«Generazioni di intellettuali, educati al pensiero astratto e quindi a pensare in superficie, hanno convinto i nostri popoli occidentali che l'anelito all'infinito che regna nel cuore umano e che in realtà connota la nostra stessa natura, non sarebbe altro che un vano delirare di cui liberarci per tornare ai giusti limiti del nostro essere povere "scimmie nude"».
Questo uno dei passaggi più forti dell'ultimo articolo di Marco Guzzi, poeta e filosofo, pubblicato ora online e prima nella rivista Via Verità Vita - Comunicare la fede (n.4, luglio-agosto 2009, anno LVIII).
L'articolo è dedicato al binomio salute/salvezza come «nuovo bisogno primario». L'amplificarsi progressivo dell'interesse dell'uomo moderno verso la salute, «il desiderio di una salute perfetta» è visto da Guzzi in tutta la sua ambiguità. Da una parte la corsa verso un «salutismo nevrotico e paralizzante», dalla parte opposta la «riapertura ad un concetto di salute globale e quindi propriamente alla speranza della salvezza».
Questa seconda direzione richiede però 3 passi, scrive Marco Guzzi. Il primo: «tornare a sperare in una salute/salvezza globale» rieducandoci all'ascolto delle nostre più intime aspirazioni. Da cui l'accusa contro le generazioni di intellettuali e l'invito a tornare a «rivendicare la follia del nostro cuore umano», che vuole «una vita senza fine, una gioia senza confini, una conoscenza piena, un'amore finalmente integro». Che è ugauale a dire: «Noi vogliamo Dio».
Il secondo passaggio obbligato: «riconoscere la nostra malattia mortale», «l'alienazione strutturale che connota l'esistenza umana su questa terra». Come hanno constatato nel XX secolo la pratica psicanalitica e la filosofia più radicale. Come racconta da sempre la teologia cristiana del peccato originale.
Terzo e ultimo passo: «entrare nel processo messianico della guarigione definitiva». La nostra speranza di guarire in modo integrale e definitivo può poggiarsi solo su una potenza infinitamente superiore alle forze vulnerate dell'uomo. Al desiderio di salute che si fa «fame di slavezza» può corrispondere in pieno soltanto l'annuncio della bella notizia: «il Medico è arrivato», «il Medico che guarisce fino in fondo la nostra natura ferita è qui tra noi».
(Foto da Flickr/alextremps)
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