"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
mercoledì 17 febbraio 2010
Ultimately
Dereck Walcott, l'Omero dei Caraibi, premio nobel per la poesia nel 1992, è "tutt'altro che un poeta religioso".
Ma se gli si chiede - scrive Luigi Sampietro sull'inserto domenicale del Sole 24 Ore di qualche settimana fa - che cosa intenda dire quando afferma che «lo scopo della poesia, – ultimately: dopo tutto e al di là di tutto – è di glorificare Dio», questa è la sua risposta:
«Se in luogo della parola "Dio" usi la parola "luce", cosa che succede di continuo in Dante, puoi capire come la poesia non sia altro che un atto celebrativo. Un gesto di gratitudine. Forse, talora, un gesto di sconcertato stupore. La grande poesia riguarda qualcosa che si trova al di là della nozione di mortalità. Al di là di ciò che è effimero. La poesia è ritmo, incantagione. È un'articolazione della parola che si può addirittura pensare come fondamento della religione, perché viene "prima", per così dire, della religione stessa».
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