lunedì 13 luglio 2009

La scuola dei dittatori


«Vi raccomando in particolare il termine “valori”. Potete servirvene a tutto spiano, suona bene e non impegna a nulla»

Consigli per aspiranti dittatori dal libro di Ignazio Silone del 1938 (!) "La scuola dei dittatori" (Oscar Mondadori, Scrittori del Novecento). Un saggio ironico scritto sotto forma di dialogom in cui un democratico esiliato in Svizzera, Tommaso il Cinico, impartisce lezioni sull'argomento a un aspirante dittatore americano e al suo ideologo, in viaggio di "istruzione" in Europa tra fascismo, nazismo e comunismo.

«Come deve regolarsi, a parere vostro, un uomo di buona volontà che nel suo paese aspira alla dittatura?»

Gli spunti di interesse (attualità?) che offre il libretto - 179 pagine - sono davvero tanti, a partire dal tema dell'identificazione della massa col Capo. Non è infatti il tiranno «a creare i servi, ma i servi il tiranno» scrive Silone. «La grandezza del capo» - citando Trotzkij - «è una funzione sociale». «Il re presuppone i sudditi». Il dittatore «diventa il prodotto individualizzato d’un irresistibile bisogno collettivo». La sua persona - ce l'ha con Mussolini - viene rivestita di «virtù difetti aspirazioni dell’io-ideale di milioni d’italiani». Inutile a quel punto «discutere oggettivamente la sua persona o la sua condotta con un italiano qualunque»: «Criticare il capo presso un credente equivale ad attaccare la parte sublimata di lui stesso, nella quale egli attinge il conforto per sopportare le difficoltà della sua misera vita».

Posta la premessa, la postilla è conseguente: «Il culto del capo è la funzione principale del monopolio dei mezzi di informazione e propaganda».

Ma forse ancora più interessante è il ragionamento che Silone fa (o meglio il suo alter ego) sul "suffragio universale", sulla tendenza anche oggi a giustificare ogni azione politica col riferimento alla volontà popolare, "la gente ci ha votato", o a minacciareo se occorre "il ricorso alle elezioni".

«Quali e quanti oltraggi alla libertà dei cittadini - dice Tommaso il Cinico - non sono stati sanzionati dal suffragio universale». La verità è che il suffragio universale è «uno strumento della democrazia, non la sua essenza». Non sempre, infatti, l’allargamento del suffragio ha avuto come risultato un rafforzamento della democrazia. «Né mancano esempi in cui il suffragio è stato allargato dai reazionari proprio per fiaccare la democrazia». Vale a dire che «il numero, senza la coscienza, è zavorra servibile a tutti gli usi».

Tanto più che il dittatore moderno «ha bisogno di qualificare il proprio regime come una forma superiore di democrazia, addirittura come la vera democrazia, la democrazia diretta». Né «si è mai vista una tirannia imporsi a una nazione agitando altra bandiera di quella della “vera libertà”».

Ma chi è, insomma, questo dittatore? Silone - dopo essersi dilungato in molte pagine - risponde semplicemente con Montesquieu: “colui che fa abbattere un albero per cogliere una mela”.




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