venerdì 29 aprile 2011

Solo quando avrà finito


La volta che entrai da Feltrinelli per cercare i libri di David Foster Wallace successe una cosa bizzarra. Il commesso cui mi rivolsi mi disse, senza avermi mai visto prima: "Vieni, ti porto dov'è il suo altarino". E poi, arrivati davanti allo scaffale a lui dedicato: "Eccolo, se vuoi puoi anche inginocchiarti". Mi fu evidente che si trattava, dichiaratamente, di un autore di culto. Certo anche in conseguenza della sua tragica morte, nel 2008, suicida a 46 anni.

"La differenza fra suicidio e omicidio - ha scritto - consiste solo nel dove credi di vedere la porta per uscire dalla gabbia".

Quel giorno mi feci coraggio e comprai - oltre a un piccolo libro di suoi racconti uscito postumo, Questa è l'acqua - il suo libro più grande in tutti i sensi: Infinite Jest, lo Scherzo Infinito, 1281 pagine (nell'edizione Einaudi) pubblicate negli Stati uniti nel 1996, "il più grande evento letteraio degli ultimi vent'anni - recita la quarta di copertina - un'opera che coniuga ambizione e follia, divertimento e innovazione. Per raccontare le mille pieghe, comiche e tragiche, di un'epoca dominata dalle leggi dell'Intrattenimento e della Dipendenza".

Dopo mesi di avvincente ed estenuante attraversamento di queste pagine sono arrivato da poco alla fine, ancora stordito dalla trama fittissima, molteplice e delirante di personaggi, avvenimenti, episodi, dialoghi, riflessioni. Raccontanti con un linguaggio lucido e preciso fino alla mania, ma anche vivo, crudo, esplosivo.

La storia. Il romanzo è ambientato a Boston, in un futuro indefinito, ma che somiglia in modo inquietante al nostro presente. Gli Stati Uniti, con il Canada e il Messico formano un unico stato denominato O.N.A.N. (Organization of North American Nations), da cui resta fuori la "Grande Concavità", il territorio nord-orientale annesso al Quebec e trasformato in un'enorme e insalubre discarica per lo smaltimento dei rifiuti.

La società è dominata dalle leggi dell'Intrattenimento - che si studia nelle scuole - e della Pubblicità. Il tempo è "sponsorizzato" dalle grandi imprese che danno il nome agli anni del calendario ("Anno del Pannolone per Adulti Depend", "Anno dei Prodotti Caseari dal Cuore dell'America", ecc...). Gli uomini sono soggiogati dalle Dipendenze: droghe, alcol, nevrosi diffuse ovunque, anche tra i minori, come panacea o reazione alla noia, alla disperazione, alla paura di vivere (“La certezza dell’anima che il giorno non dovrà essere attraversato ma scalato verticalmente”).

Finché sul mercato irrompe un film misterioso, Infinite Jest, l'Intrattenimento perfetto, la cui visione produce un piacere fisico talmente intenso che conduce alla morte. Gli ignari spettatori dopo pochi istanti diventano catatonici e perdono qualsiasi interesse per tutto ciò che non sia l'infinita visione del film. E' l'incarnazione estrema della dipendenza. L'arma di distruzione di massa su cui tenteranno di mettere le mani i temibili "Assassins des Fauteulis Rollents", gli Assassini sulle Sedie a Rotelle, gruppo terrorista separatista quebechiano, ostacolati dai servizi segreti dell'Onan.

Autore del film è James Incandenza ("Lui in persona"), autore cinematografico fallito che prima di morire suicida (infilando la testa in un forno a microonde) fonda un'accademia di tennis - l'Enfield Tennis Academy (Eta) - che costituisce uno dei due luoghi centrali dell'intero romanzo, metafora dell'agonismo e della competitività sfrenata della società americana (“Ciascuno di noi è nella catena alimentare dell’altro”). L'altro luogo del romanzo, fulcro narrativo e simbolico, è l'attigua casa di recupero e reinserimento per tossicodipendenti (l’Ennet House) in cui presta servizio Don Gately, un ex ladro d'appartamenti e tossicodipendente in via di reinserimento.

E' forse lui l'unico eroe "positivo" di questo gigantesco romanzo, l'unico disposto a combattere fino in fondo contro la Dipendenza senza fuggire di fronte al Dolore. "Non Sentire Dolore" è il desiderio dei tossici disperati ("Non dico star bene, non dico provare piacere, non è che miri così in alto, ma per lo meno sentirsi a zero, anche, cioè Non Sentire Dolore"). Non molto diversa è la filosofia dell'intera società nordamericana: "Massimizzare il piacere, minimizzare il dolore".

Gately invece scopre sulla sua pelle che "il modo per migliorare e stare meglio passa attraverso il dolore. Non intorno al dolore o nonostante il dolore". Che "si sente molto dolore a stare sobri". Ma "la paura del dolore è molte volte peggiore del dolore". Accetta quindi di sfidare questo dolore, di sopportarne umanamente e fisicamente il peso fino in fondo, in una battaglia estenuante.

Sentire che non ce la fai e devi farcela per forza [...] Sentire il dolore di ogni secondo che passava. Vivere un secondo alla volta. Suddividere il tempo in tante microunità. L’astinenza. Ogni secondo: si ricordava: il pensiero di sentirsi come si sentiva in questo secondo per altri 60 di questi secondi – non poteva farcela. Non poteva farcela. Doveva costruire un muro intorno a ogni secondo per sopportarlo. [...] Poteva accovacciarsi nello spazio tra due battiti del cuore e fare di ogni battito un muro e vivere là dentro. Non permettere alla sua testa di guardare sopra il muro”.

Si legge ad un certo punto questa frase nel libro, che può valere come epigrafe perfetta per l'intero romanzo, oltre che per la storia di Don Gately:

"La verità ti renderà libero, ma solo quando avrà finito con te".






1 commento:

Alessandro Pinna ha detto...

Ne ho sentito parlare come capolavoro, ma anche come boiata pazzesca. Nel dubbio, non l'ho ancora letto. Le frasi che hai estrapolato sono interessanti, ma...alla fine ti è piaciuto o no tutto il libro?
A questo punto ti toccherà leggere anche http://goo.gl/J97bC e ci farai sapere...