mercoledì 27 maggio 2009

Responsabilità


Essere un fiore, è profonda / responsabilità

(To be a flower, is profound / responsability)

Ringrazio un amico, Marco, per avermi ricordato questo verso meraviglioso di Emily Dickinson, proprio nel commento al post precedente su Whitman.

Con Whitman e Dickinson è come se la natura - dopo secoli di incomprensione - tornasse a parlare, a farsi creatura, a metterci in relazione profonda con le cose e con il loro Creatore. Quasi la riscrittura - parrebbe - di un nuovo Cantico delle creature.

Ancora Emily:

Nel nome dell’ape
e della Farfalla
e della Brezza - Amen!


(Foto da Flickr/Hamed Saber)



martedì 26 maggio 2009

Perché tu sia il mio canto


Schiodate i catenacci dalle porte!

Schiodate le porte stesse dai cardini!

Se il poeta Majakovskij rimaneva crocifisso sulla carta "coi chiodi delle parole", l’opposto sembra accadere a un altro poeta e alle sue parole, che “schiodano” invece di inchiodare. Parliamo di Walt Whitman (1819-1892), il gigante della poesia americana. Il padre fondatore, l’Adamo della poesia degli Stati Uniti come Emily Dickinson può esserne considerata l’Eva, la donna originaria.

La lettura del suo capolavoro – Foglie d’Erba (Leaves of Grass) – mi ha accompagnato per molti mesi. E alla fine, sono tantissimi i versi che mi rimangono da “cantare”. Cos’altro chiedere, del resto, ad un poeta?

Dammi belle parole da cantare! Prenditi tutto il resto

I versi di Whitman si cantano non perché siano in rima, ma perché sono un inno, una lunga e ininterrotta celebrazione. (Io e i miei versi non convinciamo con argomenti, similitudini o rime, / Ma convinciamo con la nostra presenza…)

Una celebrazione della vita:

Grande è la vita, concreta e mistica, ovunque e per chiunque,



Il più piccolo germoglio mostra che in realtà non esiste la morte…



L’essere nati è una risposta sufficiente a ogni obiezione


Celebrazione del presente:

Non c’è niente di meglio di questo minuto, adesso



Ogni momento e tutto quello che accade, mi fa fremere di gioia



Non c’è mai stato più inizio di quanto ce ne sia ora



La felicità in nessun alto posto che qui – in nessuna altra ora che questa


Celebrazione del corpo:

Se c’è qualcosa di sacro, il corpo umano è sacro
(If any thing is sacred, the human body is sacred)



Ogni parte e frammento di me è un miracolo
Divino sono, dentro e fuori, e rendo santa ogni cosa che tocco o da cui sono toccato,
L’odore di queste ascelle è un aroma più sottile della preghiera,
Questa testa è più delle chiese, delle bibbie, dei credo.



Celebrazione della realtà:

Penso che un filo d’erba non sia da meno di un movimento delle stelle,
e la formica sia altrettanto perfetta, e un granello di sabbia, e l’uovo di una gallina,



E credo che non troverò nulla nelle stelle di più maestosamente bello che già non abbia trovato sulla terra


Celebrazione della democrazia:

L’unico governo possibile è quello che tiene conto degli individui



E nessuno, nemmeno il Presidente, ha diritto a qualcosa in più di te o di me,
E nessun abitante d’America ha diritto a qualcosa in meno di te o di me


Celebrazione dell’America:

...questa America siamo solo tu ed io
il suo potere, le sue armi, la sua testimonianza, siamo tu ed io


Celebrazione dell’umanità:

Trovo la mia casa ovunque ci siano dimore di uomini



Nei volti di uomini e donne vedo Dio, e nel mio stesso volto allo specchio,
Trovo lettere lasciate cadere per strada da Dio e ognuna è firmata col nome di Dio,


Celebrazione di ogni singolo uomo.

Ognuno di noi altrettanto divino qui come chiunque altro

A cominciare dall’autore:


I celebrate my self
(Celebro me stesso)

E’ il primo verso di Foglie d’Erba, dalla prima “Poesia di Walt Whitman, un americano”, che diverrà poi, nelle successive rielaborazioni, “Song of myself”.

Il canto di me stesso che mi alzo dal letto e vado incontro al sole

Ma non è un io chiuso su se stesso quello che parla. E’ un io che mantiene con l’altro un rapporto speciale, aperto, si può dire di identificazione, o “incarnazione”

Io divento qui ogni presenza o verità umana



Sono il pompiere schiacciato con una costola rotta...



Io sono l’uomo, ho sofferto, ero lì



L’altro cui si rivolge il poeta è sempre un tu. E dietro il tu c’è il lettore, che Whitman unisce a sé in una sequela d’amore che non può non ricordare – nei toni, negli accenti, nei riferimenti più o meno espliciti - quella del Cristo coi suoi discepoli, con ognuno degli uomini.

Se non riesci ad afferrarmi subito, non ti scoraggiare,
se non mi trovi, cercami in un altro
io da qualche parte mi fermo ad aspettare te



hai sognato abbastanza a lungo spregevoli sogni,
Ora ti lavo il fango dagli occhi,
ti devi abituare al fulgore della luce, e di ogni momento della tua vita



tu sei colui o colei per il quale il sole e la luna sono sospesi nel cielo



Chiunque tu sia, metto ora la mia mano su dite, perché tu sia il mio canto,
Accosto le mie labbra per sussurrarti all’orecchio,
Che ho amato molti uomini e donne, ma non amo nessuno più di te


(Foto di Whitman, da Wikipedia)


sabato 23 maggio 2009

Te la do io una carezza


Accadono a volte cose semplici e imprevedibili che ti riconciliano con la vita, e forse anche con la morte.

In fila alla cassa di un supermercato, una donna racconta a una signora anziana il dolore per la scomparsa - recente - della madre. "Passo davanti agli scaffali e gli occhi mi cadono sulle cose che piacevano a lei" dice.

La mamma - capisco - si era ammalata improvvisamente, e le figlie avevano dovuta ricoverarla in una clinica. "Quello che mi manca di più - confida ancora - è una sua carezza. Mi accontenterei di una sua carezza".

La fila alla cassa scorre. La donna più giovane paga, saluta e fa per andare via. La signora anziana - che avrà avuto l'età della madre, probabilmente erano amiche - la ferma e le accosta la mano gentile sul viso: "Vieni qua - dice - Quando ti incontro te la do io una carezza".


(Foto da Flickr/C1ssou: "Midnight in a supermarket")




martedì 12 maggio 2009

Parole come chiodi


Guardate:

sulla carta sono crocifisso

coi chiodi delle parole.




(dalla poesia "Ascolta", Vladimir Majakovskij, in Flauto di vertebre, 1917)

venerdì 8 maggio 2009

Puffo e puffetta


Giosuè
ascolta una barzelletta alla radio. Non può capirla perchè è a sfondo sessuale, e lui è ancora abbondantemente dentro la fase pre-puberale (termine azzeccatissimo in questo caso...). Ma decide comunque di raccontarmela, pensando che io non l'abbia sentita. Ne esce fuori una versione surreale, che non posso non raccontare.

Ma iniziamo dall'orginale.

Due bambine - una sorella grande e una più piccola - parlano tra di loro. La grande dice alla piccolina: - Lo sai che io ho la barbie? - La piccola (che la sa sempre più lunga della sorella) risponde smorfiosa: ed io di barbie ho anche la casa! - La sorella maggiore ci riprova: - e lo sai che io ho un rossetto? Replica la piccola: - e io ho la trousse completa di tutti i trucchi! - La grande non ne può più e sbotta: - e allora lo sai che io ho un pelo sul pube? - Ma dai? - fa l'altra fingendo la resa - e dà fastidio anche a te quando fai l'amore?

Sentiamo Giosuè. La sua versione è uguale fino all'ultimo scambio, quando la bambina grande si spazientisce e dice alla sorella: - lo sai che io ho un puffo? - E quella: - e ti fa male quando fa rumore?


Ovviamente lui ride di gusto, ma non oso chiedergli perché. Anch'io rido, pensando a questo post che avrei scritto. Rimane un'ombra inquietante sui puffi: non è che c'era una metafora che non ho mai capito...?

Contro ogni legge fisica


BRUCIA IL ROVETO

È davvero un fuoco divorante
che annienta parole e pensieri
la tua Parola....
E predicarla
è ancor più bruciante
tanto da essa son distante.

È contro ogni legge fisica
questa fiamma
che più ti allontani
e più ti fa male.


Marco Statzu, l'autore di questa poesia, è un giovane sacerdote che ho conosciuto via web. Da poco è diventato dottore in teologia, con una tesi sulla "Mistica dell'Incarnazione". Attraverso il suo blog ne conoscerete anche la simpatia e la libertà, oltre che l'impegno appassionato con i ragazzi della parrocchia di San Nicolò a Guspini, in Sardegna.

Tornando alla sua poesia, la trovo molto bella, in particolare la seconda strofa, perfetta nella sua radicale verità, e dunque semplicità. Queste cose don Marco le sa perchè frequenta i mistici. Poeti e mistici parlano la stessa lingua, anche quando dicono cose diverse.


(Foto da Filck/Conanil)



mercoledì 6 maggio 2009

La tarrataruga


Per alleggerire, tra un post e l'altro, altri due neologismi dal vocabolario della mia piccola Elisa, freschi di giornata.

Al ristorante cinese, questa sera, ha ricevuto in regalo un "ventagliolo".

Prima ancora, su un disegno per la mamma, aveva scritto a modo suo i nomi di alcuni animali (l'anno prossimo andrà in prima e sembra si voglia avvantaggiare). Tra questi, meravigliosa invenzione, la "tarrataruga"!!!


(Foto da Flickr/Ana Paula Prada)



martedì 5 maggio 2009

Allora dovrai cantare


Riprendo dal post precedente, la suggestione di Marco Guzzi sulla natura poetica di Friedrich Nietszche, che se assecondata - forse - avrebbe potuto portare ad altri esiti la sua vicenda umana e intellettuale.

E' il "Canto del grande anelito", finale del celebre "Così parlò Zarathustra". Pubblico qui un testo che ho recuperato on line:

...

Anima mia, io intendo il sorriso della tua melanconia: la tua stessa sovrabbondante ricchezza ora tende le mani desiderose!

La tua pienezza guarda al di sopra di mari mugghianti, e cerca e attende; l'anelito della pienezza traboccante guarda dal cielo del tuo occhio sorridente!


E, in verità, anima mia! Chi potrebbe vedere il tuo sorriso, senza struggersi di lacrime? Gli angeli stessi si struggono di lacrime per la bontà traboccante del tuo sorriso.

La tua bontà, la tua traboccante bontà, non vuole lamentarsi né piangere: e tuttavia, anima mia, il tuo sorriso anela le lacrime, e la tua bocca tremante il singhiozzo.


Non è ogni pianto un lamento? E ogni lamento un'accusa? Così parli a te stessa, e perciò, anima mia, preferisci sorridere che sfogare il tuo dolore


- sfogare in lacrime scroscianti tutto il tuo dolore per la tua pienezza e per il tormento della vite, che vuole il vignaiuolo e il falcetto del vignaiuolo!

Ma se non vuoi piangere, se non vuoi sfogare nelle lacrime la tua melanconia purpurea, allora dovrai "cantare", anima mia! - Vedi, anche io sorrido, io che ti predìco:


- cantare un canto mugghiante, finché tutti i mari ammutoliscano, per ascoltare il tuo anelito,


- finché su muti mari anelanti, galleggi la navicella d'oro meravigliosa, attorno a cui saltellano guizzanti tutte le buone malvagie stravaganti cose:


- e anche molti animali grandi e piccoli e tutto quanto vada su piedi leggeri e stravaganti, tanto da poter camminare su sentieri di azzurro violetto,


- verso la meraviglia d'oro, la libera navicella e il suo signore:questi però è il vignaiuolo, che attende col suo falcetto di diamante,

- il tuo grande liberatore, anima mia, il senza nome - cui canti futuri troveranno un nome! E, in verità, il tuo respiro ha già il profumo di canti futuri,

- già tu ardi e sogni, già bevi assetata a tutte le profonde sonore sorgenti di consolazione, già la tua mestizia riposa nella beatitudine di canti futuri!

- Anima mia, tutto io ti ho dato e anche le mie ultime cose, e tutte le mie mani si sono vuotate per te:


- "ordinarti di cantare", ecco, questa fu la mia ultima cosa! Ordinarti di cantare
- e ora parla, di': "chi" di noi due, adesso, ha da ringraziare?

- O meglio ancora: canta per me, canta, anima mia! E lascia che io ringrazi!

-
Così parlò Zarathustra.

Dinamite contro il Crocifisso


Appunti di filosofia, e letteratura.

Qualche pomeriggio fa, sono riuscito a regalarmi il tempo per una bella conferenza filosofico-letteraria dedicata Friedrich Nietzsche, e all’attualità della sua sfida. "Dioniso Contro il Crocifisso" il titolo dell'incontro alla biblioteca della Camera dei deputati, in via del Seminario, a Roma, organizzato all'interno della Rassegna "Inediti in Biblioteca", diretta da Maria Luisa Spaziani, poetessa e critica letteraria torinese di 87 anni, storica sodale di Eugenio Montale.

Relatori della conferenza: Sossio Giametta, traduttore e commentatore in Italia dell’opera integrale dell’autore di Zarathustra, classe 1929, venuto apposta da Bruxelles, dove vive; Marco Guzzi, poeta e filosofo, oltre che amico.

Inizia Giametta. "Nietzsche non è stato ancora capito" dice, e cita Zucchero Fornaciari: "Nice, che dice? Boh?"

Diversi i motivi di questa incomprensione. Secondo un suo biografo: “Di Nice non si può venire a capo perché neanche lui ne è venuto a capo”. In realtà, sostiene Giametta, l’incomprensione sul pensatore tedesco deriva innanzitutto dai "tentativi di strumentalizzazione del suo pensiero, un’attualizzazione a-critica in chiave soprattutto nichilistica. Mentre Nietzsche si oppone al nichilismo con la sua grande e tragica visione dionisiaca…"

C'è poi un altro motivo di incomprensione, secondo Giametta. Nice è stato fatto a fette come un bue, chiaro che la sua opera risulta complessivamente incomprensibile. "Tante bistecche messe insieme non fanno un bue, soprattutto non fanno un bue vivo!"

Ma chi è allora veramente Friedrich Nietzsche? Un grande oppositore di tutte le ipocrisie (filosofiche, religiose, sociali, politiche). Di tutte le illusioni, gli oblii, le falsità, le ipocrisie degli uomini e dei sistemi di pensiero. Ha provocato un terremoto spaventoso di cui è rimasto vittima lui stesso. Questa è la chiave per capire tutto Nice. “Fenomeno epocale terrificante” diceva Thomas Mann. E lui stesso: “Io non sono un uomo, sono dinamite” (Ecce Homo)

Un moralista più che un filosofo, insomma, e un poeta. Ma senza un pensiero concettuale, sistematico. Anzi quando vuole sistematizzare le sue intuizioni, si contraddice, fa un cattivo sistema. Tanto cattivo che finisce per costituire "il cuore ideologico del nazi-fascismo": il valore della forza, il dominio dei forti sui deboli...Giametta ricorda che Hitler regalò a mussolini l’opera omnia di Nietzsche. E che i soldati tedeschi avevano nei loro zainetti la "Volontà di potenza".

E' la volta di Marco Guzzi, che invita da parte sua a prendere sul serio Friedrich Nietzsche e la sua proposta di umanità molto precisa: "Dioniso contro il Crocifisso". E' il Cristo, infatti, secondo Guzzi, il vero antagonista e protagonista dell'opera di Nice, che in Ecce Homo dice testualmente: “Io sono il lieto annunzio”. E così termina: “Sono stato compreso? Dioniso contro il Crocifisso

Per Guzzi, insomma, Nietzsche non è "solamente" un moralista. Nel senso che la sua non è solo una critica feroce di ogni ipocrisia moralistica, degli egoismi e delle menzogne che si nascondono sotto i “valori”. Più profondamente, Nice attacca la morale stessa come “menzogna dei perdenti” contro la vita, contro i forti. In lui, come in altri, c’è un fortissimo sentimento della crisi, della fine dei tempi. “Gli ultimi uomini” li chiama. E Rimbaud: “L’uomo ha finito, ha recitato tutte le parti”. Ma qual è la causa di questo tramonto? La “morale degli schiavi”, che l’umanità ha seguito e che ha avvelenato col senso di colpa la virtù dei forti. Ecco allora il terremoto come soluzione, la "dinamite" che deve distruggere e far saltare tutta la civiltà a partire dalla civiltà cristiana, dal cristianesimo, dal Cristo stesso. “Sono stato compreso? Dioniso contro il Crocifisso

Perché questa contrapposizione? - si domanda Guzzi - perchè questo bivio? Se lo guardiamo dal punto di vista umano, personale, Nice era esattamente il contrario del tipo di uomo che propone. Aveva persino la fama di "santo" per la sua condotta di vita discreta e morigerata. Egli si identifica nell’uomo dionisiaco per un processo di inflazione egoista, direbbe Jung. Nice sente la crisi e sente l’avvento di una nuova umanità, ma rifiuta l’archetipo umano del crocifisso per quello dionisiaco, per il superuomo, tanto caro ai totalitarismo del Novecento.

Eppure - conclude Guzzi - c’era un punto in cui nietzsche avrebbe potuto dare più ascolto alla propria natura poetica, invece di incattivirsi nell distruzione di tutto ciò che non soddisfaceva la sua esigenza radicale di rinnovamento…

Ma questo punto, suggestivo, merita un post a parte...


(La foto è presa dalla pagina dedicata a Nietzsche su Wikipedia)