"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
lunedì 16 giugno 2008
Non credere in niente
Ad un ragazzino cui aveva regalato un libro illustrato, il grande scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton disse pure: "Non credere in niente che non possa essere raccontato in immagini colorate", mettendolo in allerta rispetto agli "sproloqui e le critiche dei padanti".
Ha ragione Chesterton - lo dicolo immodestamente dal piccolo della mia esperienza - le cose sono vere se possono essere raccontate anche ai bambini. La semplicità, del resto, diceva il mio professore di lettere al liceo, non va confusa con la facilità, la leggerezza, la banalità. Una cosa, una verità può essere semplice e allo stesso tempo difficile. La storia della salvezza, ad esempio, la nascita, morte e resurrezione del Cristo, è un racconto semplicissimo e difficilissimo allo stesso tempo. Capace per questo di nutrire e plasmare due millenni di storia dell'arte, del pensiero, della teologia, e di essere ugualmente rappresentata "bambinamente" nel presepe di Natale, nelle vie crucis popolari, nei racconti per ragazzi (non posso non pensare qui alle mie letture delle Cronache di Narnia).
G.K. Chesterton, cui la rivista Civiltà Cattolica e l'associazione culturale Bombacarta hanno dedicato in questi giorni un convegno internazionale, è uno dei campioni di questo raccontare le cose grande ai piccoli, di questo comporre l'alto con il basso, l'universale con il particolare, lo spirituale con il materiale, l'invisibile con il visibile. Per questo la sua lettura è spesso un grande godimento, oltre ad essere un grande nutrimento.
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2 commenti:
perchè il ost si intitola Non credere in niente?
perché è la prima parte della frase di Chesterton, ma ho voluto giocare - isolandola nel titolo - a dargli un valore fuorviante, anzi opposto in qualche modo al senso del post. Come diceva Frengo (Albanese): "un gióco-gióco"
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