domenica 15 settembre 2019

Non si cerca che questo

È incredibile pensare che un libro come Dialoghi con Leucò sia stato pubblicato nel 1947, 2 anni dopo la fine della guerra, a stagione neorealista avviata.

Lo sapeva anche l'autore, quando scriveva di sé in terza persona: "Cesare Pavese, che molti si ostinano a considerare un testardo narratore realista [...] ci scopre in questi Dialoghi un nuovo aspetto del suo temperamento".

Queste brevi e serrate conversazioni tra personaggi della mitologia greca non sono un gioco letterario. La "musa nascosta" di Pavese non è un "capriccio", ma è enigma, oracolo, delirio, rivelazione di viandante, di "eremita". Non è un caso sia questo il libro che l'autore aveva accanto a sé il giorno in cui si tolse la vita, in una stanza d'albergo torinese.

"C'è una legge, Issione, cui bisogna ubbidire [...] C'è una legge, che prima non c'era [...] Un limite è posto a voi uomini [...] Devi chinare la testa. Solamente così salverai la tua sorte [...] Ho paura per voi che non siete che uomini [...] Siamo tutti asserviti a una mano più forte [...] La morte, che era il vostro coraggio, può esservi tolta come un bene"

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"Chi una volta affrontò la Chimera, come può rassegnarsi a morire?"

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"Sono vissuto tanto che ogni storia che ascolto mi pare la mia"

"Ma qual è questa favola che tu credi abbia un senso?"

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"Cosa sono i mortali se non ombre anzitempo?"

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"Quando un dio avvicina un mortale, segue sempre una cosa crudele"

"Dove finisca lo sgomento e incominci la fede, è difficile dire"

"Tutti distrusse questa smania di potere ogni cosa"

"Che per nascere occorra morire, lo sanno anche gli uomini"

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"La terra è tutta piena di divino e di terribile"

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Sorridere è vivere come un'onda o una foglia, accettando la morte. È morire a una forma e rinascere a un'altra. È accettare, accettare, se stesse e il destino"

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"Non sono un uomo come gli altri, amico. Io sono stato condannato dalla sorte [...] Ogni cosa che faccio è destino, capisci? [..] Vorrei cadere anche più in basso, vorrei perdere tutto - è la sorte comune. Ma non essere Edipo [...] Vorrei essere l'uomo più sozzo e più vile purché quello che ho fatto l'avessi voluto. Non subito così. Non compiuto volendo fare altro"

"Anche il tuo desiderio di scampare al destino, è destino esso stesso"

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"Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo"

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"Quel che prima era voglia, era scelta, ti si scopre destino"

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"Che cos'è vita eterna se non questo accettare l'istante che viene e l'istante che va?"

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"Ogni giorno per noi è come il primo. Quel che a te pare un gran silenzio è il nostro cielo"

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"Bello è tornare e bello andare, Lelego. Beviamo ancora, beviamo al passato. Bella è ogni cosa abbandonata e ritrovata"

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"Tutti gli dei sono crudeli"

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CRATOS: "Ma tu sai cosa sono gli uomini? Miserabili cose che dovranno morire, più miserabili dei vermi o delle foglie dell'altr'anno [...]
BIA: "Se tu ne avessi conosciuti capiresti. Sono poveri vermi ma tutto fra loro è imprevisto e scoperta [...] C'è persino, tra loro, chi osa mettersi contro il destino. Soltanto vivendo con loro e per loro si gusta il sapore del mondo"

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"Questi mortali sono proprio divertenti [...] Tutto quello che toccano, diventa tempo. Diventa azione. Attesa e speranza. Anche il loro morire è qualcosa [...] Dappertutto dove spendono fatiche e parole nasce un ritmo, un senso, un riposo [...] Sanno darci dei nomi che ci rivelano a noi stessi"

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"Perché non capiscono che proprio la loro labilità li fa preziosi?"

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"Ogni gesto che fate ripete un modello divino. Giorno e notte, non avete un istante, nemmeno il più futile, che non sgorghi dal silenzio delle origini"

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"Io, per me, non mi stanco di sentirli parlare dei loro terrori notturni e delle cose in cui sperarono [...] Credo in ciò che ogni uomo ha sperato e patito"