lunedì 1 febbraio 2010

Il re dei camosci


Il re dei camosci seppe improvvisamente che era quello il giorno. Le bestie stanno nel presente come vino in bottiglia, pronto a uscire. Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di uomini e non prepara alla prontezza.

Il peso della farfalla, di Erri De Luca (Feltrinelli, novembre 2009, euro 7,50) è un piccolo capolavoro.

"Piccolo" perchè si tratta di un racconto di meno di 60 pagine (già la prima le vale tutte), grande in realtà per potenza narrativa, radicalità dei contenuti sottesi (la vita, la morte, la forza, la colpa, il tempo, la grazia), sguardo sull'uomo, la natura, gli animali, la vita.

Il libro ha la semplicità di una fiaba popolare, la forza e il mistero di un racconto epico e fantastico. Protagonisti assoluti un uomo solitario, un bracconiere d'alta quota, il più grande dei cacciatori (o semplicemente un ladro di bestiame), e un camoscio, anzi il re dei camosci, vestito di vento, se non addirittura il vento stesso vestito di zampe e di corna. In mezzo, il volo spezzettato di una farfalla, a cucire le due vite come un filo invisibile eppure essenziale, perché: Dove si posa la farfalla, è il centro.

Sullo sfondo, impervia e maestosa, la montagna (l'uomo sulla montagna è una sillaba nel vocabolario). Sul palcoscenico, la vita, indomita, sovrana, lasciata incustodita sotto il sole dal padrone di tutto, il creditore, il capomastro.

Se l'era guadagnata molte volte, ma non era roba sua. Era da restituire, sgualcita dopo averla usata.

Rubava al padrone di tutto, che si lasciava togliere, ma teneva il conto. Ogni giorno era buono per pagare il saldo tutto insieme.

La vita "pesata" dagli occhi grandi calmi desolati di un cucciolo di stambecco cui il cacciatore ha appena ucciso la madre: Bisogna guardare in quel paio per sapere di essere stati pesati. Dal padrone di tutto.





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