
Nelle società ricche gli adulti rimangono bambini. Non crescono. Non diventano adulti. Gli crescono i peli sotto le ascelle e anche in altri posti ancora meno fini, ma rimangono bambini dentro. (…) E quindi soffrono, perché si sentono soli, abbandonati, non curati, non difesi, non amati, non coccolati.
E’ l’assunto di partenza di un libriccino di qualche anno fa, “Alla ricerca delle coccole perdute”, di Giulio Cesare Giacobbe, un manuale divulgativo di psicologia evolutiva, lo chiama l’autore, che spiega in questo modo la diffusione, nelle società ricche, di stati d’animo quali la solitudine, l’insicurezza, l’incertezza, lo squilibrio, il disagio, il disadattamento, l’insoddisfazione, la sofferenza, la paura, l’angoscia, il panico, l’infelicità.
Il libro, come gli altri di Giacobbe, è divertente e ironico nei toni ma serissimo nei contenuti. Vi sono tre comportamenti fondamentali – scrive l'autore con riferimento all’analisi transazionale – che caratterizzano rispettivamente, negli esseri umani, il bambino, l’adulto, il genitore:
Il bambino chiede. L’adulto prende. Il genitore dà.
Così vi sono ancora tre modalità di relazione sociale caratterizzanti ciascuna ogni singola modalità:
Per il bambino: dipendenza. Per l’adulto: parità. Per il genitore: superiorità
Quindi tre modi di rapportarsi alle coccole:
Il bambino ha sempre bisogno che qualcuno gli faccia le coccole; l’adulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno; il genitore è l’unico capace di fare le coccole agli altri.
Ora, ognuno di noi ha dentro di sé le tre personalità e dovrebbe saperle adottare in modo intercambiabile a seconda delle situazioni che si trova a vivere. Ma il problema nasce proprio quando questo non accade: per incapacità di attivare una specifica personalità (magari perché non si è mai strutturata: non ho mai imparato a fare l’adulto) o per la coazione ad attivarne sempre una (faccio sempre il bambino: magari “camuffato” da adulto o anche da genitore).
E’ in questo caso che si può parlare di “nevrosi”. E in particolare la nevrosi infantile – sostiene l’autore – è quella più diffusa nelle società ricche: caratteristica principale, far dipendere dagli altri (o da altro) la propria felicità. Che significa essere continuamente in ricerca dell’attenzione, dell’aiuto, della protezione, dell’affetto, della dedizione, dell’amore degli altri. Con conseguente inevitabile frustrazione, delusione, lamentazione, recriminazione, scontentezza, infelicità.
Nella relazione di coppia, in particolare:
La pretesa di essere amato sempre e in esclusiva è la caratteristica saliente del nevrotico bambino
E poi la paura, la dimensione psichica abituale del nevrotico bambino, assillato da paure immaginarie (nevrosi ansioso-depressiva): la paura di non essere amato, di rimanere solo, di invecchiare, di diventare brutto, di ammalarsi, di diventare povero, di finire in un ospizio, di morire. Paura di tutto. Soprattutto del futuro (perché non essendo in grado di affrontare il presente, si immagina chissà quali difficoltà anche maggiori nel futuro).
A questo, per chi fosse curioso di verificare se appartiene o meno a questa “terribile” categoria, l’autore propone questo semplice test. Chiediti se soffri di questi stati d’animo:
INSODDISFAZIONE, INADEGUATEZZA, POSSESSIVITA’, ASPETTATIVE, DEPRESSIONE, LAMENTI, PRETESE, ACCUSE, RIFIUTI, PAURE, ANSIA.
Se ne soffri ricorrentemente o spesso o cronicamente, sei anche tu un nevrotico “bambino”!