Un romanzo ambientato in una clinica psichiatrica. Fatto di un unico, lungo, ininterrotto dialogo tra la protagonista, Alicia Western, e il suo terapeuta. Non succede nulla, non accadono cose, solo parole, solo linguaggio: penso che perché ci sia pazzia ci deve essere il linguaggio, dice Alicia, 20 anni, autoreclusasi in clinica: se sei abbastanza sano di mente da sapere che sei pazzo non sei così pazzo come se pensassi di essere sano di mente.
Stella Maris, di Cormac McCarthy, romanzo gemello de Il Passeggero, gli ultimi due libri del grande scrittore americano, morto lo scorso giugno all'età di 90 anni.
Alicia è un genio della matematica, una violinista talentuosa, tormentata dalla sua spaventosa intelligenza, la mente abitata da personaggi misteriosi, vivide allucinazioni, schizofrenia paranoide la diagnosi.
Se non fosse diventata una matematica - chiede il terapeuta - cosa le sarebbe piaciuto essere?
- Morta, risponde Alicia.
La matematica è il mondo in cui vive la nostra protagonista: l'unica entità sociale di cui io abbia mai fatto parte era il mondo della matematica. Un posto dal quale puoi voltarti a guardare il mondo dal nulla.
Il nocciolo del mondo dei pazzi - dice ancora Alicia - consiste nella consapevolezza che c'è un altro mondo e che loro non ne fanno parte.
E come si vive in quest'altro mondo, negato ai pazzi? La gente per lo più riesce a trascorrere i giorni che le sono stati assegnati in qualcosa che non sia uno stato di disperazione.
Cosa cambierebbe se potesse cambiare una cosa?
- Sceglierei di non essere qui. Su questo pianeta.
Crede in una vita oltre la vita? - insiste il terapeuta.
- È in questa che non credo.
L'assoluto capolinea del mondo è il luogo dove abita costantemente Alicia, condottavi dalla sua prodigiosa intelligenza. Similmente, l'intelligenza spaventosa del fisico Oppenehimer - figura centrale di questo romanzo come del Passeggero, il libro gemello di Stella Maris - ha condotto il mondo al capolinea della storia. Del resto, la parola prodigio deriva dalla parola mostro in latino. E la mente della protagonista è effettivamente abitata da mostri. C'è un cancello dal quale si affacciano figure inquietanti e spaventose.
Il capolinea del mondo di Alicia coincide con il capolinea del pensiero, con le frontiere ultime della matematica, con i paradossi della fisica quantistica. Un luogo dove si incontrano il niente inconcepibile (il concetto di niente è un concetto inconcepibile) e l'assoluto inconoscibile: il problema con l'assoluto inconoscibile è che se si potesse dirne qualcosa non sarebbe più l'assoluto inconoscibile.
Un luogo dove la matematica diventa, in ultima analisi, un'impresa basata sulla fede.
Non sono sicuro di capire, risponde il terapeuta, la matematica come cosa? Una specie di progetto spirituale? - È solo che non saprei come altro chiamarla, insiste Alicia. Da molto tempo penso che le verità fondamentali della matematica debbano trascendere il numero [...]. Una cosa che potrebbe evocare l'analogia con lo spirituale suppongo sia la constatazione che le più grandi intuizioni spirituali sembrano derivare dalle testimonianze di gente che barcolla nel buio.
C'è un modo di proteggere la ragazza dalla sua spaventosa intelligenza? (Chi ha letto il Passeggero sa già che non c'è). C'è un terapista che possa guarire Alicia dalla sua follia? Lei non lo crede: io penso che a guarire è l'accudimento, non la teoria. Il bene sparso per il mondo. E in ultima analisi potrebbe addirittura darsi che tutti i problemi siano problemi spirituali. Ma qui come ovunque la cura non riesce mai a stare al passo con il bisogno.
Del resto, nelle parole di Alice, coinvolta in un rapporto incestuoso immaginario con il fratello Bobby (protagonista del Passeggero), anche l'amore è di per sé un disturbo mentale.
Si arriva alle ultime pagine del romanzo. Alice prefigura la sua fine immaginandosi persa in un bosco (il suo cadavere verrà effettivamente trovato in un bosco, scopriamo nell'incipit del Passeggero).
La sera uno poteva accendere un piccolo fuoco. Magari trovare una grotta. Un ruscello di montagna [...] La notte mi sarei avvolta nella coperta contro il freddo [...] e avrei pregato di poter vedere la verità del mondo prima di morire. Ogni tanto di notte gli animali sarebbero venuti fino al limite del fuoco e si sarebbero aggirati nei paraggi e le loro ombre si sarebbero spostate fra gli alberi e io avrei capito che quando il fuoco si fosse ridotto in cenere sarebbero venuti e mi avrebbero portato via e sarei stata la loro eucaristia. E questa sarebbe stata la mia vita. E sarei stata felice.
Il congedo, alla fine.
Credo che il nostro tempo sia scaduto.
- Lo so. Mi tenga la mano
Tenerle la mano?
- Sì. Voglio che lo faccia.
D'accordo. Perché?
- Perché è quello che fanno le persone quando aspettano la fine di qualcosa.
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