"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
giovedì 26 aprile 2012
Per fare qualunque cosa
La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.
(Charles Bukowski)
Con la postilla, che questa semplicità è un punto di arrivo, è una conquista. Ogni volta, e fino all'ultimo giorno.
(immagine da Wikipedia)
martedì 24 aprile 2012
Se non sono vicino a me stesso
La comunicazione con Dio può aver luogo soltanto se siamo in grado di comunicare con noi stessi.
Sto leggendo "La cura dell'anima" di Anselm Grun, "L'esperienza di Dio tra fede e psicologia": approfondita intervista al noto monaco benedettino tedesco pubblicata nell'edizione italiana nella colonna Crocevia delle Paoline.
Se non sono vicino a me stesso, come posso essere vicino a Dio? - scrive Grun, che cita Cipriano di Cartagine: "Come puoi pretendere che Dio ti ascolti se tu per primo non ascolti te stesso?" E aggiunge: la conoscenza di noi stessi non ha nulla a che fare con l'egoismo, ma serve a farci incontrare Dio con tutto ciò che c'è dentro di noi.
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martedì 27 marzo 2012
Nel midollo
L'oro di Cristo
nel midollo
di una spiga di grano.
Non riesco a togliermi dalla testa questa poesia di Andrea Salvatici, scritti ad Assisi nel 1999 e dedicati a Mario Luzi.
Andrea Salvatici la ripropone nel suo blog, di cui qui già parlai, e una sua lettrice commenta:
"Penso al vento che fa ondeggiare il sole tra le spighe di grano, penso all'amore di Cristo come vento tra le spighe di grano che sono gli uomini".
Io non so dire né commentare e allora taccio, lasciandomi macinare da questi versi.
(Foto da flickr/creativecommons/bluecobalto)
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venerdì 23 marzo 2012
Stupida felicità
Eccola, la stupida felicitá
Con le finestre bianche sul giardino!
Sullo stagno come un cigno rosso
Nuota il quieto tramonto
Salute, dorato silenzio,
Con l'ombra di betulla sull'acqua!
Uno stormo di cornacchie sul tetto
Officia il vespro alla stella.
Timidamente oltre il giardino,
Lá, dove fiorisce il viburno,
Una tenera fanciulla in bianco
Canta una tenera canzone.
Come una tonaca azzurra si stende
Dal campo il fresco della notte...
Stupida, cara felicitá,
Fresco rosato delle guance!
(1918)
Sergej A. Esenin, Poesie e poemetti (BUR), traduzione di Eridano Bazzarelli.
Di questo poeta avevo già trascritto questi altri versi bellissimi, dove ritorna, tra l'altro, l'immagine meravigliosa del tramonto riflesso nell'acqua, qui come cigno rosso che nuota nella stagno, lì come papavero scarlatto che guazza sul vetro del lago.
mercoledì 21 marzo 2012
Il mare è la storia

Dove sono i vostri monumenti, le battaglie, i martiri?
Dov'è la vostra memoria tribale? Signori,
in quella volta grigia. Il mare. Il mare
li ha racchiusi. Il mare é la Storia
Derek Walcott, premio Nobel nel 1992, è chiamato "l'Omero dei Caraibi", perché di quelle isole ha narrato le vicende epiche traendone ispirazione per la sua opera, i drammi e le poesie. La sua opera più famosa si intitola proprio “Oméros”, e celebra il Paese dei Caraibi, la sua terra, la gente e il mare.
“Non ho mai separato la poesia dalla preghiera. Ho sempre creduto che scrivere versi sia una vocazione, non diversa da quella religiosa”.
(foto da Flickr, creative commons, Renzo Ferrante)
lunedì 19 marzo 2012
Portami ancora per mano

Oggi è il giorno del papà, la festa del 'solo avventuriero al mondo', direbbe Charles Peguy.
I bambini portano a casa i lavoretti preparati a scuola, recitano le poesie imparate a memoria. Peccato che le insegnanti sembrano aver rinunciato ad insegnare loro i classici della nostra tradizione poetico-letteraria - in quest'occasione come nelle altre festività - e propongano ai bambini delle filastrocche insulse, spesso anche sgrammaticate, inventate da chi non si sa.
Se così deve essere, meglio che i bambini se le scrivano da sé. Così ha fatto Elisa, in terza elementare, che mi ha portato un cartoncino con su scritte queste parole:
Papà è il mio cuore. Papà è il mio nome.
Lui è la luce di ogni giorno e di ogni amore.
Tu sei la mia vita, tu sei il mio amore.
Papà tu sei il mio amore.
Orgoglio e commozione a parte, mi ha colpito l'intuizione del secondo 'verso': il padre come luce alla base (cioè alla radice) di ogni giorno e di ogni amore. Mi ha colpito perché l'avevo appena trovata nei versi una poetessa oggi novantenne, Maria Luisa Spaziani, che dedicavo in cuor mio a mia moglie e al suo papà.
La poesia di Maria Luisa Spaziani fa così:
Papà, radice e luce, portami ancora per mano
nell’ottobre dorato del primo giorno di scuola.
Le rondini partivano, strillavano:
fra cinquant’anni ci ricorderai.
(Foto da flickr, creative commons, Wind&Wuthering)
venerdì 24 febbraio 2012
In sella
"La prosa è lo scudiero..., la poesia è il cavaliere"
(Derek Walcott)
(Foto da Flickr/creativecommons/spotter_nl)
martedì 21 febbraio 2012
Apprendistato a disimparare
Tra tutte le strade che portano a Dio, o Oltre-Dio, quella della negazione, del paradosso, dell'annullamento, della dimenticanza di sè, si rivela spesso la più feconda, non solo dal punto di vista spirituale, ma anche artistico, poetico.
E' la strada, terribile e impareggiabile, del Nada Y Todo di San Giovanni della Croce, ripreso mirabilmente nel Novecento da Thomas Stearns Eliot (il secondo dei Quattro Quartetti).
Una strada che mi pare attraversare anche la poesia di Fernando Pessoa, sotto forma provocatoria di "apprendistato a disimparare", svuotamento (o programmatica rinuncia) del significato delle cose.
Ne è un esempio la poesia: Oltre-Dio. Con la prima sezione intitolata: Abisso.
Guardo il Tago, in modo tale
Da scordarmi di guardare,
E ad un tratto ciò mi porta
Incontro al vaneggiamento –
Che cos’è esser fiume e scorrere?
E che significa il vederlo?
D’improvviso sento poco,
Vuoto, il momento, il luogo.
Tutto d’improvviso è vacuo –
Persino il mio pensare.
Tutto – io e il mondo attorno –
Diventa molto più estraneo.
L’essere, lo stare, perde tutto
E svanisce dal pensiero.
Non posso più collegare
L’essere, l’idea, l’anima di un nome
A me, alla terra o al cielo…
E a un tratto trovo Dio.
(foto da wikipedia/fernandopessoa)
giovedì 16 febbraio 2012
Come una spada
Libere associazioni sulla bellezza.
La bellezza ci può trafiggere come un dolore (Thomas Mann).
E anche a te una spada trafiggerà l'anima (Luca 2,35).
La sua bellezza m'era caduta addosso come una spada (Derek Walkott).
Non sono venuto a portare la pace ma la spada (Matteo 10,34).
(Foto da Flickr/Roberto Trm)
martedì 7 febbraio 2012
Quando spunterà l'alba
«La vita che mi hai ridato/ ora te la rendo/ nel canto».
Con ritardo di qualche giorno, nel ventennale della sua morte, voglio ricordare anch'io qui David Maria Turoldo, cui sono debitore come moltissimi per la testimonianza e l'eredità poetica e spirituale, umana e culturale.
«Padre David ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla tutti i giorni». Sono parole del critico letterario Carlo Bo, richiamate dal cardinale Gianfranco Ravasi il 6 febbraio, in un suo intervento sul quotidiano Avvenire. Aggiungendo da parte sua: "Per decenni Turoldo ha cantato, attuando inconsciamente un motto della tradizione giudaica mistica che invitava il fedele a «un canto ogni giorno, a un canto per ogni giorno».
Turoldo morì per un tumore al pancreas nel 1992 (Ieri all'ora nona mi dissero:/ il Drago è certo, insediato nel centro /del ventre come un re sul suo trono). Il rapporto drammatico tra fede e dubbio: Dio e il Nulla, Presenza e Assenza, Parola e Silenzio; non cerca facili conciliazioni ma trova espressione sovente nella forma del paradosso.
No, credere a Pasqua non e’
giusta fede:
troppo bello sei a Pasqua!
Fede vera
e’ al Venerdi’ Santo
quando Tu non c’eri
lassu’.
Quando non una eco
risponde
al suo grido
e a stento il Nulla
da’ forma
alla Tua assenza.
L'unica soluzione, l'unica "restituzione" possibile, fino alla fine, è quella offerta dal "canto": La vita che mi hai ridato/ ora te la rendo/ nel canto. E' la sigla autobiografica dei sui "Canti ultimi", scritti nel 1991 prima di morire.
Non so quando spunterà l'alba
non so quando potrò
camminare per le vie del tuo paradiso
non so quando i sensi
finiranno di gemere
e il cuore sopporterà la luce.
E la mente (oh, la mente!)
già ubriaca, sarà
finalmente calma
e lucida:
e potrò vederti in volto
senza arrossire.
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