Famoso al grande pubblico, forse, sopratutto per la trasposizione cinematografica delle vicende di Peppone e Don Camillo, sono i racconti familiari raccolti nello Zibaldino (1948) e nel Corrierino delle famiglie (1954) a presentare il quadro completo dei suoi personaggi semplici, paesani e popolari oggi scomparsi nel mutato contesto storico-sociale, ma "perfettamente reviviscenti nella luce della verità artistica". Personaggi orgogliosamente e umoristicamente "comuni", come rivendica lo stesso Giovanni Guareschi nella sua premessa-manifesto:
Perché vi parlo sempre di me? Perché da anni ed anni io racconto, ogni settimana, le mie vicende personali ai miei ventitré lettori? (Le storie vennero pubblicate dapprima sul settimanale Candido)
Chi sono io? Sono forse un uomo tanto importante da eccitare la curiosità della gente e da renderla ansiosa di conoscere anche le più minute faccende della mia vita familiare?
No davvero: sono un uomo comune e quindi mi pare, parlando di me e dei miei, di fare un po' la storia dei milioni e milioni di uomini comuni che, con la loro assennata mediocrità, tengono in piedi la baracca di questo mondo. Quella baracca che gli uomini 'eccezionali', gli uomini 'fuor dal comune' tentano di scardinare con la loro genialità.
E continua:
Perché vi parlo sempre di me, di me, di Margherita, di Albertino e della Pasionaria?
Perché è giusto che ne parli in quanto, mentre la storia e la cronaca si preoccupano di comunicare ai contemporanei e di tramandare ai posteri le vicende degli 'uomini eccezionali', nessuno si cura degli uomini comuni.
Giovannino, Margherita, Albertino e la Pasionaria: chi son costoro se non i rappresentanti della famiglia 'comune'?
Infine ancora:
Perché io vi parlo sempre di me e della gente di casa mia? Per parlarvi di voi e della gente di casa vostra. Per consolare me e voi della nostra vita banale di onesta gente comune. Per sorridere assieme dei nostri piccoli guai quotidiani. Per cercar di togliere a questi piccoli guai (piccoli anche se sono grossi) quel cupo color di tragedia che spesso essi assumono quando vengono tenuti celati nel chiuso del nostro animo.
(Giovanni Guareschi, Corrierino delle Famiglie, 1954)
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