mercoledì 28 ottobre 2009

Sarebbe bellissimo


Non c'è nessuna ricorrenza che mi spinga a pubblicare come post questo brano dall'ultima struggente e bellissima lettera scritta da Aldo Moro alla moglie prima di venire ucciso. Semplicemente, la citazione presa casualmente da un'amica su facebook, e la voglia di recuperare un testo straordinario nella sua umanità.

"Mia dolcissima Noretta..."

Così inizia la missiva che fu recapitata alla moglie Eleonora Moro il 5 maggio 1978, quattro giorni prima del ritrovamento del corpo in via Caetani. Tolgo le prime righe e le ultime, che contnegono considerazione amare e polemiche sul ruolo svolto dai compagni di partito e persino dal Papa. Lascio queste righe cruciali che parlano del "futuro", a un passo dalla morte. Scrive dunque Moro:

"Per il futuro c'è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi.

Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze.

Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno.

Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo
".


venerdì 16 ottobre 2009

Esame di coscienza


Due post fa ho citato la rivista Nuova Umanità, bimestrale di cultura edito da Cittanuova. Apro l'ultimo numero (luglio-ottobre 2009) e leggo nella prima pagina l'editoriale di Giuseppe Maria Zanghì che esordisce così:

«Credo che l'esame di coscienza che noi cristiani dobbiamo fare...»

Mi fermo subito. Solo quest'incipit basterebbe a giustificare l'abbonamento alla rivista oltre che la mia simpatia per il movimento dei Focolari: l'appello («dobbiamo»!) rivolto ai cristiani ad un'esame di coscienza. Prima di giudicare il mondo, giudichiamo noi stessi, non solo come singoli ma come «ecclesia» (lo dirà subito dopo). In tempi come questi segnati da scontri, chiusure e arroccamenti ideologici, mi pare una semplice ma indispensabile boccata d'ossigeno.

Riprendiamo la frase: «Credo che l'esame di coscienza che noi cristiani dobbiamo fare - scrive dunque Zanghì - è il riconoscere che non siamo ancora riusciti, come corpo, come ecclesia, a dischiudere nel cuore del mondo la cultura del Risorto. E testimoniarla, con la mente e con la vita. E informare di essa le terre sconvolte del nostro mondo».

Viene in mente la critica di Nietzsche: «Quando vedo i cristiani tristi mi convinco che il loro Dio non è risorto. Quando li vedo sereni, va in crisi il mio ateismo».

Nell'immagine, il Cristo Risorto di Piero della Francesca.



PS. Ho già parlato su questo blog di Giuseppe Maria Zanghì, con riferimento ad un suo piccolo ma fondamentale libro (vedi qui e qui)




Sani e salvi


«Generazioni di intellettuali, educati al pensiero astratto e quindi a pensare in superficie, hanno convinto i nostri popoli occidentali che l'anelito all'infinito che regna nel cuore umano e che in realtà connota la nostra stessa natura, non sarebbe altro che un vano delirare di cui liberarci per tornare ai giusti limiti del nostro essere povere "scimmie nude"».

Questo uno dei passaggi più forti dell'ultimo articolo di Marco Guzzi, poeta e filosofo, pubblicato ora online e prima nella rivista Via Verità Vita - Comunicare la fede (n.4, luglio-agosto 2009, anno LVIII).

L'articolo è dedicato al binomio salute/salvezza come «nuovo bisogno primario». L'amplificarsi progressivo dell'interesse dell'uomo moderno verso la salute, «il desiderio di una salute perfetta» è visto da Guzzi in tutta la sua ambiguità. Da una parte la corsa verso un «salutismo nevrotico e paralizzante», dalla parte opposta la «riapertura ad un concetto di salute globale e quindi propriamente alla speranza della salvezza».

Questa seconda direzione richiede però 3 passi, scrive Marco Guzzi. Il primo: «tornare a sperare in una salute/salvezza globale» rieducandoci all'ascolto delle nostre più intime aspirazioni. Da cui l'accusa contro le generazioni di intellettuali e l'invito a tornare a «rivendicare la follia del nostro cuore umano», che vuole «una vita senza fine, una gioia senza confini, una conoscenza piena, un'amore finalmente integro». Che è ugauale a dire: «Noi vogliamo Dio».

Il secondo passaggio obbligato: «riconoscere la nostra malattia mortale», «l'alienazione strutturale che connota l'esistenza umana su questa terra». Come hanno constatato nel XX secolo la pratica psicanalitica e la filosofia più radicale. Come racconta da sempre la teologia cristiana del peccato originale.

Terzo e ultimo passo: «entrare nel processo messianico della guarigione definitiva». La nostra speranza di guarire in modo integrale e definitivo può poggiarsi solo su una potenza infinitamente superiore alle forze vulnerate dell'uomo. Al desiderio di salute che si fa «fame di slavezza» può corrispondere in pieno soltanto l'annuncio della bella notizia: «il Medico è arrivato», «il Medico che guarisce fino in fondo la nostra natura ferita è qui tra noi».


(Foto da Flickr/alextremps)




mercoledì 14 ottobre 2009

Il contropiede di Dio


Per parlare di Dio – scrive Giovanni Casoli in un saggio su Nuova Umanità – è forse meglio ricorrere alle metafore che alle definizioni “catafatiche” (quelle cioè che vogliono dire per via affermativa e definitoria quello che Dio “è”).

«Ovviamente – precisa Casoli – nei riguardi di Dio anche le metafore non concludono, ma essendo aperte offrono il loro accogliente seppure piccolo vuoto all’infinito incontenibile»

Sta di fatto che «molto dell’ateismo moderno è dovuto alla riduzione di Dio a concetti e giudizi che invece possono appena, nel migliore dei casi, alludervi, e che inoltre hanno bisogno di essere equilibrati con allusioni opposte, perché la verità è sinfonica, come ha ricordato von Balthasar, e antinomica, come ha ripetuto e dimostrato Florenskij».

Insomma, vuole dire il Casoli, questo Dio «infinito incontenbile» sfugge ed eccede qualsiasi definizione, lo trovi dove non te lo aspetti, sorprende e rilancia.

Usando una metafora calcistica: «Dio è il contropiede».


(Foto da Flickr/gordonflood.com)


lunedì 12 ottobre 2009

Prima il Regno


"Aspira al Paradiso e lo avrai in terra. Aspira alla terra e non otterrai nulla"

Questa mattina mi imbatto in questa fase di Clive Staples Lewis, irlandese, uno dei maggiori pensatori e scrittori cristiani del XX secolo. Autore, fra l'altro, dei bellissimi racconti fantasy delle Cronache di Narnia.

Dietro la frase si avverte l'eco dell'invito ripetuto di Gesù, nel vangelo di Matteo, a cercare "prima il Regno di Dio", perchè il resto sarà dato "in sovrappiù".

Ho pensato ad un artista che fosse imbevuto di questa visione rovesciata del mondo, e mi è venuto in mente Marc Chagall, di cui ho scelto il dipinto che raffigura "Gli amanti di Vence"


(L'immagine è tratta dal sito: www.socialbenefitblog.com)