giovedì 29 luglio 2010

Dall'altra parte



Tutto è pazienza e attesa


che ribalti la pietra pasquale

il lato tombale delle cose

dall'altra parte il vero disegno

il volto luminoso

il regno il regno il regno


Si intitola Dall'altra parte questa poesia ancora di Bartolo Cattafi che trovo meravigliosa: quanti istanti e quanti secoli dovremo aspettare perchè si esaurisca quel primo verso?

Continuo a rimbalzare da lì a quell'irripetibile eppure ripetuto grido finale, ma non posso fare a meno di passare e sostare lungo il lato tombale delle cose, dove anche la poesia e la vita sembrano ogni volta terminare.

Ma ogni volta anche l'invito a lasciarsi ribaltare, a rovesciare lo sguardo (e la mente e il cuore) dall'altra parte. La testa gira, le mani afferrano il muro, perdo l'equilibrio ma spero ora di incontrare quel volto, di anticipare finalmente quel grido.


(Foto: Gerusalemme, il muro occidentale. Da Flickr/creativecommons/gaspa)






mercoledì 21 luglio 2010

Il più grande spettacolo del mondo



"La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto".

All'inizio, quando mi sono imbattuto in questa citazione di Charles Bukowski, volevo farne un post cinico. Avevo scelto anche la foto: un tendone del circo. Poi mi è venuta di nuovo sotto gli occhi quest'ultima splendida foto di Alessandro Pinna (che ritrae un amico comune con i suoi figli) e ho avuto la prova che quella stessa frase poteva anzi doveva essere letta in tutt'altra chiave, positiva, onesta, senza malizia.

L'occhio del fotografo sa regalarci uno sguardo sulle cose e le persone capace di un candore che non è ingenuità ma pudore e stupore insieme, di fronte allo spettacolo quotidiano del mondo.

Uno sguardo poetico perchè vero, perchè ci mostra le persone e le cose per come sono, veramente e misteriosamente, liberando in un solo scatto i nostri occhi dal cinismo e dalla disperazione di cui sono normalmente affetti.

E' il battesimo dell'immaginazione, il battesimo dello sguardo di cui ho parlato qualche post fa.





mercoledì 14 luglio 2010

Quando


- Mamma, ma quando finisce la sabbia?

Elisa, 6 anni e mezzo, un pomeriggio qualsiasi in riva al mare.





(Foto da Flickr/creativecommons/mikebaird)




lunedì 5 luglio 2010

Nè amici, nè parenti


Nel giorno in cui la nostra povera Repubblica riceve l'ennesimo oltraggio con le doverose dimissioni - per insufficienza di deleghe - dell'imbarazzante ministro Roberto Brancher, mi piace segnalare questo bellissimo e - a guardarlo ora - commovente documento che pure fino a questa mattina non conoscevo. E che rappresenta, per esatto contrasto, cosa potrebbe e dovrebbe essere un uomo delle Istituzioni.

E' lo "straordinario manifesto" - cito dalla newsletter del deputato Pietro Ichino, cui debbo la segnalazione - che Pietro Del Giudice, domenicano e capopartigiano, affisse sulla porta del suo ufficio appena nominato dal Comitato di liberazione nazionale primo prefetto di Massa Carrara nel 1945. "Prefetto dei calcinacci" si definì, per porre in risalto in compito di ricostruire il Paese negli edifici e nelle coscienze. Un compito di cui personalmente averto oggi un'urgenza (quasi) disperata.

Questo il testo. Preceduto dall'intestazione a caratteri cubitali: IL PREFETTO COMUNICA.


Non faccio raccomandazioni di sorta.
Le raccomandazioni sono espressione della immoralità fascista.


L’occupazione dei singoli non mi compete.
Ho il dovere invece di procurare lavoro per tutti e ogni mia energia deve tendere a questo fine.


L’assistenza dei singoli non mi compete.
Ho il dovere invece di curare che vengano assistiti tutti i bisognosi attraverso gli Uffici competenti, che è mia intenzione e mio dovere potenziare al massimo. Gli Enti Comunali di assistenza e le varie Commissioni Provinciali debbono assolvere tale compito. Io ricevo unicamente coloro che desiderano collaborare ad una migliore organizzazione dell’Assistenza Sociale.


Gli organismi della Giustizia sono al di sopra di noi tutti. A nessuno è lecito, neanche al Prefetto, interferire nell’opera della Giustizia. Intendo difendere la libertà della Magistratura e degli organi di Polizia con ogni mezzo a disposizione.


Come Prefetto non ho nè amici nè parenti - ricevo con riconoscenza consigli e critiche fattive. Nessuno ha il diritto di farmi perdere del tempo.





Tranquilllo


"Non aver paura della perfezione. Non la raggiungerai mai"

Salvador Dalí

giovedì 1 luglio 2010

Il segreto del papavero


Siamo ora costretti al concreto
a una crosta di terra
a una sosta d'insetto
nel divampante segreto del papavero

La poesia si intitola Costrizione, di Bartolo Cattafi, poeta italiano morto nel 1979. Ne sono debitore, come per la precedente, ad Antonio Spadaro ed al suo bellissimo saggio Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea, da cui tornerò a prendere altre splendide citazioni in versi.

Per Spadaro il discernimento letterario può essere un discernimento spirituale, evangelico, perchè "rende testimonianza alla creatività dello spirito che è all'opera ovunque". Di più, i cristiani avrebbero bisogno - tanto più oggi, aggiungo io - di un vero e proprio "battesimo dell'immaginazione", perchè "la conversione, per essere profonda, deve toccare non solo i gesti e i pensieri ma anche l'immaginazione", altrimenti la fede "rischia di divenire rachitica, flebile" (oppure ideologica, appena appena riprende fiato e si galvanizza). Per immaginazione dobbiamo intendere il fare creativo, lo sguardo di stupore sul mondo capace di farsi racconto, espressione, anche solo "tentata decifrazione del mondo", come nel caso della poesia di Cattafi.

Nei suoi versi scarni quanto densi, il poeta sembra definire la condizione umana come costrizione al concreto. La crosta di terra è lo spazio obbligatorio della sua esistenza (e anche i suoni or... strett... cret... crost... err... raccontano questa condizione). C'è poi la dimensione del tempo: l'uomo è costretto alla terra per la durata di una sosta d'insetto, che è ancora meno - più infimo e stordito - dello svolazzare di una farfalla o di un uccello.

Tuttavia - e qui è la potenza dell'immaginazione o la "fede poetica", per usare un espressione di un altro poeta Samuel Taylor Coleridge - la crosta della terra e la sosta d'insetto sono circoscritti in un mistero in cui la parola del poeta - cito sempre da Spadaro - affonda sonoramente la lama: il divampante segreto del papavero. Il verso è un'esplosione perchè contiene al suo interno i suoni pam... pa..pa.. Lo sguardo del poeta apre un varco, squarcia il velo superficiale e disperante dell'esistenza, affidando l'enigma del mondo al noncurante divampare del papavero: rosso, aperto, solare.

Come ci suggerisce ottimanente questa foto di Alessandro Pinna, mio amico fotografo apparentemente dilettante, la cui "immaginazione" - lui forse non lo sa - il battesimo lo ha ricevuto e per questo, noncurante, agli altri ne fa dono.



lunedì 21 giugno 2010

Bambini dentro (purtroppo)


Nelle società ricche gli adulti rimangono bambini. Non crescono. Non diventano adulti. Gli crescono i peli sotto le ascelle e anche in altri posti ancora meno fini, ma rimangono bambini dentro. (…) E quindi soffrono, perché si sentono soli, abbandonati, non curati, non difesi, non amati, non coccolati.

E’ l’assunto di partenza di un libriccino di qualche anno fa, “Alla ricerca delle coccole perdute”, di Giulio Cesare Giacobbe, un manuale divulgativo di psicologia evolutiva, lo chiama l’autore, che spiega in questo modo la diffusione, nelle società ricche, di stati d’animo quali la solitudine, l’insicurezza, l’incertezza, lo squilibrio, il disagio, il disadattamento, l’insoddisfazione, la sofferenza, la paura, l’angoscia, il panico, l’infelicità.

Il libro, come gli altri di Giacobbe, è divertente e ironico nei toni ma serissimo nei contenuti. Vi sono tre comportamenti fondamentali – scrive l'autore con riferimento all’analisi transazionale – che caratterizzano rispettivamente, negli esseri umani, il bambino, l’adulto, il genitore:

Il bambino chiede. L’adulto prende. Il genitore dà.

Così vi sono ancora tre modalità di relazione sociale caratterizzanti ciascuna ogni singola modalità:

Per il bambino: dipendenza. Per l’adulto: parità. Per il genitore: superiorità

Quindi tre modi di rapportarsi alle coccole:

Il bambino ha sempre bisogno che qualcuno gli faccia le coccole; l’adulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno; il genitore è l’unico capace di fare le coccole agli altri.

Ora, ognuno di noi ha dentro di sé le tre personalità e dovrebbe saperle adottare in modo intercambiabile a seconda delle situazioni che si trova a vivere. Ma il problema nasce proprio quando questo non accade: per incapacità di attivare una specifica personalità (magari perché non si è mai strutturata: non ho mai imparato a fare l’adulto) o per la coazione ad attivarne sempre una (faccio sempre il bambino: magari “camuffato” da adulto o anche da genitore).

E’ in questo caso che si può parlare di “nevrosi”. E in particolare la nevrosi infantile – sostiene l’autore – è quella più diffusa nelle società ricche: caratteristica principale, far dipendere dagli altri (o da altro) la propria felicità. Che significa essere continuamente in ricerca dell’attenzione, dell’aiuto, della protezione, dell’affetto, della dedizione, dell’amore degli altri. Con conseguente inevitabile frustrazione, delusione, lamentazione, recriminazione, scontentezza, infelicità.

Nella relazione di coppia, in particolare:

La pretesa di essere amato sempre e in esclusiva è la caratteristica saliente del nevrotico bambino

E poi la paura, la dimensione psichica abituale del nevrotico bambino, assillato da paure immaginarie (nevrosi ansioso-depressiva): la paura di non essere amato, di rimanere solo, di invecchiare, di diventare brutto, di ammalarsi, di diventare povero, di finire in un ospizio, di morire. Paura di tutto. Soprattutto del futuro (perché non essendo in grado di affrontare il presente, si immagina chissà quali difficoltà anche maggiori nel futuro).

A questo, per chi fosse curioso di verificare se appartiene o meno a questa “terribile” categoria, l’autore propone questo semplice test. Chiediti se soffri di questi stati d’animo:

INSODDISFAZIONE, INADEGUATEZZA, POSSESSIVITA’, ASPETTATIVE, DEPRESSIONE, LAMENTI, PRETESE, ACCUSE, RIFIUTI, PAURE, ANSIA.

Se ne soffri ricorrentemente o spesso o cronicamente, sei anche tu un nevrotico “bambino”!



martedì 15 giugno 2010

Passano i giorni


Inizio a leggere l’ultimo libro di Antonio Spadaro, Svolta di respiro, un viaggio nella spiritualità delle vita contemporanea attraverso la letteratura, e mi imbatto subito in questa bellissima poesia della poetessa britannica, naturalizzata statunitense, Denise Levertov. Si intitola:

Originaria meraviglia

Passano i giorni e dimentico il mistero.
Problemi insolubili e problemi che offrono
le loro particolari soluzioni, ignorate,
si accalcano e vogliono la mia attenzione,
affollano la sua anticamera con una schiera
di distrazioni, cortigiane, con
vesti colorate, berretti a sonagli.
E poi
ancora una volta, il quieto mistero
mi si presenta, il frastuono della folla
recede: il mistero
che ci sia qualcosa, una qualsiasi cosa,
per non parlare del cosmo, della gioia,
della memoria, di tutto,
invece del vuoto: e che, Oh Signore,
Creatore, Santo, Tu ancora
un’ora dopo l’altra la sostieni.


Ogni volta che chiudo gli occhi, anche io attendo. Che il frastuono dei pensieri receda. Che il quieto mistero mi si presenti. Ancora una volta. Ad ogni respiro.



lunedì 14 giugno 2010

Solo i mistici


«Nel mondo moderno solo i mistici sopravviveranno. Gli altri saranno soffocati dal sistema, se vi si ribellano; o affogheranno nel sistema, se vi si rifugiano».

La citazione è di Raimon Panikkar. La trovo in questo approfondito post di Massimo Diana su DarsiPace dedicato all'esperienza mistica, descritta come "esperienza integrale della vita". Il mistico è "colui che è aperto alla vita nella sua totalità".

Di questa esperienza integrale della vita fa parte la speranza (il mistico "vibra di speranza"). Ma di quale speranza parliamo? Qui l'intuizione di Panikkar è davvero straordinaria:

«La speranza non appartiene al futuro; appartiene all’Invisibile».

Commenta Massimo Diana: sperare non significa proiettarsi in un futuro ipotetico, ma saper cogliere l’Invisibile nel presente visibile. È scoprire un’altra dimensione dentro e oltre la concreta realtà del (triste) presente. Una apertura a quell’altra dimensione che non viene colta né dalla nostra sensibilità né dalla nostra intelligenza, ma che esige il ricorso a quel terzo occhio che solo è in grado di coglierla, e che corrisponde ad una vera e propria resurrezione.

Recita un verso di Elena Bono: "Così semplice era tutto: chiudere gli occhi e guardare"


(L'immagine è presa del web)



mercoledì 9 giugno 2010

Il mattino stesso


«Non era la campana, era piuttosto il mattino stesso che parlava, cantava, esultava, chiamando di nuovo gli uomini alla gioia e al dolore della vita».

Felice Menghini






(Foto Flavio@Flickr)