lunedì 28 settembre 2009

La fiaba suprema


Me l’ero ripromesso e l’ho fatto. Quest’estate in una fiera di libri a Dobbiaco ho comprato i tre volumi del Signore degli Anelli (edizioni Bompani, a soli 6 euro l’uno, un affare…) e ieri ho finito di leggere il primo: La Compagnia dell'Anello, 518 pagine.

Sono di quelli che hanno scoperto molto tardi il fascino di questa opera, grazie alla trilogia cinematografica di Peter Jackson. Questo mi ha fortunatamente tagliato fuori da tutta la stucchevole querelle “politica” sul Tolkien “di destra”, i “campi hobbit” e compagnia bella, regalandomi invece una lettura accompagnata dalle immagini, i volti, le scene e le suggestioni del film del regista olandese. Normalmente si dice male dei film tratti dai libri, in questo caso non è così, almeno per me. Ho trovato una felice corrispondenza tra i passaggi fondamentali del libro e quelli del film.

Ma in cosa consiste questo fascino? Il Signore degli Anelli – rimproveravano i critici all'autore – è un’opera staccata dalla realtà, un’evasione, una fiaba, non racconta le cose presenti. John Ronald Reuel Tolkien rispondeva che le cose presenti sono transitorie, mentre le fiabe parlano di cose permanenti: non di lampadine elettriche ma di fulmini. “Autore o amatore di fiabe è colui che non si fa servo delle cose presenti. Esiste una fiaba suprema, che non è una sottocreazione, come altre, ma il compimento della creazione, il cui rifiuto conduce alla furia o alla tristezza: la vicenda evangelica, in cui storia e leggenda si fondono”.

Come il Vangelo, “la fiaba suprema”, il Signore degli Anelli è una fiaba - un'epopea - anche divertente in molti passaggi, ma terribilmente seria, in cui cioè senti che è in gioco la vita, la tua vita: non è una favola romantica, né una rievocazione del mondo passato, è la battaglia perenne e dunque sempre presente del Bene contro il Male, del Bello contro il Brutto – fuori di noi e soprattutto dentro di noi – senza tregua e senza mediazioni. “Ci vuol poco – dice Elémire Zolla nell’introduzione al volume – a capire che egli sta parlando di ciò che tutti affrontiamo quotidianamente negli spazi immutevoli che dividono la decisione dal gesto, il dubbio dalla risoluzione, la tentazione dalla caduta o dalla salvezza”.

La forza di questa narrazione sprigiona dagli abissi delle possibilità che apre alla libertà dell’uomo, nel bene e nel male. “L’unico grande mito – scrive nella prefazione Quirino Principe – l’unico mito nuovo e autentico e originale, fondato su archetipi assoluti, che la vastissima e variegata letteratura occidentale del XX secolo abbia creato”.


(L'immagine è presa dal sito: www.reelmovienews.com)




mercoledì 23 settembre 2009

In the name of Google


Some questions can't be answered by google..

E' una scritta che sta girando in diverse Chiese d'America e non solo: Non a tutte le domande si può trovare risposta su Google.

Mio cugino Gaetano, che è stato in vacanza in Canada, l'ha letta sulla parete della Mennonites Church in Ontario. Un'altra compare all'ingresso di una Chiesa Battista, a Sellwood, in Oregon.

Queste scritte, fotografate, girano molto sul web, dove gli utenti commentano volentieri divertiti. Dice uno: I doubt church can answer anything more than Google (dubito che la Chiesa possa dare qualche risposta in più rispetto a Google) . Un altro sospetta si tratti di una manovra della concorrenza: These people prefer Yahoo for web searches? (questa gente preferisce Yahho per le ricerche?). C'è chi confida in Wikipedia e chi invece sostiene che in fondo è Dio a muovere Google: I thought Google was run by God!

Forse è solo marketing religioso, per giunta un po' naif, ma mi viene da apprezzare comunque lo soforzo di creatività...





(Foto da Flickr, Mykl Roventine)


martedì 15 settembre 2009

Buon appetito


Mangiare i tortellini con la prospettiva della vita eterna, rende migliori anche i tortellini, più che mangiarli con la prospettiva di finire nel nulla

E' una delle battute più vere e divertenti di Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, cardinale "conservatore" secondo la vulgata. Di lui ho letto con gusto, e consiglio, Contro Mastro Ciliegia, commento "teologico" alle Avventure di Pinocchio (Jaka Book).


(Foto da Flickr/scottfeldstein)


mercoledì 9 settembre 2009

Adesso


E' necessario che ciascuno abbia un luogo in cui la vita è possibile adesso.

Ancora Luca Doninelli, sul Giornale di oggi, commenta un numero della rivista Communitas dedicato al sucidio e al male di vivere, con il titolo significativo La Malaombra.

Si parla di apocalisse culturale, di frattura profonda : E' urgente - scrive Aldo Bonomi, direttore della rivista - costruire luoghi ove chi ha nostalgia, chi ha paura, chi ha difficoltà, possa raccontare e reaccontarsi.

Mi viene in mente un libro che ho letto e che consiglio: Il pensiero che ascolta. Come uscire dalla crisi, di Maurice Bellet, prete, filosofo e psicanalista francese.


(Foto da Flickr/piccadillywilson)



martedì 8 settembre 2009

Al centro dell'essere


«Il battesimo non è ... la tessera per entrare a far parte di un’associazione: è il segno dell’appartenenza di noi uomini (anche i non battezzati) a Chi ci fa».

Luca Doninelli sul Giornale dedica un breve articolo al fascino che gli antichi monasteri ancora esercitano sugli uomini di oggi - turisti, villeggianti, famiglie con bambini - che visitando quei posti, magari solo per un pic-nic nei prati contigui, trovano un lampo incosapevole di felicità: «E allora eccoli lì, tutti a godere di quella pace, di quella serenità, di quell’aria buona di cui in fondo non sanno nulla se non che c’è».

Ma la vita monastica cos'è? «Non è un metodo particolare per seguire Cristo, ma nel corpo della Chiesa essa è un segno paradigmatico di quella dedizione totale a Lui che è propria di ogni battezzato».

Così anche il battesimo, non prefigura uno stile di vita particolare quanto «la nostalgia per un bene che ci appartiene come il più importante dei diritti. Molti hanno (o pensano di avere) perduto questo bene, altri non l’hanno mai conosciuto. Il fascino dei monasteri ci dice però che esso non è perduto, e che il suo cuore continua a pulsare al centro dell’essere».


(Foto da Flickr/Reinante El Pintor de Fuego)

mercoledì 2 settembre 2009

Nemmeno il mondo intero


Rientro al lavoro dalle vacanze, impegni incombenti, problemi irrisolti, progetti abozzati, preoccupazioni, la crisi economica, gli affetti difficili, la febbre suina, i figli dai nonni, le 10 domande, le minacce di Feltrusconi, ...

Spengo tutto, per un istante solo. E sento il bene che mi fa la lettura di questa semplice frase di Søren Kierkegaard:

Nulla di finito, nemmeno l'intero mondo, può soddisfare l'animo umano che sente il bisogno dell'eterno



(Foto da Flickr/woodleywonderworks)