lunedì 5 ottobre 2020

Giardinieri di parole

99 etimologie che ci parlano di noi, di Andrea Marcolongo (Mondadori, 2019).

A fine lettura ne scelgo 3 che sento particolarmente vicine. 

Il sostantivo migrante e il verbo migrare, che discendono dalla radice indoeuropea *mei-/*moi-, col significato originario di scambiare, mutare. Da qui il latino migrare da cui a sua volta discendono le parole munus (incarico, dono) e communis (comune). Migrazione dunque come scambio, dono e mutamento. Anche nella lingua, che se cambia, anzi muta, è perché è viva, e vivi sono coloro che la parlano. 

Passione e pazienza, che etimologicamente parlando sono quasi sinonimi, anche se spesso fatichiamo ad accettarlo. Dal verbo greco pàscho, che significa allo stesso tempo soffrire e provare, ecco il latino patior, dal cui participio passato passus discende il sostantivo passio (al genitivo passionis), da cui la nostra parola passione.  Che non esiste senza pazienza, senza capacità di patire, di stare nella sofferenza, nel turbamento, attendendo che passi, per il tempo necessario. Ogni passione richiede tempo. E ci vuole pazienza (e una certa dose di fatica) per vivere appieno una passione. E tanta tenacia. 

La parola Nord, che nell'antichità indicava ciò che è nefasto, ciò che sta sotto, ciò che è inferiore. Il Nord è infatti a sinistra, come punto cardinale, rispetto al sorgere del sole, e ciò che è sinistro è considerato inferiore rispetto a ciò che è destro, ad esempio la mano. Dalla sinistra, secondo gli antichi, arrivavano i cattivi auspici quando da Nord, interrogando il cielo, muovevano gli uccelli. Il greco antico nérteros, da cui deriva la voce germanica norde (tedesco Norden, inglese North) , significava ciò che sta sotto, inferi compresi. Curioso che Nederland siano chiamati i Paesi Bassi, perché etimologicamente inferiori rispetto al livello del mare. 

Aggiungo una parola la cui etimologia mi ha particolarmente sorpreso. Margherita, prima di diventare la pizza per antonomasia  (in onore, pare, di Margherita di Savoia), prima soprattutto di diventare il fiore del m'ama non m'ama, etimologicamente valeva perla (il greco margarites) che risplende. Ci sono riunite insieme, sorprendentemente, due radici indoeuropee: *mar-, da cui discende perla, e *gar-, che significa splendore (in greco maràsso, io brillo). Quando Gesù ammonirà, nel Vangelo, di non gettare le perle ai porci, per non sprecare inutilmente le parole preziose, il testo latino dirà: neque mittatis margaritas vestras ante porcos (Matteo 7,6).

Infine 3 citazioni tra le tante contenute nel libro:

Le parole, la grammatica, la sintassi sono uno scalpello che scolpisce il pensiero

(Elena Ferrante, Invenzione occasionale)

Nominare in maniera corretta le cose è un modo per tantare di diminuire la sofferenza e il disordine che ci sono nel mondo. 

(Camus

Io per me, sapendo che la chiarezza è il primo debito di uno scrittore, non ho mai lodata l'avarizia de' segni, e vedo che sapesse volte una virgola ben messa, dà luce a tutt'un periodo. 

(Giacomo Leopardi, lettera a Pietro Giordani, 1820)

Ultima citazione, della stessa autrice, Andrea Marcolongo:

Le cose non sono come le vedi, sono come le chiami. 

La cura delle parole - continua la linguista - non è altro che cura verso noi stessi e verso chi ci è accanto. La scelta di articolare il nostro dire perché consapevoli del suo valore - e del suo potere - trasforma ogni essere umano in un giardiniere prima dei suoi pensieri e poi delle sue azioni. Più saranno numerose le parole a nostra disposizione per chiamare per nome la realtà, più saranno numerosi i fiori e gli alberi che renderanno accogliente e seducente il nostro intimo parco [...] È il linguaggio a fornire ossigeno alla nostra presenza dignitosa nel mondo. Ogni parola in meno corrisponde a un fiore in meno. Ogni mistificazione, a una pianta infestante. Ogni calunnia, a un rovo.

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