venerdì 3 gennaio 2020

Non resistenza

Romanzo sorprendentemente "cristologico". Luca, il protagonista, sconta da innocente in carcere una condanna di 40 anni per un omicidio che non ha mai commesso. Affronta il processo senza difendersi, restando mite e mansueto, per fedeltà ad un amore segreto, che non poteva essere rivelato apertamente, pena il suo tradimento. Nei suoi confronti, l'ostilità dei giudici e dell'intero Paese.

Durante l'interrogatorio egli guardava fisso qualcosa sulla parete, al di sopra del presidente [del tribunale]. "Cosa guardate?" gli gridò il presidente. "Gesù in croce" gli rispose Luca; "non è permesso?" "Dovete guardare in faccia chi vi parla" gridò il presidente. "Scusate" replicò Luca "ma anche Lui mi parla; perché non lo fate tacere?" Puoi immaginare l'ilarità del pubblico (del processo). Era uno spettacolo assurdo e spaventoso. Alla fine del dibattimento, come d'uso, il presidente chiese all'imputato se avesse da dire qualcosa, prima che i giurati si ritirassero in camera di consiglio. Luca mosse lievemente le labbra. "Più forte" gridò il presidente. Ma Luca arrossì e lo guardò imbarazzato. "Che cosa avete detto?" Insisté il presidente. "Che iddio vi perdoni" disse Luca. La sua non resistenza era spaventosa. Avesse bestemmiato, inveito, minacciato; invece era mite e mansueto. Negava di essere stato l'omicida, ma assisteva alla sfilata dei testimoni che accumulavano indizi contro di lui, come a uno spettacolo che non lo riguardasse. 

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