venerdì 18 settembre 2020

La felicità all'improvviso

Dopo Leviatan, letto il primo dei tre Diari (Journal) di Julien Green, contenente le sue annotazioni personali dal 1928 al 1934.

Il volume, di circa 200 pagine, veniva pubblicato nel 1946 in Italia da Arnoldo Mosca Mondadori, nella collana Arianna, dedicata al "filo" (illustrato anche in copertina) della memoria.

Nella prefazione, il traduttore Libero de Libero scrive che Green si aggira nelle sue pagine "nei dintorni di Emmaus", come nell'episodio evangelico, per quel suo racconto faticoso e lento ma "fecondo di rivelazioni".

Ci sono nei Vangeli - si legge nel Diario - molte parole oscure e quello che noi capiamo di quei libri, quello che capiamo con tutto il cuore, si riduce probabilmente a qualche versetto. Ma io credo pure che alcune chiese ritenute eterne dovranno scomparire e farsi dimenticare prima che tutte le parole di Cristo trovino il loro compimento.. 

Le rivelazioni di Green, improvvise, riguardano molte volte e sorprendentemente l'esperienza della felicità: il nostro non può dirsi certo, infatti, un autore allegro o spensierato. 

Sono felice, ma in un modo inesprimibile

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Mi sentivo così felice che ne ridevo da solo, a letto. 

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Non si racconta la felicità, ma ci sono momenti in cui essa s'insedia in noi, senza ragione apparente, nel cuore d'una malattia, o durante una passeggiata attraverso i prati, o in una stanza buia in cui ci si annoia; d'improvviso ci si sente assurdamente felici, felici da morire, allo scopo di prolungare all'infinito quell'istante straordinario. 

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All'improvviso ho sentito la presenza indescrivibile della felicità

Eppure non sono certo anni felici quelli vissuti e raccontati nel Diario. Ricorrente è il pensiero cupo e presago sulle sorti dell'Europa negli anni a venire.

1931. La visita di M. m'ha depresso. Secondo lui, il mondo è vicino alla fine, che dico, noi già scivoliamo nell'abisso (...) Se la guerra non si farà, s'incaricherà la rivoluzione di annientarci. Tutto sta per crollare. La Germania si butterà forse in una guerra senza speranza, per una specie di suicidio...

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1934. Nell'Europa del 1934 l'assassinio chiama l'assassinio con una forza irresistibile. Fin dove si può arrivare senza che la guerra scoppi? 

Ricorrente è il tema della morte, legato a quello della memoria

Morire...vuol dire lasciar per sempre il mondo del ricordo e la morte mi si presenta prima d'ogni altra cosa come una perdita assoluta e definitiva della nostra memoria. 

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Quando penso a tutta la parte della mia vita che è già scomparsa interamente dalla mia memoria, tremo come si trattasse d'una morte parziale dell'esser mio. 

Ma la morte può essere anche, sorprendentemente, una specie di liberazione

Come dire la bellezza del mondo? Ci sono giorni in cui ne sono oppresso come da un peso enorme. Sotto tutti gli aspetti, essa mi rapisce. Un tempo, né partivo così vivamente che la morte mi appariva (orribile a dirsi) come una specie di liberazione dalla gioia...

O ancora, la morte è il più bello dei paesi lontani. 

Anche la verità è una rivelazione, quasi impossibile, in un tempo così oscuro. 

Diventa impossibile, dopo aver abusato a lungo delle parole, far dire ad esse la verità.

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Tutto mi pare vano e falso, salvo alcuni dipinti, qualche pagina di musica e qualche poesia.

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Tutto è altrove. Nulla è vero se non il dondolarsi d'un ramo nel cielo.
 
La rivelazione della verità è l'amore.

Nel caos di illusioni in cui siamo cacciati, una sola cosa rimane vera: l'amore. Il resto è nulla.

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Spesso, pensando alla morte, mi dico che sarà come un risveglio. Ci sarà qualcuno che mi dirà: "Ebbene, hai visto cos'era? Che ne pensi? Non valeva la pena d'aver paura" . E m'interrogheranno come s'interroga un viaggiatore. Ma io non mi ricorderò che dell'amore.

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