martedì 29 gennaio 2008

Il padre pasticcere

Conosco un padre che il giorno del compleanno del figlio, 6 anni, si alza alle 5 e 30 del mattino per preparare le torte per la festa del pomeriggio. Tu dici chi te lo fa fare, i dolci li puoi comprare, chi sa che faticaccia, che ammazzata. Tutto vero. Ma ecco che lui ti racconta per filo e per segno come ha preparato la torta di ricotta, l'impasto, la cottura, i trucchi che ha usato, e poi la crostata con la marmellata fatta in casa - sempre da lui - quindi un'altra crostata multigusto e multicolore. Ti comunica cioè la passione e il piacere per le cose che ha fatto. Sui risultati strepitosi possono garantire il mio stomaco e le mie papille gustative. Ma sono grato a questo papà pasticcere - che per lavoro fa altro, a scanso di equivoci - per avermi insegnato e ragalato almeno un po' del suo gusto per la vita.

La metà del segreto

Ci sono persone che solo a sentirne la voce ti comunicano una simpatia umile e profonda, un'allegria immediata per quanto immotivata. Leggera ma tutt'altro che superficiale. Io ne conosco almeno una, a cui dedico questo post, dopo averla sentita proprio oggi al telefono per motivi di lavoro. Fa il giornalista per una rivista cattolica e si fa fregio di un accento toscano che, forse, è metà del suo segreto. Il nome non lo dico per paura di imbarazzarlo. Ma le sue telefonate sono per me una terapia del buon umore.

Le cose bellissime


Ieri pomeriggio, nella mia parrocchia, incontro sul tema immigrazione e accoglienza. "Babele o convivialità delle differenze?" suggeriva provocatoriamente il titolo. Uno dei 2 relatori, Padre Bruno Mioli, ottantenne scalabriniano, direttore uscente della Fondazione Migrante della Cei, ha letteralmente "infiammato" la platea invitando a vivere l'incontro con l'altro, con gli immigrati, come anticipo del Regno di Dio, del Banchetto celeste.

Mia figlia Elisa, 4 anni, per quasi tutto l'intervento resta in sala con la madre, fino quando non le chiede di portarla in bagno. Al che le dice:
- "Lo senti mamma che il mio cuore batte fortissimo?"
- "Sì che lo sento"
- "Mi batte perchè ha sentito le cose che ha detto quel signore..."
- "Ma perchè tu hai capito cosa diceva?"
- "Ma io, anche se non ascoltavo, il mio cuore ha sentito le cose bellissime che sta dicendo questo signore. E vero che sono bellissime?"

Certo che è vero, Elisa


(Foto da Flickr, creative commons, chloe, Fruit with a heartbeat)

Alternative

"Se non ci amiamo, ci distruggiamo".

Lo dice Raoul Follerau, giornalista e poeta francese (1903-1977), fondatore dell'associazione omonima che dal 1967 aiuta e difende i diritti dei malati di lebbra, in particolare nei paesi africani. E' esagerato, o ha esageratamente ragione?






(Foto da Flicr, creative commons, ten safe frogs, bomb_icon)

giovedì 24 gennaio 2008

Rigore...sbagliato


Se sbaglio, voglio sbagliare piuttosto per troppa bontà che per troppo rigore”.


Oggi è la memoria liturgica di San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa, oltre che patrono dei giornalisti, degli autori, degli scrittori e dei sordomuti. Detta da un grande mistico e padre spirituale, la frase è meno "veltroniana" di quello che può sembrare. Ne aggiungo un'altra: "Sii paziente con chiunque, soprattutto con te stesso".



(Foto da Flickr, creative commons, My boy Dodger)

martedì 22 gennaio 2008

Non c'è più religione

"Libero dibattito in libera Chiesa". Titolo grande a pagina 4. Di fianco un altro titolo: "Non basta la dottrina". Su che giornale siamo? Uno esperto di cose di Chiesa direbbe Adista, lo storico bollettino di contro-informazione cattolica, quello ultra-tardo-stanco-catto-comunista, e invece è l'Osservatore Romano di sabato 19 gennaio 2008. Vi rendete conto? Ah, non c'è più religione....

venerdì 18 gennaio 2008

Lo scacchio

Giosuè, a 5 anni e mezzo, scopre gli scacchi. Nel senso che ne rompe 2 a casa dei nonni, dalla scachiera pregiata del salone. Poi alla scuola materna gli fanno vedere harry potter, dove pare ci sia una scena con gli scacchi, nel finale, particolarmente eccitante. "Papà - mi racconta - a un certo punto c'è Harri Potter che prende lo scacchio e dice... scacchio matto!"

martedì 15 gennaio 2008

Furia... e flemma

"Scrivi con furia, correggi con flemma".

Trovo casualmente questa frase del poeta inglese W.D. Roscommon (1633-1685) sulla newsletter speciale di gennaio dell'Art Directors Club Italiano, dal simpatico nome "Il Latore della presente". La trovo verissima e utilissima in entrambe le indicazioni, e la dedico a chi, come me, è troppo lento a scrivere e troppo rapido, forse, nel correggere.


(Foto da Flickr, creative commons, meike_g, Faith)

martedì 8 gennaio 2008

Sulla soglia della luce


Sono andato a vedere nei giorni scorsi la mostra al Palazzo delle Esposizioni dedicata al pittore statunitense Mark Rothko. Spinto soprattutto dalla lettura di un bell'articolo di presentazione su Civiltà cattolica a firma di Antonio Spadaro, e intitolato evocativamente "Un pittore sulla soglia della luce".

L'arte, secondo le parole dello stesso pittore, è la "capacità di vedere cose ed eventi come se apparissero (...) per la prima volta, liberi dai sedimenti dell'abitudine e dalle convenzioni". E proprio Rothko, secondo Spadaro, è stato artista capace di aprire "nuove visioni".

I quadri di Rothko, quelli del suo periodo maturo, quelli per i quali è famoso nel mondo, non contengono figure. Sono macchie, nuvole di colore. Ma Rothko ribadiva sempre di non essere un pittore astrattista. Per lui le macchie hanno "la concretezza pulsante di carne ed ossa". Ma allora perché non figure umane o figure del mondo che ci circonda? Perchè "l'identità familiare delle cose va ridotta in polvere", scrive Rothko nei suoi appunti, per aprire la tela a quella esperienza trascendente, senza la quale l'arte sprofonda nella "malinconia". Commenta Spadaro: senza una trascendenza è proprio questo, dunque, il sentimento che regna sovrano sulla vita dell'uomo: la malinconia.
(Foto Flickr, Creative commons, Daquella manera, Rothko)

lunedì 7 gennaio 2008

Ore a guardare qualcosa

"Ho imparato molto dai fotografi, prima di tutto la modestia. Lo stare ore a guardare qualcosa... Allo stesso modo, per scrivere bisogna prendere e sprecare tempo, ozio".

L'intervista è un po' vecchia ma la frase era troppo bella perchè non l'annotassi sul blog. Chi parla è lo scrittore Gianni Celati, intervistato da Avvenire lo scorso 23 novembre. Ritorna, come nel post precedente, il tema dello sguardo e in più del tempo, speso o sprecato davanti alla realtà, per poterla raccontare.

"Bisogna avere il coraggio di guardare le cose in maniera diversa, come fanno i grandi fotografi". E si apre il tema del mistero: "Gli uomini, nella loro stoltaggine generale, credono di sapere tutto della vita". Ma "la vita è mistero. E le cose più misteriose sono quelle che vediamo più chiaramente, ma che più neghiamo".

Causa di questa stoltaggine sono in buona parte - per Celati - i mass media, che "contribuiscono in maniera massiccia, giorno per giorno, a creare una barriera di stupidità". Loro la responsabilità, anche, di quello "sprofondamento nella chiacchiera" - che chiamiamo attualità - "da cui non ci risolleviamo più in alcun modo".

Ma Celati ne ha anche per gli esperti di letteratura alla Umberto Eco. "La disgrazia della letteratira - dice - è di essere stata presa in mano violentemente dai cosiddetti esperti, i quali hanno l'idea che essa esista in generale, come fenomeno, e non come fatto vario e sempre indecidibile"...


(Foto da Flickr, creative commons, Eric Perrone, Guardare l'oltre)

Antologia dello sguardo fresco

"Valutare una narrazione significa valutare uno sguardo e la sua adeguatezza". Così Antonio Spadaro, gesuita e critico letterario, in un articolo sulla letteratura significativamente intitolato "Romanzo, che cosa resta?".

"È tutta questione di sguardo - scrive -. Per lo scrittore tutto trova verifica nel suo occhio. È questa, infatti, la domanda che sempre mi pongo davanti a un libro: cosa vede? Cosa mi fa avedere? Come me lo fa vedere?" E lancia quindi come battuta l'idea della compilazione di una "antologia dello sguardo fresco", collazione di "pagine in grado di comunicare uno sguardo ingenuo sulla realtà, da quella migliore e solare a quella più dura e tragica".

"Quella dell'indignazione o della rassegnazione - continua Spadaro - non è "la strada obbligata" per la letteratura, come molti invece contiinuano a credere. Esiste un compito molto più propositivo di quello di smascherare il volto negativo e drammatico della realtà, intesa necessariamente come crudele e tragica. Un compito forse anche "epico": "quello di far fare un'esperienza nuova della realtà, del mondo, della vita".

Come? Attraverso pagine "libere dalla stanchezza del rancore e del fallimento necessario, dal torpore del sentimentalismo, dalla banalità del puro gioco delle forme; pagine che conoscono la perdizione del naufragio, ma anche la grazia della salvezza; pagine che sappiano guardare alla realtà così com'è, senza rimedi e senza l'airbag della militanza indignata o colta".


(Foto da Flickr, creative commons, pasotraspaso, Fish's protest)

venerdì 4 gennaio 2008

Lasciarsi ferire

Su Jesus di questo mese, intervista molto bella a mons. Gianfranco Ravasi, neo presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

Si parte dall'idea di "cultura", cosa debba interdersi con essa. "Dopo un lungo periodo razionalstico che pensava alla cultura solo come a un fenomeno accademico, adesso sempre più la si considera come una sorta di grande anima cosciente e coerente che attraversa tutto l'agire umano".

Si parla quindi del confronto tra fedi e culture, laici e cattolici, e della "sindrome dello scontro", aggravata dal fatto che "non è più uno scontro nobile e alto" ma è "quasi un gioco di società". "Oggi - nota Ravasi quasi con rimpianto rispetto al passato - per via della modesta temperie culturale in cui viviamo, lo scontro avviene sul piano dell'ironia, del sarcasmo, dello sberleffo da una parte; e dall'altra, con insorgenze altrettanto modeste di tipo fondamentalista-apologetico".

A proposito dell'ascolto dell'altro, Ravasi spiega: "Non è una cosa banale: ascoltare è un'attività che costa tanto quanto il parlare. Vuol dire non sceglersi l'interlocutore compiacente, vuol dire anche lasciarsi ferire dalle domande che vengono poste".

Quindi su San Paolo ed il rapporto con il mondo: "Se il cristianesimo non vuole essere una setta, deve riuscire a fare i conti con la cultura del proprio tempo". Mettendo "in conto il rischio dello scacco" e accorgendosi allo stesso tempo della "eccedenza del messaggio cristiano", "eccedenza della fede". Contro i sincretismi ma soprattutto "contro i sistemi di pensiero omnicomprensivi, anche quelli che difendono Dio". "La fede è sempre un di più, molto di più".

Infine, sul modello di Chiesa "non monolitica e non anarchica, ma vivente". "Il modello cristiano - dice - è quello della molteplicità, della diversità nell'unità. Nessuno può dire: questo è l'unico, vero cristiano. Il cristianesimo nasce nella sua ecclesialità, nel suo essere tutti partecipi, pronti a prendere dall'altro gli aspetti positivi, in una continua osmosi. Per questo non bisogna avere mai disprezzo di qualsiasi tipo di esperienza ecclesiale. Però bisogna condannarla quando diventa integralista, arrogante, autosufficiente e pretende di affermare di essere l'unica".

Ce n'è per molti.



(Foto da Flickr, creative commons, a paphia, Drawing Pins)

Come si fa

"Gli uomini vorrebbero essere migliori, ma non sanno come si fa".

La frase è di uno scrittore che non conosco, Cormac McCarthy, detta da uno dei suoi personaggi e citata oggi su Avvenire nella nuova rubrica quotidiana "Sguardi", a cura di L. Bosio, che sostituisce lo storico Mattutino di Ravasi.

Alcuni uomini si sforzano, dice la Bosio, e a volte ci riescono. Ma quando non ci riescono, mi viene da aggiungere, diventano più tristi, e peggiori.


(Foto da Flickr, luiginter, Semaforo: istruzioni per l'uso)

giovedì 3 gennaio 2008

La moglie e lo psichiatra

"Uno psichiatra è un tizio che vi fa una sacco di domande costose che vostra moglie vi fa gratis".

Ricevo questa divertente citazione di Woody Allen da un'amica e collega, Cinzia. Replico con un'altra battuta: lo psichiatra ti fa pagare le domande, la moglie le risposte! Seriamente, invece, mi sento di dire questo. Se è vero che l'amore è gratuito - è gratuità - è vero anche che ha un costo. Ed è il costo della verità. Su questo le donne - le mogli - non usano fare sconti.

(Foto da Flickr, creative commons, hsingy, married 2)

Umiltà feconda

Ricevo con piacere e gratitudine gli "auguri di pace" per il Natale e l'anno nuovo da parte di Luca, giornalista di Avvenire e insospettabile maratoneta. Il biglietto contiene una frase molto bella di Benedetto XVI che riporto, pronunciata a Loreto, il 2 settembre scorso, in occasione dell'Agora dei giovani. Il tema è quello dell'umiltà feconda.

"L'umiltà di dio che si è fatto carne, si è fatto piccolo, e l'umiltà di Maria che l'ha accolto nel suo grembo. L'umiltà del Creatore e l'umiltà della creatura. Da questo incontro di umiltà è nato Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo".


(Foto da Flickr, creative commons, dinogen, "Terra arata")

Il male "oscuro"

Per dire tutto in una parola, anche a Roma si avverte quel deficit di speranza e di fiducia nella vita che costituisce il male "oscuro" della moderna società occidentale


Così Benedetto XVI nell'omelia del 31 dicembre per i primi vestri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio. "Dire tutto in una parola" aiuta spesso a cogliere il centro dei problemi e delle questioni. Quanto sia "oscuro" questo male non finiremo mai di scoprirlo, sulla nostra pelle.






(Foto da Flickr, creative commons, Pablosmin)

mercoledì 2 gennaio 2008

Ti amoro!



Mattina del 1° gennaio. La mamma è a letto con Giosuè ed Elisa nel lettone. Giocano, ridono, si fanno le coccole. Ad un certo punto la piccola fissa eccitata la mamma e colma di felicità le dice: "Io ti amoro!". Che sta insieme per ti amo e ti adoro. Anche le parole più grandi sono troppo strette per il cuore dei bambini. Capita, a volte, anche ai grandi poeti.





Un buon anno alla mia "amorata" famiglia e alla mamma in particolare: "Ti amoro anch'io!"
















L'ananas e la Tv

La televisione è davvero pericolosa. Ne ho avuto le prove ieri sera, 1 gennaio, mangiando un ananas. Come uno sprovveduto mi ero infatti fidato delle parole di una specie di esperta dietologa, su Rai 1, che in una trasmissione del pomeriggio aveva consigliato: "Per compensare gli eccessi alimentari di questi giorni di festa, mangiate un ananas intero al posto di uno dei pasti". Ora, il caso ha voluto che io avessi comprato un ananas per la notte di capodanno, che era rimasto però intatto nel cesto della frutta, proprio per gli eccessi alimentari della notte del 31. Un po' per la dieta, quindi, e un po' per non buttare i soldi spesi, ho deciso ieri di farmi fuori al posto della cena un ananas intero (!). Ma l'ananas - avrebbe dovuto ricordare la dietologa - è un frutto altamente allergizzante, soprattutto se assunto in dosi esagerate. E così - nonostante io non sia affatto allergico - dopo pochi minuti dal lauto pasto la mia lingua ha iniziato a bruciare e soprattutto gonfiarsi enormemente. Bruciore e gonfiore hanno incominciato ad espandersi alle labbra e soprattutto alla gola. Avendo una moglie fortemente allergica, so quanto questo rappresenti un segnale serio di pericolo e così, per evitare eventuali rischi di soffocamento - ho assunto l'ultima pasticca di Bentelan che avevamo dentro casa. Dopo qualche ora il gonfiore è passato. Nel frattempo mi sono domandato quante persone non allergiche come me potevano aver seguito il consiglio dell'esperta. E per una volta nella vita mi ha confortato la speranza di essere l'unico... c.glione.


(Foto da Flickr, bjortklingd, "Holy sun of ananas")