lunedì 2 marzo 2020

La salvezza come malattia

Da quando sono nato non ho fatto altro che portare disordine, un'esagerazione dietro l'altra, tutto un impulso da seguire, nel bene come nel male. Non so vivere in un altro modo, non riesco a sfuggire a questa ferocia: se c'è una vetta la devo raggiungere, se c'è un abisso lo devo toccare.

A vent'anni Daniele è costretto ad una settimana di Trattamento Sanitario Obbligatorio, in seguito ad una violenta esplosione di rabbia. Sette giorni rinchiuso con altri 5 “matti" come lui. Sette giorni che scandiscono le pagine del bellissimo nuovo romanzo di Daniele Mencarelli, per Mondadori, Tutto chiede salvezza

Qual è, dunque, il problema di Daniele, figlio uscito guasto dalla fabbrica, qual è la sua malattia mentale? 

So' due anni che giramo [per medici] - gli dice la madre al telefono - nessuno c'ha capito niente, lì dentro magari riusciranno a scopri' che è che te fa tanto soffri', perché un ragazzo de vent'anni dovrebbe esse felice, tu invece vai avanti a tristezza, non sapemo più che fa' pe' levattela de dosso... Io vorrei vedette felice".

Ma io non so' infelice - risponde Daniele - non se tratta de felicità, me sembra d'esse l'unico a rendese conto che semo tutti equilibristi, che da un momento all'altro uno smette de respira' e l'infilano dentro 'na bara, come niente fosse, che er tempo me sembra come' n insulto, a te, a papà, e me ce incazzo. [...] Possibile che nessuno s'accorge che semo come 'na piuma? 

Ma allora come si chiama questa malattia? 

La mia malattia si chiama salvezza, afferma Daniele. Salvezza. Per me. Per mia madre all'altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. Salvezza dalla morte e dal dolore, è questa l'ossessione di Daniele, il suo desiderio patologico. 

Esiste una cura? 

Che cura può esiste per come è fatta la vita, voglio di', è tutto senza senso, e se ti metti a parla' di senso ti guardano male, ma è sbagliato cerca' un significato? Sennò come spieghi tutto, come spieghi la morte? Come se fa ad affrontare la morte di chi ami? Se tutto è senza senso non lo accetto, allora vojo mori'. 

Daniele cerca rifugio nelle droghe, nei farmaci, nella medicina. Datemi tutta la chimica del mondo, ma chiudetemi gli occhi, il cuore, perché non ce la faccio più a soffrire così per quello che vedo, sento

Vorrei avere una corazza, dice, un'armatura del miglior ferro, capace di tenermi distante dalle cose, vorrei non disperarmi per la disperazione degli altri. Un giubbotto antiproiettile calato sul cuore, ecco quello che servirebbe a Daniele. 

Io vorrei soltanto imparare ad accetta' la vita, fa' diventa' tutto normale. Come fanno gli altri, che crescono, fanno la conoscenza della morte, dell'amore, di come è fatta la vita in genere, e se ne fanno una ragione, convivono tranquillamente con tutto ciò. 

Ma a lui tocca la maledizione di vivere senza mai farci l'abitudine, a niente, al bene come al male, all'enormità della vita, al dolore degli altri. 

Forse, gli suggerisce Mario, uno dei suoi compagni di manicomio, è la maledizione dei poeti, degli artisti e dei matti, che hanno in comune una cosa: nessuno può dirgli cosa guardare e come guardarlo

Io credo che gli artisti, come certi matti, abbiano dentro di sé il seme di un ricordo lontanissimo, qualcosa avvenuto prima di tutte le storie. È la bellezza la scintilla di tutto. [...] Alcuni uomini, non so se benedetti o maledetti, scorgono nella bellezza il suo valore originario. [...] Non lo sanno questi uomini, ma la nostalgia che sentono di fronte alla bellezza è nostalgia di quel prima, del paradiso. Di Dio". 

Solo ai dei pazzi poteva venire un'idea del genere. Ed è per questo che a loro è dedicato questo libro. 







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