giovedì 27 dicembre 2012

Vedere è già di per sé un atto creativo


Mi imbatto oggi per caso in questo meraviglioso testo di Henri Matisse sull'arte e la creatività, raccolto da Régine Pernoud per Le Courrier de l’Unesco del 1953, e ripubblicato dalla rivista Tracce nel febbraio del 2011.

"Guardare la vita con gli occhi di un bambino" è il significativo titolo di questo discorso, che andrebbe letto, gustato e meditato con calma, ma di cui voglio qui fermare alcune frasi e alcuni concetti estremamente suggestivi ed evocativi.

Henri Matisse è uno degli artisti più grandi del '900, il rappresentante più noto del "fauvismo", il movimento pittorico che contribuisce in Francia alla nascita dell’espressionismo, costituendone una variante «mediterranea» e solare. La vivezza coloristica, che è il vero tratto caratteristico di questo movimento, esprime un’autentica «gioia di vivere» che resterà costante in tutta la produzione del pittore francese.

Ecco dunque alcune frasi dal testo di Matisse:

"Per un artista la creazione comincia dalla visione. Vedere è già di per sé un atto creativo, che esige uno sforzo". 

"L’artista (...) è tenuto a vedere tutte le cose come se le guardasse per la prima volta: occorre vedere tutta la vita come se fossimo bambini". 

"Penso che nulla sia più difficile per un vero pittore che dipingere una rosa, perché per dipingerla deve dimenticare tutte le rose che ha dipinto prima". 

"Occorre un grande amore, capace di ispirare e sostenere questo sforzo continuo verso la verità, questa generosità assoluta e questo profondo spogliamento che implica la genesi di ogni opera d’arte. Ma l’amore non è forse all’origine di tutta la creazione?"


(L'immagine: lo studio di Matisse a Nizza, 1941)





mercoledì 12 dicembre 2012

E' bello essere qui con voi


Dear friends, I am pleased to get in touch with you through Twitter. Thank you for your generous response. I bless all of you from my heart.

Firmato: Benedetto XVI.

E' il primo tweet del Papa. Atteso da settimane da tutti i media. Preceduto dall'apertura di un profilo ufficiale su Twitter che ha suscitato come prevedibile - nella Rete e altrove - mille polemiche, ironie, ingiurie, dubbi e curiosità.

Ad alcune di queste obiezioni ha risposto anche oggi padre Antonio Spadaro, tra i più convinti sostenitori di questa iniziativa, direttore di Civiltà Cattolica e punta più avanzata della riflessione ecclesiale sulla "intelligenza della fede al tempo della Rete".

Ma torno al tweet del Papa.

Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore.

Alla vigilia avevo giocato con gli amici a immaginare quale messaggio il Papa avrebbe scelto per avviare la sua presenza su questo social network. Anche tra noi ha prevalso l'ironia, ma in cuor mio avevo provato a rispondere con serietà a questa domanda: se fossi tu il Papa, cosa scriveresti nel tuo primo tweet? Che poi è diventata: quali parole vorresti sentirti dire dal Papa?

Ecco, lo confesso con un certo imbarazzo ed emozione. Io avevo sperato di leggere esattamente queste parole. Non subito citazioni della Scrittura né messaggi morali o spirituali. Ma qualcosa tipo: è bello essere qui con voi, sono contento di incontrarvi. Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi. Ma ancora più bello in inglese, più fisico, più carnale: I am pleased to get in touch with you. Mi fa piacere (!) entrare in contatto con voi. E vi benedico tutti di cuore, anzi, dal mio cuore: from my heart.

L'umanità prima di tutto. La bellezza dell'incontro. La gioia di stare insieme. La gratitudine per la presenza dell'altro (Thank you for your generous response). Per i cristiani è la logica, la prassi dell'Incarnazione, dunque prassi eminentemente spirituale. Del resto, quasi ogni parola umana di questo saluto è intessuta, almeno per me, di rimandi spirituali e scritturali.

"Vi ho chiamato amici" (Gv 15,15). "E' bello per noi essere qui" (Mt 17,4). "Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito" (GV 11,41).