Ancora un preziosissimo saggio di Antonio Spadaro sulla poesia e l’ispirazione poetica, da cui impariamo (o ribadiamo) almeno 3 cose fondamentali.
1. La poesia, l’ispirazione, non è pura emozione, né puro sentimento, né pura astrazione, ma vera e propria forma di conoscenza “ulteriore” (cioè, che va oltre) del mondo.
Con le parole del poeta polacco Adam Zagajewski, l’ispirazione “è un certo stato mentale, eccezionale e straordinario”, che ci permette di “scrutare il mondo attentamente e ardentemente”.
2. La poesia non è solo malinconia, “abisso della notte”, ma anche gioia, “alba del mondo”.
L’intuizione, cioè, spinge il poeta verso una conoscenza più profonda e radicale di se stesso e della realtà, collocandolo sull’orlo dell’abisso della sua origine, del suo inizio, del suo destino. Se così non fosse, l’esperienza poetica diverrebbe un gioco fatuo, una combinazione di parole e figure, un passatempo. Ma l’esplorazione dell’abisso non finisce necessariamente in un baratro. Il “viaggio al termine della notte” (Celine) può condurre all’ “alba del mondo” (Pareyson)
3. L’ispirazione è decisione, non è solo intuizione: “una scelta di abisso”
Il poeta, cioè, può in qualche modo scegliere a quale abisso abbandonarsi. La poesia può essere testimone di una scelta tra due visioni della realtà e dell’esistenza, tra due modi di sentire la vita e l’essere stesso.
Scriveva Gerard Manley Hopkins (1844-1889) in Carrion Comfort (Conforto della carogna)
No, non farò banchetto di te, Disperazione, conforto da carogne (…)
Né stremato griderò: non posso più. Io posso
Posso qualcosa, spero, desidero che il giorno venga, non scelgo il non essere
1. La poesia, l’ispirazione, non è pura emozione, né puro sentimento, né pura astrazione, ma vera e propria forma di conoscenza “ulteriore” (cioè, che va oltre) del mondo.
Con le parole del poeta polacco Adam Zagajewski, l’ispirazione “è un certo stato mentale, eccezionale e straordinario”, che ci permette di “scrutare il mondo attentamente e ardentemente”.
2. La poesia non è solo malinconia, “abisso della notte”, ma anche gioia, “alba del mondo”.
L’intuizione, cioè, spinge il poeta verso una conoscenza più profonda e radicale di se stesso e della realtà, collocandolo sull’orlo dell’abisso della sua origine, del suo inizio, del suo destino. Se così non fosse, l’esperienza poetica diverrebbe un gioco fatuo, una combinazione di parole e figure, un passatempo. Ma l’esplorazione dell’abisso non finisce necessariamente in un baratro. Il “viaggio al termine della notte” (Celine) può condurre all’ “alba del mondo” (Pareyson)
3. L’ispirazione è decisione, non è solo intuizione: “una scelta di abisso”
Il poeta, cioè, può in qualche modo scegliere a quale abisso abbandonarsi. La poesia può essere testimone di una scelta tra due visioni della realtà e dell’esistenza, tra due modi di sentire la vita e l’essere stesso.
Scriveva Gerard Manley Hopkins (1844-1889) in Carrion Comfort (Conforto della carogna)
No, non farò banchetto di te, Disperazione, conforto da carogne (…)
Né stremato griderò: non posso più. Io posso
Posso qualcosa, spero, desidero che il giorno venga, non scelgo il non essere
(I can / Can something, hope, wish day come, not choose not to be)
Giunto cioè all’estremo grido – I can no more – sull’orlo dell’abisso, il poeta oppone alla disperazione l’incrollabile potere che gli resta: I can. Io posso sperare, io posso desiderare, io posso essere.
Giunto cioè all’estremo grido – I can no more – sull’orlo dell’abisso, il poeta oppone alla disperazione l’incrollabile potere che gli resta: I can. Io posso sperare, io posso desiderare, io posso essere.
1 commento:
mi piace molto questo post...sei riuscito a suscitare il mio interesse su un tema che sento tanto distante.
Complimenti per la tua capacità...
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