martedì 8 maggio 2012

La rete come luogo



Qualunque cosa legga o ascolti di Antonio Spadaro, mi colpisce sempre per l'intelligenza e la densità.

Nel breve testo di un'intervista rilasciata per un seminario sulla comunicazione promosso dai vescovi del Medio Oriente, esprime due concetti precisi e fondamentali.

Il primo. "La tecnologia è l’espressione della libertà dell’uomo: non è solo espressione della sua volontà di potenza sulla realtà, ma è anche la capacità dell’uomo – appunto – di relazionarsi in maniera libera nei confronti del mondo e di costruire il proprio futuro".

Una visione dunque creativa e relazionale della tecnologia, prima che moralistica o ideologica.

Il secondo concetto, più volte ribadito da Spadaro ma mai a sufficienza: la rete non è un mezzo di evangelizzazione; semmai è un luogo di evangelizzazione.

"Sì, la rete non è uno strumento, non è come un martello che si può utilizzare come un qualcosa di oggettivo, come appunto un oggetto; è, al contrario, un contesto, un contesto esperienziale, un ambiente di vita. Questo lo vediamo sempre di più: i giovani, soprattutto i cosiddetti “nativi digitali”, vivono la rete come un luogo dove esprimere la loro capacità di relazione, un luogo attraverso il quale conoscono il mondo, conoscono la realtà. Quindi la rete non è uno strumento, non può essere un mezzo neanche di evangelizzazione: semmai è un luogo di evangelizzazione. Per la Chiesa si tratta di incontrare gli uomini lì dove sono ed oggi gli uomini sono anche in rete e quindi la Chiesa è chiamata ad essere in rete".

Dirlo meglio non si può.




2 commenti:

ande ha detto...

non ho mai pensato alla tecnologia come moralistica. Quando penso alla tecnologia penso al futuro, alle varie applicazioni nella vita quotidiana, in qualsiasi campo.
Interessante, invece, intendere la rete come luogo. Vero, è un contesto esperienziale, ma anche un tramite.
Andrea

Alessandro Iapino ha detto...

Ciao Andrea, sono contento che non ti appartenga, ma va detto che l'approccio moralistico o ideologico alla tecnologia non è nuovo nella storia (penso al movimento del luddismo nell'Inghilterra del primo 800) e condiziona ancora molti mondi culturali, tra cui quello ecclesiale, quello ambientalista, anche quello accademico e letterario. Non mancano le ragioni, tra l'altro: penso all'uso criminale della tecnologia nucleare nella seconda guerra mondiale o alla deriva tecno-consumistica che ci rende un po' tutti schiavi dei nuovi prodotti dell'industria, dai bambini agli adulti. L'approccio di Spadaro mi piace perché non ignora il problema. La tecnologia è 'anche' espressione della volontà di potenza dell'uomo (con tutto ciò che comporta in termini spesso negativi). Ma prima ancora è espressione della sua libertà e creatività.