"Esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro" (Benedetto XVI)
venerdì 20 marzo 2009
Totonno 'o Tridice
Lo chiamavano Totonno ‘o Tridice. Era ‘nu guappo, un camorrista che imperversava nella Napoli della seconda metà dell’800. Fu ucciso da una donna, con un pugnale nascosto sotto la gonna. Voleva vendicare l’ennesimo oltraggio, sopruso subito dal marito. Quella donna era la mia antenata, la nonna di mio nonno. Si chiamava Benedetta Tedesco. Fu costretta a cambiare cognome, che da allora divenne Iapino.
Tento di ricostruire i pezzi di questa storia che una volta sola mi raccontò mia zia e mi confermò mio padre. Benedetta era la loro bisnonna, in quanto nonna del padre, Rosario. Per me, nonno Rosario.
Siamo dunque a Napoli, quartieri popolari, ultimi decenni dell’800 (non riesco ad essere più preciso, ma mi impegno ad approfondire). Benedetta e il marito hanno un banco che vende acque e orzate. Come molti commercianti, devono subire le angherie di Totonno detto ‘o Tridice, il 13. Un giorno il marito di Benedetta si trova a passeggiare col suo asino davanti alla villa del camorista. Il ciuccio pensa bene di lasciare i suoi bisogni proprio sul portone. Gli sgherri di Totonno puniscono l’affronto pestando a sangue il nonno di mio nonno. E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Benedetta decide di vendicare il marito. Nasconde sotto la gonna un pugnale a forma di croce (che da allora - precisa mio padre - in famiglia chiameranno ‘o crocifisso). Riesce quindi ad avvicinarsi a Totonno e lo colpisce a morte.
Il racconto “epico” non finisce qui, perché Bendetta, raccontano le cronache familiari, non si fece nemmeno un giorno di galera. Fu graziata dalla polizia per aver liberato la città da un personaggio tanto inviso e pericoloso. La gente del quartiere, quando l'assassina fu portata verso il commissariato sulla carrozza della polizia, lanciava fiori dai balconi al suo passaggio, per ringraziare quella che appariva come un’eroina, una liberatrice. Le autorità stesse, continua il racconto, le suggeriscono e le concedono di cambiare il cognome, per evitare le conseguenze che una fedina penale comunque “macchiata” avrebbe potuto avere per gli eredi.
Da allora la mia famiglia fa Iapino di cognome.
(foto da flickr/Zingaro. I am a gipsy too: Rivoluzioni e controrivoluzioni a Napoli. La rivolta di Masaniello)
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2 commenti:
primo capitolo dell'epopea di Ticchettocche... mi pare chiara ora la natura della tua allergia ai "moralismi"... nonna Benedetta può essere considerata una "moralista estremista"...
hai capito chi me so' sposato, a chi me so' imparentata! E lo vengo a sapere solo ora!!! ...ci sono tutti i motivi per chiedere l'annullamento e mettere il cognome della mia ONORATISSSSSSIMA famiggja
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