
"L'uomo malato e la brutalità dei sani" è il titolo di un
articolo su
L'Osservatore Romano di oggi dedicato al pensiero del grande filoofo e teologo
Romano Guardini sulla malattia, la vita, il rapporto tra medico e paziente.
Gli argomenti sono in parte quelli legati alle questioni oggi dibatutte intorno alla
bioetica, ma la cosa bella è che nelle parole di Guardini non ci sono gli accenti polemici della nostra attualità politica, perchè il testo di cui si parla è stato scritto nel
1947, ad appena due anni dalla fine delle guerra, in quella
Germania che aveva conosciuto l'orrore dello
sterminio nei confronti dei malati mentali e degli handicappati, oltre che degli ebrei, degli omosessuali, degli zingari.
Le tribolazioni umaneLa principale attenzione di Guardini (morto del 1968) è per le "
tribolazioni umane" ed il modo in cui vi ci si possa accostare. Ci sono "due modi" scrive. "Uno è ovvio. Consiste nel lenire i dolori ed eliminare le cause immediate dei guai. L'altro non è così evidente, ma è altrettanto importante, anzi lo è ancora di più. Consiste nell'aiutare l'uomo affinché conservi nelle tribolazioni
la visione della vita nella sua totalità,
il sentimento di ciò che è essenziale,
il senso delle distinzioni assolute, e superi con tale animo quanto gli accade. Per quanto sia importante il primo modo, se contraddice il secondo si trasforma in danno".
Contro l'approccio "meccanicistico" alla malattia, per cui "
il singolo diviene irrilevante, il trattamento si fa schematico, le prescrizioni divengono burocratice", "il malato - dice Guardini - vuole sentire che
la malattia è concepita
come un processo di vita (!) e che la guarigione è un atto che aiuta a vivere e
non la riparazione di un guasto in una macchina".
Ma il cuore ancora più caldo delle sue riflessioni è la questione del rapporto tra malati e sani, paradigma concreto del rapporto tra l'uomo e la Società, l'uomo e il Potere.
La brutalità dei saniIl medico - dice Guardini utilizzando un'espressione che trovo eccezionale - "rappresenta
il diritto dell'uomo malato di fronte alla brutalità dei sani". Il tema è quello dell'inviolabilità della vita umana. E perchè "un uomo è inviolabile"? "Non già perchè vive e ha quindi diritto alla vita. Un simile diritto l'avrebbe anche l'animale, poiché anch'esso vive (...) ma
la vita dell'uomo non può essere violata perchè l'uomo è persona".
Contro ogni utilitarismo e ogni pretesa di possesso sugli altri, Guardini ha in mente il risvolto pratico - nella Germania nazista - dello "
spaventoso concetto di vita priva di valore vitale: prime vittime furono i malati mentali e gli idioti, sarebbero seguiti gli incurabili - e, infatti, molti di loro vennero uccisi - e i vecchi e gli inabili al lavoro avrebbero chiuso la serie".
La persona come contrappeso al male e la salvezza che viene dagli ammalatiDi fronte a questi pericoli, è il concetto di "persona" e la sua "intangibilità" a rappresentare secondo il filosofo italo-tedesco l'unico "contrappeso". Fino al paradosso che sono gli "ammalati", i "minorati", gli "sprovveduti", gli "inutili" a salvare la società, i "sani", dalla propria "crudeltà".
Così Guardini: "Senza il contrappeso del carattere di persona proprio di ogni uomo e della sua intangibilità, le strutture del potere sono destinate alla rovina di per se stesse; se rettamente intesi, gli ammalati, i minorati, gli sprovveduti sono
i difensori dei sani e li custodiscono dall'hybris e dalla crudeltà, possibilità sempre presenti nella condizione di chi è sano e forte".
(La foto di romano Guardini è presa dal sito de L'Osservatore Rmano)