mercoledì 27 febbraio 2013

Il compito dell'uomo


Da molto, troppo tempo, non mi concedevo il gusto di un ascolto attento e profondo come questo: il video di una conferenza dedicata al tema della "Creazione" alla luce del testo della Genesi.

Relatori il biblista Pietro Bovati e il poeta e filosofo Marco Guzzi. L'appuntamento si è svolto lo scorso dicembre alla Chiesa del Gesù a Roma.



Padre Bovati, gesuita, sviluppa il suo ragionamento a partire dall'intenzione dichiarata di correggere un'idea ancora molto diffusa, desunta da una lettura tradizionale del primo capitolo della Genesi: "In principio Dio creò il cielo e la terra". L'idea della legge di Dio come ordine naturale precostituito. Da cui l'assioma per cui obbedire a Dio equivarrebbe ad obbedire all'ordine costituito.

Il testo, in realtà, va inteso in senso liturgico e non cosmologico. L'ordine non è nelle cose, ma in ciò che esse significano, nella loro funzione appunto liturgica, nella loro relazione con il Creatore.

Va quindi compreso il significato "etico" del Creato. Non è tanto la descrizione delle cose create che il testo sacro ci vuole presentare, ma la rivelazione dell'interiorità di Dio, dei suoi sentimenti, di ciò che per Dio è "cosa buona". E la bontà delle cose non è nella loro perfezione o nella loro collocazione ordinata. Ma nell'intenzionialità buona che Dio vi ha posto. L'opera di Dio è buona perché è strumento di bene per l'uomo e da parte dell'uomo.

Intenzione di Dio e responsabilità dell'uomo. Le due cose stanno insieme. La bontà del Creato, cioè, è un'opera del Signore e, insieme, un compito, una missione, una vocazione per l'uomo. Senza la bontà dell'uomo non si realizza la bontà della creazione. L'essere umano è principio attivo della bontà della Creazione 'nel tempo', nel ritmo progressivo della storia.

E' il capovolgimento di quell'idea tradizionale da cui siamo partiti. La creazione di Dio non va intesa come prodotto finito e precostituito, ma come messa in moto di un processo. Il bene, l'armonia della Creazione, non è ciò che Dio ha già realizzato, ma ciò che di buono per mezzo dell'uomo si compirà. Il bene, cioè, non sta dietro di noi. L'uomo non è chiamato solo a conservare (la società, le leggi, la natura), ma ad essere promotore di sviluppo, con i suoi limiti e i suoi tradimenti. La bontà del cammino, il punto Omega verso il quale la storia tende, è garantito dalla benedizione originaria di Dio e dalla sua presenza nella Storia come spirito vivificante.

Anche Marco Guzzi riprende il tema della collaborazione costante dell'uomo alla Creazione di Dio. Il suo ragionamento parte dal "preciso rapporto" tra Dio, l'uomo e il Creato disegnato dalla Genesi.

"Dio creò l'uomo a sua immagine". L'uomo assomiglia a Dio come un figlio assomiglia al Padre. E' dunque della sua stessa specie, una specie divina. L'immagine di questa somiglianza non è solo maschile, ma maschile e femminile insieme ("Maschio e femmina li creò"). Un'immagine dunque non monolitica ma relazionale, "coniugale". L'essere umano non è una creatura tra le altre, ma svolge una funzione vitale e speciale nel mistero della Creazione.

La grandezza della sua funzione, che ancora e sempre fatichiamo a comprendere, è quella appunto di essere co-creatore, di essere chiamato a collaborare alla funzione creatrice di Dio. Non solo con le opere, spiega Marco Guzzi, ma prima ancora con la coscienza, con il pensiero, con le stesse emozioni.

Nel grande gioco dell'esistenza, del Creato, noi non siamo spettatori e non siamo marionette, ma siamo pro-creatori. In mezzo c'è il mistero della Caduta dell'uomo, del peccato, e della sua Redenzione. Cristo è la figura della perfetta riconciliazione con il Padre, il Creatore, e con la sua opera, il Creato.

"In Cristo - scriveva il teologo ortodosso Olivier Clément, citato da Guzzi come chiosa del suo intervento - sotto il soffio e i fuochi dello Spirito, l'uomo trova pienamente la sua vocazione di creatore creato".

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