sabato 16 maggio 2020

Il segreto irriducibile del mondo

La "capacità di osservazione stupita del mondo". La "visionarietà dirompente". La tendenza a oltrepassare, con la forza della scrittura poetica, la "sembianza razionale delle cose e i confini della psiche", per tornare allo "stato sorgivo dell'essere" dove poter cogliere la "voce che affiora alla coscienza" e le "corrispondenze col mondo".

Mariangela Gualtieri è una "rabdomante della parola". Cerchiate la vita. Fateci un segno, si legge nella prima pagina della sua raccolta poetica Fuoco centrale (Einaudi, 2003). 

La parola, il verso, è la verga magica (rhabdos) con cui segna, traccia e a volte sembra percuotere il mondo, la realtà, perché ne scaturisca la vita, la meraviglia (C'è nel riso dell'uomo, la meraviglia), il miracolo, il bene che salva, l'amore che recide ogni fune.

Io parlo all'amore. Lo scortico dall'incrosto
nel sogno e ne faccio musica storta
ne faccio delicato vento che solleva o dondola / e impollina al cuore.

"Il paradosso della mia scrittura - scrive Mariangela Gualtieri - sta nel trovare armonia in mezzo a questi cocci". 

Io sono spaccata, io sono nel passato prossimo,
io sono sempre cinque minuti fa,
il mio dire è fallimentare,
io non sono mai tutta.
[...]
Io sono senza aggettivi, io sono senza predicati,
io indebolisco la sintassi, io consumo le parole

E altrove: Sono guerriera tutta composta d'urlo.

La pace, l'armonia, non sono a buon mercato: 

Piantiamo semi nell'orto della guerra.

È la terra desolata (di eliotiana memoria), dove le voci si seccano e non c'è più canto.

Eppure, tutto sta per dire una cosa.

Ti ho nella voce / senza che esca in suono.

Il non detto. Il non saputo (È poco il poco che  so e di questo / poco io chiedo perdono). La mancanza (sono ciò da cui manco / sono tutta mancanza). Lo scontento (sento lo scontento esserci delle cose). Il totale abbandono (questo essere qui a casaccio). Sono queste, paradossalmente, le sole condizioni da cui poter partire alla ricerca del Sacro Graal (Il mio Graal l'ho ritrovato e perso cento volte).

È ciò che fa Parsifal, lo straordinario personaggio che Mariangela Gualtieri riprende dalla tradizione letteraria e reinterpreta poeticamente, richiamando le figure del folle (S. Francesco) e dell'idiota (Dostoevskij).

Siamo di fronte al ribaltamento completo delle categorie ordinarie della realtà e della conoscenza, che solo la vera poesia sa operare.

Solo quando non ha nulla e non sa nulla ("la grazia del non sapere") l'uomo "inizia veramente a conoscere". Solo quando smette di cercare, è in grado di trovare veramente.

È una forma diversa di intelligenza (comprensione del mondo) che "non passa né dalla ragione né dalla logica" spiega Gualtieri nel suo commento a Parsifal. È una ragione di tipo diverso, che si rivela però la più adatta a conoscere "le leggi che regolano la vita"

"L'umanità in sostanza conosce solo piccole ragioni e piccolissime libertà, delle alte e immense non sospetta neppure. Che cosa è propriamente ragione? Anzitutto è la percezione del segreto irriducibile del mondo".


Lo senti il firmamento? Com'è sereno!
Anche noi siamo dentro.
Abbiamo polverine nelle vene, antiche come il cielo,
sono disciolte nel sangue, hanno dentro
l'impronta d'un andare semplice e grande,
come le grandi sfere. Abbiamo sfere nel sangue,
cartine geografiche con strade d'argento
e vedute telescopiche fino ad 
Aldebran. Abbiamo Vega nel sangue
la stella prodigiosa, e istruzioni precise
per il viaggio per l'appontaggio
e coraggio abbastanza per ogni volo.

(Da Parsifal, Predica ai pesci)



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