Così semplice era tutto: chiudere gli occhi e guardare. Inizia con questo verso di una bellezza folgorante - "un verso tra i massimi del Novecento" - la raccolta poetica di Elena Bono che trovo recensita sul n.20 di Città Nuova da Giovanni Casoli (Elena Bono, Opera omnia, Le Mani, Genova-Recco, pp.448, euro 20.00). La casa editrice è pressoché sconosciuta ma è quella di sempre - annota Casoli - come sempre "andando incontro a un destino di incomprensione pari alla sua grandezza", per aver "perseguito con ascetica dedizione la congiunzione assoluta di etica ed estetica". Qui il virgolettato è del critico Elio Gionaola, che ha sritto l'introduzione al volume. Ma chi è Elena Bono? "La più grande scrittrice vivente", la definisce lo stesso Giovanni Casoli nella sua antologia del ‘900 e di lei scrive Stas’ Gawronski per RAI libro: "La più grande scrittrice italiana del dopoguerra", aggiungendo anche, "ma sono in pochi a saperlo". Personalmente, la prima cosa che leggo di lei, oggi ottantaseienne, scrittrice di romanzi e di opere teatrali, è questo verso d'apertura, che mi ha convinto ad ordinare subito il libro. Ma altri versi citati nella recensione di Casoli fanno tremare i polsi, come questi dedicati ai resistenti antifascisti e antinazisti:
Nessun te l'ha detto
che un animo da re ci vuole
per entrare negli alti
palazzi della morte,
non da qualunque porta
alla rinfusa gettati
ma dalla grande entrata
a testa dritta
graziosamente
recando le ferite come fiori in dono
mentre il Signore si affretta all'incontro
giù per la scalea aprendo le braccia.
Nessuno te l'ha detto,
ragazzo di campagna.
Ma così tu sei entrato.
O ancora, sulla solitudine feconda: Il cuore più solitario di tutti/ a tutti appartiene. Sul tema della morte, infine, sul morire quotidiano, con radicalità evangelica e giocosità francescana: Canto quel tutto che s'acquista/ tutto perdendo. Non vedo l'ora che arrivi il libro per perdermi nella sua lettura.
2 commenti:
Peccato che la poesia sia così elitaria. Destinata a pochi. Incomprensibile ai più.
Questa poesia o la poesia in generale? Cosa c'è di elitario in un verso come quello che intitola il post? Oppure nell'incipit della Divina Commedia: "Nel mezzo del cammin di nostra vita..."?
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