domenica 24 aprile 2016

E la morte non avrà più dominio


Nel 1933 Dylan Thomas scrive questa poesia, dai potenti tratti visionari, così tipici della sua scrittura in versi.

Dentro una visione complessivamente tragica dell'esistenza, caratterizzata dal dualismo nascita/morte e utero/tomba (womb/tomb), si aprono varchi che verrebbe da chiamare di speranza o di illuminazione, in cui la forza che nella verde miccia spinge il fiore non è destinata a spegnersi.

In E la morte non avrà più domino si affaccia il tema della Resurrezione. I termini non sono immediatamente confessionali, ma il rimando implicito è al San Paolo della Lettera ai Romani (6-9): Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui.

E la morte non avrà più dominio. 
I morti nudi saranno una cosa 
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente; 
Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse, 
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle; 
Benché impazziscano saranno sani di mente, 
Benché sprofondino in mare risaliranno a galla, 
Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo; 
E la morte non avrà più dominio. 

E la morte non avrà più dominio. 
Sotto i meandri del mare 
Giacendo a lungo non moriranno nel vento; 
Sui cavalletti contorcendosi mentre i tendini cedono, 
Cinghiati ad una ruota, non si spezzeranno; 
Si spaccherà la fede in quelle mani 
E l’unicorno del peccato li passerà da parte a parte; 
Scheggiati da ogni lato non si schianteranno; 
E la morte non avrà più dominio. 

E la morte non avrà più dominio. 
Più non potranno i gabbiani gridare ai loro orecchi, 
Le onde rompersi urlanti sulle rive del mare; 
Dove un fiore spuntò non potrà un fiore 
Mai più sfidare i colpi della pioggia; 
Ma benché pazzi e morti stecchiti, 
Le teste di quei tali martelleranno dalle margherite; 
Irromperanno al sole fino a che il sole precipiterà; 
E la morte non avrà più dominio. 

L'immagine finale del sole mi richiama i versi finali di Visione e preghiera, sempre di D. Thomas:

Io volto l'angolo della preghiera e ardo
Benedetto dall'improvviso / Sole (...)
Oh lasciate che egli / Mi ustioni e mi anneghi 
Nella sua cosmica ferita (...) 
Ora io sono perduto in colui che
Acceca. Il sole rugge alla fine della preghiera



(Dylan Thomas, Poesie, Einaudi. Traduzione di Ariodante)


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