martedì 27 marzo 2012

Nel midollo


L'oro di Cristo
nel midollo
di una spiga di grano.

Non riesco a togliermi dalla testa questa poesia di Andrea Salvatici, scritti ad Assisi nel 1999 e dedicati a Mario Luzi.

Andrea Salvatici la ripropone nel suo blog, di cui qui già parlai, e una sua lettrice commenta:

"Penso al vento che fa ondeggiare il sole tra le spighe di grano, penso all'amore di Cristo come vento tra le spighe di grano che sono gli uomini".


Io non so dire né commentare e allora taccio, lasciandomi macinare da questi versi.




(Foto da flickr/creativecommons/bluecobalto)








venerdì 23 marzo 2012

Stupida felicità


Eccola, la stupida felicitá
Con le finestre bianche sul giardino!
Sullo stagno come un cigno rosso
Nuota il quieto tramonto

Salute, dorato silenzio,
Con l'ombra di betulla sull'acqua!
Uno stormo di cornacchie sul tetto
Officia il vespro alla stella.

Timidamente oltre il giardino,
Lá, dove fiorisce il viburno,
Una tenera fanciulla in bianco
Canta una tenera canzone.

Come una tonaca azzurra si stende
Dal campo il fresco della notte...
Stupida, cara felicitá,
Fresco rosato delle guance!

(1918)

Sergej A. Esenin, Poesie e poemetti (BUR), traduzione di Eridano Bazzarelli.

Di questo poeta avevo già trascritto questi altri versi bellissimi, dove ritorna, tra l'altro, l'immagine meravigliosa del tramonto riflesso nell'acqua, qui come cigno rosso che nuota nella stagno, lì come papavero scarlatto che guazza sul vetro del lago.



mercoledì 21 marzo 2012

Il mare è la storia


Dove sono i vostri monumenti, le battaglie, i martiri? 
Dov'è la vostra memoria tribale? Signori, 
in quella volta grigia. Il mare. Il mare 
li ha racchiusi. Il mare é la Storia

Derek Walcott, premio Nobel nel 1992, è chiamato "l'Omero dei Caraibi", perché di quelle isole ha narrato le vicende epiche traendone ispirazione per la sua opera, i drammi e le poesie. La sua opera più famosa si intitola proprio “Oméros”, e celebra il Paese dei Caraibi, la sua terra, la gente e il mare.

Non ho mai separato la poesia dalla preghiera. Ho sempre creduto che scrivere versi sia una vocazione, non diversa da quella religiosa”.


(foto da Flickr, creative commons, Renzo Ferrante)



lunedì 19 marzo 2012

Portami ancora per mano


Oggi è il giorno del papà, la festa del 'solo avventuriero al mondo', direbbe Charles Peguy.

I bambini portano a casa i lavoretti preparati a scuola, recitano le poesie imparate a memoria. Peccato che le insegnanti sembrano aver rinunciato ad insegnare loro i classici della nostra tradizione poetico-letteraria - in quest'occasione come nelle altre festività - e propongano ai bambini delle filastrocche insulse, spesso anche sgrammaticate, inventate da chi non si sa.

Se così deve essere, meglio che i bambini se le scrivano da sé. Così ha fatto Elisa, in terza elementare, che mi ha portato un cartoncino con su scritte queste parole:

Papà è il mio cuore. Papà è il mio nome. 
Lui è la luce di ogni giorno e di ogni amore. 
Tu sei la mia vita, tu sei il mio amore. 
Papà tu sei il mio amore.

Orgoglio e commozione a parte, mi ha colpito l'intuizione del secondo 'verso': il padre come luce alla base (cioè alla radice) di ogni giorno e di ogni amore. Mi ha colpito perché l'avevo appena trovata nei versi una poetessa oggi novantenne, Maria Luisa Spaziani, che dedicavo in cuor mio a mia moglie e al suo papà.

La poesia di Maria Luisa Spaziani fa così:

Papà, radice e luce, portami ancora per mano
nell’ottobre dorato del primo giorno di scuola. 
Le rondini partivano, strillavano: 
fra cinquant’anni ci ricorderai.





(Foto da flickr, creative commons, Wind&Wuthering