Alessandro Iapino
"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
martedì 3 settembre 2024
Voi che restate
lunedì 1 luglio 2024
L'abisso con gli occhi degli altri
Io guardo l'abisso con gli occhi degli altri.
L'arte di legare le persone, di Paolo Milone (Einaudi) è un libro sulla follia scritto da un neuropsichiatra e ambientato in reparto di psichiatria (Avendo fuggito ogni altro lavoro per paura, mi ritrovo a fare il lavoro che fa più paura a tutti).
Un libro estremo, eppure poetico nella sua capacità di guardare in faccia il dolore senza farsi annientare, restituendoci uno sguardo più vero e una parola più umana.
Se non hai mai provato il dolore psichiatrico, non dire che non esiste. Ringrazia il Signore e taci.
La realtà descritta nel libro è dura, concretissima e drammatica, senza sconti (ad esempio le pagine sulla contenzione fisica), ma quello di Milone non è un saggio né un libro di denuncia: è "un'opera letteraria sulla salute mentale - commenta lo scrittore Nicola Lagioia - tra le più belle, inusuali e poetiche degli ultimi anni. Un libro unico". Letteraria è la sua struttura - che ricorda un diario ma senza vincoli cronologici - e la sua scrittura, sempre aderente alla realtà ma sempre aperta a possibili suggestioni, combinazioni, immagini e significati ulteriori.
Quando procediamo per entrare in Reparto 77, noi siamo come i pescatori che vanno al mare; prima di imbarcarci e prendere il largo, chiediamo le previsioni metereologiche. Calma piatta, mare mosso, molto mosso, agitato. Burrasca in arrivo. Sull'uscio ci fermiamo e ci mettiamo la cerata nel vento.
(...)
Il bene e il male che facciamo a un'altra persona si riverbera e si propaga in mille modi / tra i suoi parenti amici e conoscenti / e, nel tempo, si trasmette a tutti i discendenti. / Sarà qualcosa di infinitesimo, un movimento atomico, / un'ombra, un fremito, ma esiste ma esiste e si diffonde nell'universo. / Vedi, Giulia, noi contribuiamo a migliorare o peggiorare l'universo / e, su questo, abbiamo una responsabilità.
(...)
Luciano, per essere più forte del dolore, / più forte della paura, / più forte del rancore, / ti sei fatto vento.
(...)
Ma se non lo sanno i suicidi falliti perché hanno tentato di uccidersi, / come possiamo capirlo noi.
(...)
Le chiavi servono a chiudere la follia in Reparto 77 quando si torna a casa
(...)
Filippo, tu che ce l'hai fatta a passare, / e ora sei tutto graffi, sporco, sudore, dimmi com'è di là. Di là dove non c'è ragione. / Io curo grandi mappe della frontiera. / Per quali sentieri nascosti, per quali valichi, gole, precipizi, sei riuscito a passare? / Dimmi com'è di là.
(...)
I depressi usano l'indicativo passato: / io ho sbagliato, io non sono riuscito... / oppure il presente, ma con un profondo legame con il passato: io sono colpevole, io sono fallito. / Gli euforici usano l'imperativo: vieni, fai, compra / e usano il futuro: festeggeremo, conquisteremo, ci vedremo. / Gli schizofrenici sbagliano tutto: dicono io sono invece di io ero, io sarò, io sarei, io fossi. / I caratteriali, sempre all'imperativo: scrivi, dammi, ascoltami, ubbidisci. / I nevrotici sono persone deliziose che usano il condizionale: potrei, sarebbe così gentile... / o il congiuntivo: se fosse possibile, se fossi sicuro di non disturbarla... / Giulia, stai attenta alle persone al congiuntivo trapassato: se io fossi stato, se io avessi avuto. Sono le peggiori.
(...)
Chi è triste esce poco di casa, e spende meno di chi è allegro. / L'ideale per la società dei consumi è tutti allegri e nessuno triste. / La tristezza è uno stato mentale eversivo.
(...)
La società dei consumi non ha nulla da dire sulla morte / per il semplice fatto che i morti non consumano.
(...)
Poetico è il mal d'amore, il rimpianto, il lutto, / poetico è il dolore tragico che trova ragione, vendetta, riscatto, / impoetico è questo dolore, monotono, lento, insaziabile, sequestratore. / Poetica è la nostalgia, impoetica la depressione. / Poetica è la fantasia, impoetico il deliro. / Poetico è il timore, impoetica l'ansia. / Poetico il desiderio, impoetica la dipendenza. / La poesia non frequenta la Psichiatria, si ferma sulla soglia. / Dove non entra la vanga della poesia, zolle dure, secche, infertili e fredde. / Noi ci occupiamo del dolore impoetico.
sabato 29 giugno 2024
E nella morte vivremo
E poi mi camminasti sopra il cuore
Lungamente travolto dai marosi,
tu sia sbattuto contro Salmidesso,
nudo, di notte, mentre in noi fa quiete.
E spossato, con ansia della riva
tu rimanga a ciglio del frangente,
nel freddo, stringendo i denti,
come un cane, riverso sulla bocca;
e il flusso continuo dell'acque
ti copra fitto d'alghe.
Così ti prendano i Traci, che in alto
annodate portano le chiome,
e con loro tu nutra molti mali
mangiando il pane dello schiavo.
Questo vorrei vedere che tu soffra,
tu che m'eri amico un tempo
e poi mi camminasti sopra il cuore.
(Archiloco, All'amico d'un tempo)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
Profondamente tu dormi
Quando nell'arca regale l'impeto del vento
e l'acqua agitata la trascinarono al largo,
Danae con sgomento, piangendo, distese amorosa
le mani su Perseo e disse: "O figlio,
quale pena soffro! Il tuo cuore non sa;
e profondamente tu dormi
così raccolto in questa notte senza luce di cielo,
nel buio del legno serrato da chiodi di rame.
E l'onda lunga dell'acqua del passa
sul tuo capo, non odi; né il rombo
dell'aria: nella rossa
vestina di lana, giaci; reclinato
al sonno il tuo bel viso.
Se tu sapessi ciò che è da temere,
il tuo piccolo orecchio sveglieresti alla mia voce.
Ma io prego: tu riposa, o figlio, e quiete
abbia il mare; ed il male senza fine
riposi. Un mutamento
avvenga ad un tuo gesto, Zeus padre;
e qualunque parola temeraria
io urli, perdonami!
la ragione m'abbandona".
(Simonide di Ceo, Lamento di Danae)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
John William Waterhouse, Danae e Perseo ritrovati nella cassa (1892) |
Non il muschio, né il tempo
Di quelli che caddero alle Termopili
famosa è la ventura, bella la sorte
e la tomba un'ara. Ad essi memoria
e non lamenti; ed elogio il compianto.
Non il muschio, né il tempo che devasta
ogni cosa, potrà su questa morte.
Con gli eroi sotto la stessa pietra,
abita ora la gloria della Grecia.
(Simonide di Ceo)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
Jacques-Louis Davis, Leonida alle Termopili (1815) |
A me non dà quiete
Poi che raramente la Musa
allieta soltanto, ma rievoca
ogni cosa distrutta:
a me non dà quiete il dolce
sonante flauto dalle molte voci
quando comincia soavissimi canti.
(Stesicoro)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
Vino celeste
Venite al tempio sacro delle vergini
dov'è più grato il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo è all'ombra di roseti,
dallo stormire delle fronde stende
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
è tutto fiori della primavera,
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste
e insieme gioia.
(Saffo, Invito all'Eràno)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)
Antoine-Jean Gros, Saffo a Leucade, 1801 |
Tramontata è la luna
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amaro indomabile serpente.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
(Saffo)
Dai Lirici Greci, tradotti da Salvatore Quasimodo (Mondadori, 1951)