sabato 17 ottobre 2020

La morte non esiste


Secondo volume del Diario di Julien Green, dal 1935 al 1939 (Arnoldo Mondadori Editore, 1946), traduzione di Libero de Libero.

Non so più molto bene come potrà durare la pace [...] Tutto quello che amiamo è in pericolo. 

Siamo negli anni precedenti la seconda guerra mondiale. Non mancano i segnali che sembrano annunciare l'imminente catastrofe.

Lo scrittore passa giornate felici e memorabili in Italia, a Roma: È ridicolo non essere completamente felici qui, scrive. Tanta bellezza mi stordisce

Green viaggia molto e annota nel Diario da una parte le sue esperienze culturali e intellettuali (film, teatri, musei, libri), dall'altra le sue riflessioni e impressioni più intime, che nascono dalle occasioni più semplici e quotidiane, intorno a un tavolo in sala da pranzo. 

28 ottobre. Stavamo seduti tutt'e cinque intorno a un tavolo in sala da pranzo. Un fuoco di ciocchi bruciava nel caminetto e faceva così buio che avevamo dovuto accendere le lampade, benché fossero appena le due del pomeriggio. Eravamo in cinque e ridevamo e io ho sentito d'un tratto che eravamo molto più numerosi, che la nostra allegria aveva attratto tutti coloro che mancano: mio padre, mia madre e le due sorelle che ho perduto; si sono seduti accanto a noi e ci hanno fatto compagnia sino alla fine del pasto, ridendo insieme con tutti noi. Ho avuto un momento di grande felicità, un senso di sicurezza profonda, ma non ho osato farne parola. 

Il sentimento di sicurezza profonda, che supera l'angoscia, sembra provenire all'autore da un altro mondo. 

30 dicembre. Da qualche anno in qua mi sono staccato da una quantità di cose. Mi sento talvolta come un uomo in barca. La barca s'allontana dalla riva. Vedo ancora la terra e i suoi fiori, le case, tutto quanto essa ha di bello e di buono da offrirmi, ma di tanto in tanto una possente remata m'allontana un po' da tutto ciò. Provo allora una leggera angoscia seguita da un sentimento di sicurezza profonda. L'altro giorno, ascoltando musica, ho provato l'impressione deliziosa della vicinanza d'un altro mondo. Dietro il velo impalpabile esso è lì, il mondo della verità, quel regno di Dio che m'imbarazzava talmente quand'ero ragazzo. 

Green inizia a studiare l'ebraico e prende a leggere la Bibbia, che lui considera un testo poetico, nella lingua originale. La sua fede, non confessionale (tristezza di sentirsi lontani da tutte le Chiese), si misura e si rivela nelle sue riflessioni sulla morte, oniriche e visionarie. 

Dieci giorni fa ho sognato di correre su una strada sommersa. Mi vedevo da lontano; avevo l'aria di correre nell'acqua. La luna brillava, rischiarando un meraviglioso paesaggio d'inverno, e il cuore mi batteva di gioia. Provavo quel senso di libertà che deve darci la morte, quando ci siamo sciolti dal corpo fisico. 

[...] 

C'è in me un gran desiderio di conoscere la verità, ma è un'avventura che richiede molto coraggio. Se mai io giunga a conoscere questa verità, la farò condividere da tutti coloro che amo. Verrà il giorno in cui saremo pronti. Sapremo finalmente tutti che la morte non esiste, che la morte è un incubo inventato dall'ignoranza, e noi staremo insieme per sempre. 

[...] 

Ho finito col credere che la morte non esiste, che non c'è se non un lungo svolgimento della vita attraverso i secoli, che l'annientamento del corpo è una liberazione, che il nascituro immagina di morire perché si stacca dal ventre materno e che la stessa confusione si verifica nella nostra mente nel momento in cui rendiamo l'ultimo respiro. 

Anche la musica, l'arte, la bellezza sono la strada privilegiata per entrare in contatto con quella parte segreta di noi stessi che il mondo ci nasconde, forse con Dio

8 novembre. Se si sapesse soltanto che il cielo intero sta tutto nel nostro petto e che l'Eterno riposa in noi, che la voce dell'universo ci parla in ogni momento, nel mormorio della pioggia, nel canto d'un uccello, in qualche segno tracciato da un artista su un quadratino di carta, in un preludio di Bach... Solo i sordi e i ciechi traversano la vita senza essere oppressi dalla sua bellezza che senza posa scaturisce. 

Ma forse è la gioia, imprevista e immotivata, la principale finestra attraverso cui Green si affaccia sul mistero. Occorre trovarsi là, al momento buono, dove passano le vaste correnti di gioia che attraversano l'universo. 

La notte scorsa sono andato a spasso per la strada. Guardando il cielo stellato, ho provato una gioia profonda tanto che le parole di cui potrei servirmi la tradurrebbero male. Mi sono fermato in preda a una felicità misteriosa della quale non è possibile parlare. M'è sembrato che, dolcemente, la finestra s'aprisse un po'. Deve essere così quando si sta per morire, quando il corpo non soffre più e l'anima sta sulla soglia della morte. 

Green riconosce la stessa indescrivibile felicità sul volto dei mistici che legge e che ama. 

Dite, che avete visto? È la domanda che l'umanità credente rivolge ai mistici sollevati nelle loro estasi. Ma non c'è quasi un contemplativo che non ritorni dalle regioni spirituali con altro che non sia un balbettío di labbra. Quanto hanno visto non si esprime in lingua alcuna. Soltanto il loro volto conserva qualcosa del raggio che li ha illuminati. Nessuna angoscia. Una felicità indescrivibile attende gli amici di Dio.


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