sabato 28 novembre 2015

Parole che nascondono nomi


Se fossi l'insegnante che avrei voluto essere, inserirei tra le materie "storia delle parole", un modo sorprendente e spesso divertente di prendere coscienza di chi siamo, da dove veniamo, cosa stiamo davvero dicendo quando usiamo le parole difficili o quelle di tutti i giorni.

La storia, il significato, l'etimologia delle parole possono farti compiere in un lampo salti temporali vertiginosi, creare legami e connessioni a volte impensabili, farti entrare nel vivo della Storia o del Mito dalla porta di servizio.

A questo proposito, ho finito di leggere "Parole di giornata", di Edoardo Lombard Vallauri e Giorgio Moretti (Il Mulino, 2015), libro che racconta la curiosità, la meraviglia e l'uso di oltre 250 parole, partendo dall'esperienza del sito unaparolaagiorno.it.

Tanti gli spunti, le suggestioni, le informazioni. Tra i fenomeni della lingua più curiosi e divertenti voglio segnalare quello dell'antonomasia, figura retorica che consiste nell'uso di un nome proprio caratterizzante al posto di un nome comune (o viceversa). Quando diciamo di qualcuno che è un Casanova o un Mecenate, magari senza sapere esattamente chi fossero questi signori, stiamo usando un'antonomasia. La notorietà di questi nomi ha cioè caratterizzato un'intera categoria di persone o concetti.

Altre volte ancora nemmeno ci accorgiamo oppure ci scordiamo che dietro le parole o le espressioni che adottiamo si nascondono nomi di persone (vere o letterarie) con le loro storie e vicissitudini.

Quando parliamo di boicottaggio, ad esempio, stiamo parlando del capitano inglese Charles Canningham Boycott, proprietario terriero dell'800 che fece arrabbiare non poco i suoi braccianti. 

Se improntiamo le nostre azioni al piccolo o al grande cabotaggio, stiamo inconsapevolmente ricordando le imprese del navigatore Giovanni Caboto. 

Se ci perdiamo al centro storico in un dedalo di strade, la colpa sarà dell'architetto omonimo che costruì il labirinto del palazzo di Minosse e tentò la fuga in volo con ali di cera insieme al figlio Icaro.

Se invochiamo pene draconiane per i responsabili di qualsivoglia misfatto, stiamo assumendo come modello l'arconte Dracone, primo legislatore di Atene nel VII a.C.

Se un'affermazione ci apparirà lapalissiana, il merito (o la colpa) è del marchese Jaques De La Palice, maresciallo di Francia vissuto nel 1500.

Se vogliamo linciare una persona, come impulso di rabbia o di vendetta certamente censurabile, ci stiamo attrezzando ad "usare la legge di Lynch": Charles Lynch, giudice inflessibile della Virginia, o William Lynch, comandante militare.

Se ci prepariamo un pranzo luculliano, lo dobbiamo a Lucio Licinio Lucullo, generale romano rimasto celebre per i suoi banchetti.

Se diamo a qualcuno del maramaldo, o siam noi stessi a maramaldeggiare, ricordiamo la vile prepotenza di Fabrizio Maramaldo, soldato di ventura che uccide il condottiero Francesco Ferrucci, prigioniero e disarmato.

Pantagruelico sarà invece il nostro appetito, come lo era quello di Pantagruel, gigante insaziabile protagonista del romanzo del '500 Gargantua e Pantagruel.

Sciovinista diremo il nazionalista esaltato, in memoria di Nicolas Chauvin, soldato di Napoleone sfrenatamente militarista e patriottico. Stacanovista il lavoratore indefesso, in memoria del minatore russo Aleksej Grigorevic Stachanov.

Quando, infine, ci capiterà di apprezzare la silhouette di una bella donna, ci sorprenderemo di rievocare la figura di Etienne de Silhouette, controllore generale delle Finanze del re di Francia Luigi XV, rimasto nella storia per la sua capacità di rendere "smilze" e vuote a suon di tasse le tasche dei contribuenti.


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