina sull'orlo del bicchiere di vino, adesso, con le sue zampine, microscopica, un essere perfetto, quasi inesistente eppure pieno di vita, un acrobata in bilico sull'orlo del bicchiere, e non si tratta di un tema buono solo per i poeti o le anime delicate capaci di osservare i piccoli dettagli della vita, no, non sto dicendo mica di inginocchiarvi davanti a qualsiasi insignificante particolare perché il mondo è meraviglioso e la vita è meravigliosa, ma no, non credo affatto questo, anzi, la vita può essere terribile, e il mondo un posto infernale [...]
Sto cercando invece di capire insieme a voi come tutto è imprevedibile, e che viviamo dentro una bolla di sapone, e il Signore viene di notte come un ladro quindi ogni momento della vita sarà perfettamente distinto da tutti gli altri e unico. Questo e nient'altro che questo è il miracolo, cioè la prossimità di ciascun attimo di esistenza alla non-esistenza. Ogni scintilla di vita scaturisce dalla non-vita [...]
Essere vivi ed essere morti sono due condizioni così prossime... Ci vuol niente per ritrovarsi da una parte o dall'altra. Ma dov'è dunque il miracolo, dov'è il miracolo vero? Non era forse nel semplice fatto che Lazzaro fosse vivo, un istante prima di morire? Che respirasse, bevesse, mangiasse, come beviamo e mangiamo noialtri? Che fosse un giorno venuto al mondo? Non sta forse nella sua vita prima della morte, il miracolo, più ancora che nel suo ritorno in vita?
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