martedì 23 novembre 2010

Sogni, popolli e cetrionzoli


Un gigante vegetariano che acchiappa i sogni al volo con un retino e li soffia con una tromba nelle camere da letto dei bambini. Una piccola orfanella che diventerà la sua migliore amica. I terribili giganti Inghiotticicciaviva o Ciuccia-budella, che ogni notte si ingozzano di popolli, cioè di esseri umani.

E' la storia del GGG, il Grande Gigante Gentile, il racconto fantastico e divertente di Roald Dahl che ho finito di leggere ai miei bimbi.

Dahl è l'autore tra l'altro de La fabbrica di cioccolato, da cui il regista Tim Burton ha tratto l'omonimo e fortunato film con Jonny Depp. Curiosamente, come il grande Antoine de Saint-Exupéry, è stato anche lui un aviatore, oltre che uno scrittore per bambini.

Il suo Gigante Gentile soffia-sogni, che mangia cetrionzoli e fa petocchi, è un'invenzione meravigliosa, poetica e divertente insieme. Cuore d'oro e grandi orecchie, il GGG parla un linguaggio improbabile e favoloso, vistosamente sgrammaticato (non è andato a scuola!) e confusionato, che sui bambini ha un effetto esilarante (anche grazie all'efficacissima traduzione di Donatella Ziliotto): Io non può parlare sempre giusto, qualche volta parla ingiusto.

Insieme alla sua piccola amica, inventeranno un piano straordinario per impedire ai giganti canniballi di continuare a mangiare i popollani, coinvolgendo nientemeno che la Regina d'Inghilterra. Per ricompensa, ottenne di poter imparare finalmente a leggere e a scrivere, finché decise di scrivere la storia della sua avventura.

E ora forse domanderete dov'è finito il libro scritto dal GGG.
Eccolo qui: avete appena terminato di leggerlo.



Ogni terra conosciuta


"Non si scoprono terre nuove senza accettare di perdere di vista, prima e per molto tempo, ogni terra conosciuta".

André Gide






(Foto da flickr/creativecommons/alexschweigert)




lunedì 15 novembre 2010

La fine del mondo


Ricopio integralmente questo post dal Moralista, per la mia galleria dedicata al mondo com'è veramente, cioè il mondo visto dai bambini.

Domenica. Ore 10.30 circa. Messa "dei piccoli".

Il celebrante, dopo la proclamazione del Vangelo, invita tutti i bambini sotto l'altare per ascoltare da vicino l'omelia.

Sacerdote: "Bambini, oggi il Vangelo parla di una cosa che sembra un po' spaventosa, la fine del mondo... vediamo, secondo voi cosa è la fine del mondo?".

Bambino (8-9 anni, il primo a rispondere): "Beh, per me è come quando mamma mi prepara una cosa buona da mangiare e io dico che è la fine del mondo".

Ha ragione lui. Ne sono sicuro.


(Foto da Flickr/creativecommons/seelensturm)




martedì 9 novembre 2010

Lo sarà anche la morte



"E’ stata una sorpresa la vita, lo sarà anche la morte".

L'ha detto ieri sera, a sorpresa, Roberto Benigni parlando accanto a Roberto Saviano - a proposito di mafia, camorra e minacce di morte - nel finale dell'annunciatissima e tormentatissima trasmissione Vieni via con me, di Fabio Fazio.

Non ho visto il programma, se non qualche passaggio qua e là, che ho trovato onestamente prevedibile e fin troppo retorico. Anche la parte più comica di Benigni - quella su Ruby e Berlusconi - mi ha stancato subito. Sento che ormai c'è ben poco da ridere, e anche la satira sembra recitare a memoria un troppo facile canovaccio.

Ma una frase come questa, che ho scoperto stamattina grazie al blog di Luigi Accattoli, è per me di quelle che valgono l'intero servizio pubblico, che vanno al di là di ogni polemica. E' indubbiamente il Benigni che preferisco.

Di cui riporto altre due frasi, nello stesso finale di puntata. La prima, a proposito di chi scrive libri, racconta storie: "Nulla è più scientifico della fantasia".

La seconda, altrettanto bella, sugli uomini: "Bisogna diffidare delle persone infelici"







mercoledì 3 novembre 2010

Ho scommesso sulla vita


Passa
una vela
spingendo
la notte
più in là

Sono i versi che danno il titolo al bel libro di Mario Calabresi - Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo - pubblicato nel 2007 e dedicato alla storia del padre e della sua famiglia. Il commissario Luigi Calabresi, medaglia d'oro al merito civile, fu ucciso da Lotta Continua il 17 maggio del 1972 come 'vendetta' per la morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli.

Il figlio Mario allora aveva 2 anni, oggi dirige il quotidiano La Stampa dopo essere stato corrisponente negli Stati Uniti per La Repubblica. La ricostruzione che fa di quegli anni, il ricordo e il racconto di quelli successivi è struggente. La semplicità, la nobiltà, la dignità dei protagonisti - il padre Mario ma anche la madre Gemma - riempie il cuore di commozione e di rispetto, oltre che di rabbia e indignazione per il trattamento ancora oggi riservato alla memoria del commissario.

E' un testo breve, questo di Calabresi, che andrebbe proposto ai giovani, nelle scuole, nelle parrocchie, nelle famiglie, per offrirgli un modello di umanità e di contegno pubblico distante anni luce dalle immonde cronache di queste ore e questi anni. "In un Paese che non riesce a trovare modelli, esempi, che occasione grave non ricordare, avere rimosso".

Il commissario Calabresi non portava la pistola: "Non mi servirebbe a niente - spiegava agli amici -: se mi spareranno lo faranno alle spalle. Non avranno mai il coraggio di colpirmi guardandomi negli occhi. e anche se avessi il tempo di accorgermi, non vorrei mai sparare a qualcuno".

Il libro racconta la storia anche di altre vittime del terrorimo. "Bisogna spiegare che gli 'eroi' erano persone comuni - scrive Calabresi - ma con la caratteristica di avere passione infinita per le cose che facevano, uomini con cui sia possibile identificarsi, che amavano il loro lavoro e lo facevano con scrupolo".

Spingendo la notte più in là racconta un pezzo di storia d'Italia ma è un testo intimo, familiare. Le parole di mamma Gemma, giovane vedova, insegnante di religione, sono perle preziose. Dolori, fatiche, umiliazioni, cattiverie. "Io tutte queste cose mi sforzo di tenerle ai margini del cuore, di dimenticarle, di non fissarmi sulle scortesie, gli insulti, per poter guardare avanti, per non farmi avvelenare". - "Ma come hai fatto?" . le chiede il figlio. - "Ho scommesso sulla vita, cos'altro potevo fare a venticinque anni con due bambini piccoli tra le mani e un terzo in arrivo?".

"Bisognava scommettere tutto sull'amore per la vita - ribadisce Mario - Non ho più cambiato idea".






martedì 2 novembre 2010

E tutto ciò ch'è sepolto



E tutto ciò ch'è sepolto è destinato alla resurrezione
(ancora, almeno, per un figlio di contadini friulani).
Come un indovino ne sento la consolatrice presenza.
Del resto è poco che ho capito per quale ragione
la parola "ritorno" è quella che mi sembra più cara,
facendomi tremare misteriosamente.


Da Lungo le rive dell'Eufrate, Pier Paolo Pasolini.
Nel 35° anniversario della sua morte (2 novembre 1975).


(Foto da Wikipedia)