mercoledì 30 dicembre 2009

Per una foglia d'autunno


Segretamente viviamo (...) nell'attesa di un amore, di una bellezza.

Inizia quasi fosse il verso di una poesia l'ultimo articolo di Giovanni Casoli su Città Nuova, dedicato al tema della banalità che uccide, ricchissimo in poche righe di infiniti spunti.

Dice il Casoli che è l'incontro con la bellezza, e con l'amore, la prova del nostro essere vivi o morti: Se il cuore soprassalta, se ci si apre dentro uno spazio, un cielo, allora non siamo morti.

Sono disposto a incantarmi e a farmi sparire il mondo intero per una foglia d'autunno (ce ne sono di più belle della Cappella Sistina)

Ma cogliere la bellezza, che equivale a restare vivi, a salvarsi - per usare un'espressione evangelica -, è impresa ardua, eroica:

Ci vuole una vigilanza di ferro, un allarme costante dell'anima, per non lasciarsi narcotizzare e uccidere (...) dalla banalità (parole-chiacchiera, immagini-chiacchiera, musica-chiacchiera)

Insiste il Casoli:

La banalità uccide, ma sul serio: ben più del cancro e dell'infarto, perchè uccide anche persone sane e apparentemente vive

D'altro canto, è l'amore che ci sta più vicino quello che maggiormente ci sfugge:

Non si può senza ali afferrare ciò che è più prossimo

E' un verso del grande lirico tedesco Friedrich Hölderlin nella poesia Der Hyster. Tutto ciò che ci è più vicino - spiega Giovanni Casoli - non possiamo afferrarlo se non volando, volando alto. Il nostro rapporto con noi stessi, gli altri, le cose, non è abitudine più o meno banale ma invenzione e scoperta "impossibile" ("ali") e necessaria.


(La foto è del mio caro amico Remigio, che per una foglia d'autunno ha saputo far sparire il mondo intero)



giovedì 24 dicembre 2009

Spaventati dalla fortuna


"La nostra paura del peggio è più forte del nostro desiderio del meglio"

Si riflette troppo poco sul potere che ha la paura - le paure - sulla nostra vita. Fatta eccezione per i testi anche divulgativi di psicologia e per i percorsi psicoterapeutici, se ne parla un po' a livello politico, sui giornali, da quando è diventata consuetudine cavalcarla impunemente a fini elettorali. Se ne parlava un tempo a scuola, barcamendasoi nelle interrogazioni tra pessimismo romantico e ottimismo positivista. Se ne parla pochissimo ancora nei percorsi di fede, di discernimento spirituale.

La letteratura, come spesso capita (quando è buona), ci viene in soccorso. Anche sotto forma di citazioni. Quella in apertura, che dice una profonda e dura verità, è di Elio Vittorini.

Mi fa menire in mente un passaggio di un racconto di Flannery O'Connor che mi ero segnato. Si chiama Un cerchio nel fuoco e racconta la storia della signora Cope, proprietaria di un appezzamento di terra, pronta a difenderlo con i denti di fronte a chiunque, terrorizzata dall'idea di un possibile incendio (che puntualmente di verificherà). La scrittrice americana la descrive così, dipingendo con una pennellata il suo atteggiamento ordinario di fronte alla vita: "pareva quasi spaventata dalla fortuna che aveva avuto sfuggendo alle sciagure che avrebbero potuto travolgerla".

Siamo spesso così. Spaventati perfino dalla fortuna che abbiamo, per paura del peggio. Che è poi il contrario dello spirito dell'Avvento, che oggi si chiude nella notte di vigilia. Il Natale, infatti, ci dice nella fede che in ciò che sta per accadere non si cela alcuna sciagura. E' la nostra Salvezza, invece, che ci aspetta, che ci viene a cercare.


(Nella foto, presa dal sito del Comune di Torino, Antonio Albanese ne Il ministro della Paura)



mercoledì 23 dicembre 2009

Nel profondo del sonno


Immobile il bambino dormiva nel profondo del sonno / stava cominciando il nuovo grande regno / stava iniziando il grande evento / l'insediamento di Dio nel cuore degli uomini.


Ancora una bella citazione da un biglietto di auguri. Dopo Chesterton, un altro grande: Charles Péguy. Una breve strofa da una poesia filastrocca: Nella Stalla di Betlemme.






(Foto da Flickr/katiescrapbooklady)



Un bel giorno


«La grande maggioranza della gente continuerà a celebrare cerimonie che non possono essere spiegate; nel giorno di Natale manterranno i doni di Natale e le benedizioni di Natale; continueranno a farlo; e un bel giorno all'improvviso si desteranno e scopriranno perché».

Mi piace guardare gli auguri che arrivano nella mia post elettronica, anche se la maggior parte provengono da mittenti sconosciuti o commerciali. Molti sono banali o formali, ma a volte vi trovo citazioni sul Natale che meritano di essere ricordate e meditate. Come questa, del solito grande G. K. Chesterton ("Sul Natale", "Generally Speaking")



(Foto da Flickr/André-Pierre)


lunedì 7 dicembre 2009

La Trasfigurazione


Il prete guardò verso i pavoni. Erano arrivati in mezzo al prato. Il maschio si fermò all'improvviso e, piegando il capo all'indietro, alzò la coda e l'aprì, con un crepitio tremulo e sferzante. Tanti archi sovrapposti di piccoli soli gravidi fluttuarono in una caligine verde-oro solpra la sua testa. Il prete rimase trasecolato, a bocca aperta. La signora McIntyre si chiese se avesse mai visto un vecchio più idiota. "Così sarà l'avvento di Cristo!" esclamò il vecchio (...) La signora McIntyre arrossì e fece una faccia puritana e chiusa. Cristo, in una normale conversazione, l'imbarazzava come il sesso aveva imbarazzato sua madre (...) Ma il vecchio prete, tutto preso dal pavone, "la trasfigurazione..." mormorò.


Dal racconto Il profugo di Flannery O'Connor


(Foto da Flickr/cristianocani)



Non riusciva a liberarsi


"Non riusciva a liberarsi dalla speranza che stesse per succedergli qualcosa".

Dal racconto Enoch e il gorilla, di Flannery O'Connor.

"Di solito, stava pensando ad altro tutte le volte che il destino tirava indietro la gamba per sferragli un calcio".


(Foto da Flickr/Wetsun)

domenica 6 dicembre 2009

Una sola volta


"Questi maledetti stranieri comunisti! Loro e il loro Gesù!"

Dal racconto Il pelapatate di Flannery O'Connor.

"Coloro che incontrano Gesù anche una sola volta, non possono più sfuggirgli"

E ancora:

"Gesù è morto per redimerti" aveva detto (la madre) - "Mica gliel'ho chiesto io" aveva detto Haze (il figlio)



(Questa foto di Fabrizio De Andrè l'ho scovata casualmente su web, non so a chi appartenga: qualora ne reclamasse i diritti sono pronto a toglierla. Ma sembrava fatta apposta per tenere insieme le tre citazioni di questo post)



sabato 5 dicembre 2009

Mentre dormiva


"Le cose si succedevano rapide, una dopo l'altra, e si aveva l'impressione che il tempo volasse, al punto che non ci si ricordava più se si era vecchi o giovani"

Dal racconto Il treno di Flannery O'Connor.

"La donna aveva l'aria di essersi fatta ingannare, dal tempo. Doveva esser passato due volte più in fretta, per lei, senza che se ne rendesse conto, mentre dormiva".


(Foto da Flickr/Flynace2000)

venerdì 4 dicembre 2009

Il geranio


"Il geranio che avrebbero messo alla finestra di lì a poco gli ricordava il piccolo Grisby giù a casa, che aveva avuto la polio e doveva esser messo fuori tutte le mattine sulla sedia a rotelle e lasciato lì a sbattere le palpabre al sole".

E' un passaggio dal racconto Il Geranio di Flannery O'Connor, considerata tra i narratori più importanti del Novecento americano, morta a 39 anni nel 1964 dopo una lunga ed estenuante malattia (raccontata nel meraviglioso epistolario Sola a presidiare la fortezza, Einaudi). Sto leggendo la raccolta dei suoi racconti pubblicata in Italia da Bompiani.

Cattolica ortodossa, nata e vissuta nell'america profonda del Sud (Georgia), Flannery O'Connor è considerata un'autrice di culto - soprattutto tra gli addetti ai lavori - per i suoi romanzi, i suoi racconti, i suoi saggi sulla scrittura. Tra tutti: Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere. Edito dalla Minimum Fax. L'hanno letta, amata o imitata Bruce Springsteen e Nick Cave, Quentin Tarantino e Raymond Carver.

I suoi racconti e i suoi romanzi sono ciò che di più distante si può immaginare da un tipo di letteratura devota o edificante. Le sue storie sono crude, spietate e grottesche. I suoi personaggi meschini, bizzarri e scorretti. "La narrativa - scriveva - riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa".

Raccontando la realtà Flanery O'Connor racconta il mistero, l'irruzione inaspettata, imprevedibile, spesso violenta e dolorosa della Grazia nel territorio del diavolo.



(Foto da Flickr/starsammy)




Si dovrebbe


"Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio".

Non me la ricordavo questa frase di Alessandro Manzoni dai Promessi Sposi (che voglio inserire tra le letture serali ai miei bambini). L'ho trovata questa mattina in un articolo sul Corriere della Sera dedicato all'assembela nazionale del volontariato che si tiene in questi giorni a Roma.

A me quel far bene piace intenderlo non solamente in chiave giustamente "moralistica" - fare il bene - ma anche in senso direi "professionale": far bene, cioè, le cose che si fanno. Con cura, gusto, scrupolo, passione e precisione.

Di entrambe le cose, mi pare, il nostro Paese avrebbe bisogno, e così - forse - si finirebbe anche a star meglio.


(L'immagine è tratta dal web, dal sito Marforio, "zona franca degli studenti di Lettere e Filosofia di Catania")



giovedì 3 dicembre 2009

Amor ratto s'apprese


Un giovedì mattina d'inverno, al mercato romano di Via Conti, quartiere Montesacro.

Fa molto freddo, sono le 7,30 e il mercato è quasi vuoto a quell'ora, silenzioso come mai.

Improvvisamente s'accende una radio. Dal banco delle verdure s'ode la voce di Jovanotti in una delle sue canzoni più romantiche. Alla fruttarola del banco accanto l'ortolano sembra dedicare queste dolcissime parole (che vi prego di cantare, dentro di voi, mentre le leggete):

Cos'è successo giaaaàà
Che altri già s'amarono non è una novitaaaà
Ma questo nostro amore è come muuuusicaaaaa!!!!

E' solo a quel punto che, quasi in controcanto, mentre già la melodia scioglieva i cuori congelati dei pochi clienti tra i banchi perduti, s'alza la voce potente del salumiere (proprio lui!) che rivolto al giovine in amore grida, tutti svegliandoci dall'incantesimo:

Aoooò, ma che glie fai 'a serenata cor cetriolo in mano!!! Nun è carino....